RE LUIGI FILIPPO, RAMPOLLO DAL SANGUE ROMAGNOLO

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Tutti conoscono la probabile avventura della “Maschera di ferro”, storia raccontata prima da Voltaire, ripresa alla grande da Alessandro Dumas e poi vista al cinema con la magistrale interpretazione di Leonardo di Caprio. Narra del gemello del re di Francia Luigi XIV, costretto a vivere con una maschera sul volto per tutta la vita per non destabilizzare l’asse ereditario. Se i francesi hanno questo intrallazzo reale, i romagnoli nel loro piccolo non vogliono essere da meno. Il 17 aprile 1773 a Modigliana, in provincia di Forlì, vedeva la luce una bambina nata da una misteriosa coppia di nobili francesi e contemporaneamente a una coppia del luogo, i Chiappini, nasceva un maschio. Dopo alcuni giorni la coppia di nobili partiva portando con sé non la figlia ma il maschietto romagnolo. La coppia romagnola di fronte a probabili elargizioni aveva ceduto il bambino in cambio della femminuccia. La coppia francese era formata da Luigi Filippo, pretendente al trono di Francia, e da sua moglie Luisa Borbone Orleans. Luigi Filippo privo di una discendenza maschile colse l’occasione per presentarsi in patria con un legittimo erede maschio, il quale fu registrato come nato e battezzato a Parigi. La famiglia Chiappini, mise a profitto i soldi ricevuti, riuscendo a ritagliarsi un buon posto nella società. La loro figlia, Maria Stella, andò sposa a un nobile inglese e poi ad un barone, ella visse nel lusso. Alla morte del padre un notaio le consegnò un plico che la informava dello scambio di neonati. Maria Stella si mise alla ricerca dei genitori e scoprì la verità, andò a Parigi infamando il maschietto romagnolo, che nel frattempo, nel 1830 era diventato re di Francia col nome di Luigi Filippo. Il nostro Luigi Filippo fu apprezzato dalla borghesia per il fare dimesso e le riforme liberali, mentre i suoi avversari lo bersagliarono per la sua incoerenza e debolezza, ritraendolo sovente con la faccia a pera. Nel 1848 fu costretto ad abdicare, chiudendo poi la sua vita nel 1850 in Inghilterra.

immagine: caricatura di Luigi Filippo

articolo già pubblicato sul quotidiano  “La Voce di Romagna” il  giorno 10/02/2014

LA ROMAGNA E’ UN PO’ CELTICA

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 I Celti erano una popolazione indoeuropea formata da varie tribù, chiamati in modo diverso secondo il luogo in cui si stanziarono, i Romani li chiamavano Galli. Nel IV secolo a. C. i Galli Senoni occuparono Rimini costruendoci l‘unica loro zecca; da Rimini marciarono su Roma, la misero a sacco e la umiliarono pretendendo molto oro e rispondendo alle proteste dei Romani con le fatidiche parole “Vae Victis” (Guai ai Vinti). Il loro capo era Brenno, che significa corvo, in quanto era in uso presso i Celti, darsi il nome di un animale che li rappresentasse. Nell‘antichità si era formata una leggenda secondo la quale la sepoltura di Romolo fosse divenuta un “luogo funesto“, a causa della profanazione della  tomba da parte dei Galli durante il saccheggio del 390 a.C., l‘area venne sepolta e recintata nella tarda età repubblicana, coperta da un pavimento di marmo nero (da cui il nome Lapis Niger) il cui mistero non è stato ancora risolto. Nel 295 a. C. arrivarono a Rimini i Romani scacciando i Senoni. Del periodo romano Rimini  avanza una ricca eredità, tra i quali il Ponte di Tiberio, l’Arco di Augusto e la centuriazione del territorio. Sembrerebbe che nulla sia avanzato della cultura celtica, ma non è così, attorno a Rimini vi sono toponimi che ricordano molto bene i Galli. Inoltre Rimini, di fatto era ed è l’unica città italiana ad avere una cattedrale che porta la suggestiva dedica a Santa Colomba di Sens, martire del popolo dei Senoni. Non solo, ad Onferno , vicino alle famose grotte, in un’area di religiosità ancestrale vi è anche una pieve intitolata a Santa Colomba. Colomba di Sens (Sens era l’antica capitale dei Galli Senoni) vergine e  martire era di una nobile e pagana famiglia di Saragozza, fuggì a Vienne e si fece battezzare col nome di Colomba: proseguì per Sens dove subì il martirio. L’imperatore romano Aureliano, nel 273, voleva farle sposare suo figlio ma Colomba rifiutò. Fu rinchiusa in un bordello: ma quando un uomo le si avvicinò, un’orsa apparve e la difese. Aureliano voleva allora far bruciare sia l’orsa che la giovane: ma l’orsa riuscì a fuggire e una pioggia provvidenziale spense il fuoco. Infine, Colomba fu condannata alla decapitazione. Attributi  principali della Santa sono l’orsa e la piuma del pavone che sostituisce a volte la palma del martirio. Numerose sono le chiese dedicate alla Santa, ma il culto si diffuse soprattutto a Rimini. Si racconta che intorno al 313 alcuni mercanti di Sens, trovatisi a navigare nell’Adriatico, portando con sé una reliquia di Santa Colomba, furono costretti ad approdare a Rimini, la reliquia fu accolta dal vescovo Stemnio e posta nella cattedrale. Nel 1581 il vescovo di Rimini, essendo nunzio apostolico in Francia, ottenne dai monaci dell’abbazia di Sens,  una costola e due denti della martire, che dal secolo XVIII sono conservate in un busto reliquiario ora posto nel Tempio Malatestiano, la nuova cattedrale, che sostituì l‘altra demolita nel 1815 dedicata alla SS. Trinità e a Santa Colomba. La Santa è invocata per i buoni raccolti, implorata  per ottenere la pioggia contro la siccità, è  accompagnata da un’orsa ed è festeggiata il 31 dicembre. Artio è la dea celtica della caccia e dell’abbondanza spesso raffigurata con le sembianze di un’orsa, è festeggiata  per il  Capodanno celtico. Artio significa in celtico orso, Artù mutua il nome da tale animale, simbolo di forza. Santa Colomba è un esempio di ciò che la Chiesa ha assimilato da altre  religioni, apportando le cose buone togliendo la degenerazione, non con sincretismo, come in tanti credono ma accogliendo il Vecchio per trasportarlo nel Nuovo. Come nella storia in cui il passato non si ripresenta mai se non in altre forme.

immagine: Artio 

articolo già pubblicato sul quotidiano  “La Voce di Romagna” il giorno 10/02/2014

API, SIMBOLO DI ROMAGNA

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Sant‘Apollinare,si festeggia il 23 luglio, originario di Antiochia in Siria, patrono e proto-vescovo di Ravenna, forse incaricato dallo stesso San Pietro, di cui si dice fosse stato discepolo. Si dedicò all‘opera di evangelizzazione dell‘Emilia-Romagna, per morire infine martire. A Ravenna (nel Duomo) si conserva “e saint sasol“ ovvero un sasso come reliquia della sua presunta lapidazione.   Sant’Apollinare in Classe è la più grande basilica paleocristiana di Ravenna, fatta edificare dal Vescovo Ursicino, terminata e consacrata il 9 Maggio 549. Nell‘abside gli stupendi mosaici  sono testimonianza dell‘ultimo ciclo dell‘arte musiva ravennate. Al centro sotto la croce, è rappresentato Sant’Apollinare in posa di orante, con la pianeta arricchita di 207 api d‘oro, su di un luminoso prato verde, ricco di fiori e di alberi. Le api  passano quasi inosservate davanti alla bellezza di tutto l‘insieme, ma cosa significano, era forse Apollinare un apicoltore? Sto scherzando, Apollinare era un evangelizzatore quindi aveva il dono della parola e dell’eloquenza di cui le api sono simbolo. Probabilmente non è un caso che le api siano 207, in quanto 2+ 0+7 = 9, questo numero era sacro in quanto rappresentava un multiplo del 3 (la triade il numero perfetto).Inoltre le Muse, divinità minori appartenenti ad Apollo, erano 9 e cosa ancora più importante il concepimento dura 9 mesi. La prima iconografia dell’ape risale al neolitico (circa 9.000 anni fa). E‘stata scoperta nel 1921, in Spagna, una grotta sulle cui pareti è raffigurato un nido di api e un cercatore di miele. Lo sciame delle api viene assimilato alla struttura delle antiche società  matriarcali, composto da una madre (l‘ape regina) e una moltitudine di figlie sterili (le api operaie). La regina  è l‘unica a cui è delegata la procreazione, vive circa 4 anni e si differenzia dalle altre api perché nutrita esclusivamente con pappa reale. Sono le api operaie, che eseguiscono tutte le mansioni, fuori e dentro l’alveare, assolvendo cronologicamente ciascuna tutti i ruoli, nell’arco della loro breve vita, che va dai 40 giorni ai 3 mesi. I fuchi cioè i maschi, mangiano a sbafo, loro unico compito è fecondare la regina. La fecondazione avviene in volo, ed interessa un numero di fuchi notevole, anche 15 maschi! Per la simbologia dell’ape, si parte da lontano: dalla Grande Madre, poi la troviamo in Grecia dove lo stesso Zeus sarebbe stato nutrito di miele da Melissa. Il nome di Melissa deriva dal greco e significa “miele”. L’ape/dea  la troviamo tanto a  Creta che in Palestina. A Delfi sembra che il culto della dea/ape fosse successivamente sostituito da quello di Apollo…  Apollinare significa sacro ad Apollo. La chiesa cristiana, nei primi secoli, utilizzava le api come simbolo di resurrezione e come esempio di comunità da seguire; dalle arnie si traeva anche la cera per le candele delle celebrazioni sacre. Api d‘oro furono scoperte nel 1653 nella tomba di Childerico, fondatore nel 457 della dinastia Merovingia, l’ape fu così scelta come simbolo da Napoleone in modo da collegare la nuova dinastia alle origini stesse della Francia. Un altro personaggio famoso, Giuseppe Garibaldi si dilettava con l‘apicoltura anzi era la sua “occupazione prediletta”. Per tornare alla Romagna e a quanto l’apicoltura sia qui amata occorre citare due nomi: Carlo Carlini e Silvio Gardini. Carlo Carlini  nacque a Santarcangelo  nel 1875, svolse la professione di maestro di scuola, fra i suoi allievi fu anche il poeta Tonino Guerra. Carlini era chiamato ”il maestro delle api”  basti pensare che l‘Arnia Italica Carlini  è tuttora lo standard sul quale è basata tutta l’apicoltura italiana. Silvio Gardini nacque a San Pierino di Ravenna nel 1872, figlio del fattore dell‘azienda Ghezzo, una delle più avanzate e moderne di quel tempo. Gardini tracciò le linee dell’apicoltura moderna con l’inserimento di tecniche che forse sono da primato mondiale, ed insieme ad altri allevatori di api fondò a Ravenna il primo consorzio apicoltori in Italia, suo nipote fu il famoso uomo d’affari ravennate Raul Gardini.    

immagine: Sant’Apollinare in Classe (Ravenna)

articolo già pubblicato sul quotidiano  “La Voce di Romagna” il giorno 03/02/2014