IL RITORNO DEL GRAAL

Santo_Grial_ValenciaGraal forse tornò verso Ravenna. Ora vediamo come. Il successo dei catari, in possesso del Graal, era dovuto alla loro spiritualità quasi ascetica e alla predicazione a favore di un ritorno alla Chiesa delle origini. A Concorezzo, in Brianza, si insediò la comunità catara più numerosa d’Europa. I catari si ribellavano alla corruzione del clero e auspicavano il ritorno della Chiesa alla primitiva purezza. La Chiesa, anche con l’aiuto dell’Inquisizione si oppose da subito ai catari e li definì “eretici”, la loro dottrina era del tutto inaccettabile, va sottolineato che i catari rifiutavano il matrimonio, considerato mezzo di trasmissione del corpo umano da parte del dio cattivo e non disdicevano neppure il suicidio. A Como, Milano e sul territorio operava intorno alla metà del 1200 Pietro da Verona, un frate dominicano e inquisitore. Un nobile di Concorezzo, di fede catara, commissionò l’uccisione del frate. L’assassinio di Pietro, causò l’intervento del Podestà di Milano a favore della Chiesa di Roma, fu quest’ultimo, non l’Inquisizione come molti erroneamente pensano, a organizzare una “caccia all’uomo”, che sfociò nelle stragi di catari ed eretici. In seguito alla intensificazione dello scontro con i poteri ecclesiastico e statale, la setta dei catari si estinse nei primi anni del 1300. Ciò avvenne anche per la concorrenza di movimenti “puri” e pauperisti che si diffusero all’interno della Chiesa e poi sul territorio, come gli ordini mendicanti, i dominicani e i francescani. Ipotizziamo che Esclarmonda abbia portato il Graal e i suo ideali a Concorezzo, ora il Graal si divide, quello religioso, la coppa con l’ostia, l’Eucaristia, va a Valencia e lì rimane, mentre l’utopia di un mondo migliore, l’ideale laico, la trasformazione alchemica va con Rinaldo da Concorezzo a Ravenna. Rinaldo da Concorezzo è stato un arcivescovo cattolico nato a Milano e morto a Ravenna, qui sepolto in un bel sarcofago dentro al Duomo, nella Cappella del Sudore. Fu contemporaneo di Dante, col quale dovette avere quasi certamente dei rapporti. Morirono a distanza di pochi mesi l’uno dall’altro. Prima di continuare con Rinaldo, come non collegare il Graal vivente con la figura di Dante, che moralizza ed inveisce contro la corruzione, mantenendosi sempre attento a non diventare eretico, eppure era un fedele d’amore, che era un movimento vicino ai catari. Ma ritorniamo a Rinaldo da Concorezzo che fu l’artefice dell’assoluzione dei templari italiani nel Concilio di Ravenna, inquisiti e minacciati dello scioglimento dell’Ordine per volere di Filippo il Bello il quale mirava ad impossessarsi dei loro beni. Condannò insieme ai suoi vescovi suffraganei la tortura e il terrore come mezzi per ottenere confessioni, non accettandole se estorte con questi metodi e in ciò si oppose anche alla volontà del papa Clemente V che ne voleva lo scioglimento. Fu un’anticipazione delle tesi di Cesare Beccaria del 1764! Come vedete arrivano i misteri coi templari, quando si parla di Graal loro non mancano mai. Rinaldo (siamo nel 1300) è veramente all’avanguardia se non accetta la tortura per strappare la presunta verità, una persona sotto tortura alla fine ammette tutto pur di essere lasciato in pace, non si può mai parlare di verità. Il processo da lui presieduto riconobbe l’innocenza dei templari, la cui pena finale fu soltanto una promessa di penitenza. Papa Clemente V, furioso per il risultato, ordinò all’arcivescovo di riaprire il processo, e di applicare la tortura per ottenere delle confessioni ma Rinaldo rifiutò ancora. Ed eccoci all’altro mistero su Rinaldo: nel 1311 nel concilio tenuto a Ravenna legittimò il battesimo per aspersione…e allora? Non più l’immersione totale, ma solo qualche goccia, questo episodio fa pensare visto che il“battesimo”cataro, non prevedeva acqua. Ravenna ha il Graal, siamo nel 1300, e qui sembra rimanere, o almeno resta sul territorio delle Signorie italiane, nelle corti del Rinascimento. Il Rinascimento, vissuto dalla maggior parte dei suoi protagonisti come un’età di cambiamento, sviluppando le idee dell’umanesimo, sembrò portare la realizzazione del Graal, ma un grosso problema veniva da Oriente. (5 continua)

immagine: Graal di Valencia

articolo già pubblicato sul quotidiano “La Voce di Romagna” il giorno 25/04/2016

L’ERESIA EIL GRAAL

1-esclarmonde-foix Carlo Magno era affascinato da ogni tipo di reliquia e in particolare dal Graal, ritenendolo capace di dare veggenza, la coppa passò poi ai sovrani germanici, agli Ottoni, sino a Federico II, cioè agli Imperatori del Sacro Romano Impero. Federico II voleva il Santo Calice, lo aveva cercato per anni, forse lo custodiva a Castel del Monte in Puglia o forse il Graal era ritornato in territorio francese, fra i “puri”, cioè i catari. La Chiesa cattolica, dopo l’adozione del “privilegio di Ottone” nel 926, con il quale l’imperatore si impegnava a riconoscere l’autorità del Papa, ma si riservava il diritto di approvarne l’elezione, si allontanò sempre più dalla spiritualità. L’ingerenza del potere imperiale era impressionante, l’Imperatore aveva il potere di nominare i vescovi, e di metterli a capo delle città (così alla morte dei vescovi-conti, il feudo tornava di proprietà imperiale). I vescovi, o una parte di essi, inizialmente figure di spicco della spiritualità ecclesiastica, si erano così trasformati in figure politiche. Inoltre, le posizioni all’interno della Chiesa erano molto ambite dalle famiglie nobili, che alla vita ecclesiastica destinavano i secondogeniti o comunque uno dei figli. Questa situazione causò la corruzione dei costumi religiosi: molto diffusa era la simonia (la vendita delle cariche sacre al miglior offerente) e il concubinato. Per questo erano nati nuovi gruppi religiosi, alcuni interni alla Chiesa stessa e perciò tollerati, altri invece sconfinati presto nell’eresia. Fra questi ultimi, c’era la setta dei catari diffusa in Francia e nei territori del Nord Italia, in particolare a Concorezzo, dove sorse la sede della maggiore Chiesa catara europea. La dottrina dei catari si fondava sul dualismo fra Bene e Male come motore del mondo. Due principi che sono a fondamento della creazione di terra e cielo: uno cattivo, ed è quello che ha creato il mondo, l’altro buono. Questo significava, in sintesi, che i catari consideravano la materia come creazione del “Dio cattivo” e perciò rifiutavano i piaceri della carne; erano anche vegetariani ante litteram, sia pure per motivi religiosi. Il loro credo, non riconoscendo l’incarnazione di Gesù, né la sua divinità, sfociò immediatamente nell’eresia, e per questo furono duramente contrastati e perseguitati. Esclarmonda de Foix (dopo 1151-1215), era una figura di primo piano nel catarismo francese del XIII secolo. Il nome Esclarmonda significa “Luce del mondo”, rimasta vedova nel 1200, successivamente, si rivolse alla Chiesa catara. Si stabilì a Pamierse fu protagonista nella ricostruzione della fortezza di Montségur, qualificato come tempio solare o castello del Graal, ancora oggi attira numerosi appassionati di esoterismo da tutto il mondo. Esclarmonda partecipò, nel 1207, agli ultimi contraddittori fra i catari e la Chiesa cattolica, rappresentata da San Domenico, l’anno seguente papa Innocenzo III, decretò la crociata contro glialbigesie contro i catari. Il Graal aveva fallito ancora, i catari erano vicini come idee anche ai templari e ai fedeli d’amore, ai trovatori, alle corti che si idealizzavano sulle storie del ciclo arturiano, ma il loro ideale “puro”era avversato dalla Chiesa cattolica. Esclarmonda aprì numerosi ospedali e scuole dove veniva impartito l’insegnamento cataro, questo attivismo le valse l’appellativo di grande Esclarmonda. La sua leggenda racconta:“Al castello di Montségur, i catari conservavano il Santo Graal. Montségur era minacciato, le armate di Lucifero lo assediavano, volevano il Graal. Discese dal cielo una colomba bianca che, col suo becco, fendette in due il monte e il castello. Esclarmonda, la Guardiana del Graal, gettò all’interno della montagna il Graal e la montagna si racchiuse, sul Graal. Quando i demoni entrarono nella fortezza, era troppo tardi. Furiosi, fecero perire con il fuoco tutti i puri, si salvò solo Esclarmonda che si mutò in una bianca colomba e volò via verso le montagne dell’Asia”. Certo che la leggenda va un bel po’ scremata, forse le armate di Lucifero non erano altro che i crociati, ed Esclarmonda sarà fuggita per portare in salvo il Graal e dove? (4 continua)

immagine. Esclarmonda

articolo già pubblicato sul quotidiano “La voce di Romagna” il giorno18/04/2016

COSI’ CLODOVEO EBBE IL CALICE

Palazzo di Teoderico mosaici di Sant'Apollinare Nuovo

Ricimero o Recimero, è stato un politico e generale goto, di fede ariana, dell’Impero romano d’Occidente, effettivo detentore del potere dal 460 fino alla sua morte, che avvenne nel 472. Ricimero era un comandate di Ezio, così come lo era il suo amico Maggioriano, che divenne imperatore e che Ricimero uccise a Tortona in provincia di Alessandria. Secondo la leggenda, a Tortona, la chiesa di San Matteo, identificata come il Mausoleo di Maggioriano, avrebbe custodito il Graal, con tre doni: il corpo, il sangue e lo spirito. Da questa leggenda deriverebbe il famoso motto: “Pro tribus donis similis Terdona leonis” (in virtù dei tre doni Terdona è simile al leone, dove Terdona è il vecchio nome della città). Ciò significa che era ancora viva l’idea di unificare i barbari coi romani e l’arianesimo col cattolicesimo. Verosimilmente il Graal sarà poi transitato verso Ravenna con Odoacre, che depone l’ultimo imperatore Romolo Augustolo e che divenne re d’Italia nel 476.Odoacre pur professando fede ariana, non interferì quasi mai negli affari della Chiesa cattolica di Roma. Nel 488 il re ostrogoto Teoderico fu incaricato da Zenone di invadere l’Italia e deporre Odoacre. Gli ostrogoti invasero la penisola nel 489 ed entro un anno posero sotto il loro controllo gran parte dell’Italia, costringendo Odoacre ad asserragliarsi nella capitale Ravenna. La città, dopo un lungo assedio, si arrese, Teoderico invitò Odoacre ad un banchetto per sancire la pace fra i due sovrani, ma lo uccise nel corso dello stesso. Il Graal ipoteticamente è ancora a Ravenna, la speranza non è morta, Teoderico fa edificare chiese diverse per ariani e per cattolici, si convive dignitosamente fra barbari e romani, fra ariani e cattolici tutto è possibile. Ma Teoderico cambia idea, le cose non vanno più bene, il re goto arriva a imprigionare papa Giovanni I e lo lascia morire in carcere, siamo nel 526. L’unione fra cattolici e ariani, sfuma, l’ideale di un regno illuminato scompare e il Graal intanto era già arrivato in territorio di Francia, alla corte dei Merovingi. Clodoveo fu il secondo sovrano storicamente accertato della dinastia dei Merovingi, sua sorella fu sposa di Teoderico. Il 24 dicembre 496 Clodoveo si fece battezzare a Reims dal vescovo Remigio. I franchi furono l’unico popolo germanico che si convertì dall’arianesimo al cattolicesimo, a differenza degli altri popoli germanici, che rimasero cristiani/ariani. Logico che il nuovo luogo ideale di rinascita del Graal fosse la Francia, tra l’altro ci fu il misterioso evento del “Vaso di Soissons”, che narra di quando i soldati di Clodoveo trafugarono suppellettili di culto e un bellissimo e grande vaso. Il vescovo di Soissons chiese al re di restituirgli almeno il vaso. Quando fu il momento della spartizione del bottino, Clodoveo chiese ai soldati il vaso per sé, contravvenendo alla tradizione, che gli oggetti fossero tirati a sorte, ma un guerriero si oppose, spezzando il vaso, questo può aver a che fare con il Graal, la storia potrebbe celare gli attriti per l’attribuzione del Santo Calice che dava il potere. Inoltre il giglio araldico, simbolo dei re cristiani di Francia, secondo la tradizione, fu scelto nel V secolo, come simbolo proprio da Clodoveo, dopo la sua vittoria riportata a Vouillé, sui visigoti. Il giglio, è un ben noto simbolo di purezza e castità, la simbologia cristiana, vede nei suoi tre petali stilizzati un’allusione alla Trinità divina e nella base orizzontale la figura di Maria, di fondamentale importanza per comprendere il mistero trinitario in quanto fu da Lei che, attraverso l’intervento divino del Padre, s’incarnerà il Figlio,e dai due emana lo Spirito Santo. Questo concetto si trasformerà successivamente con il diffondersi delle teorie pseudo-storiche associate al Santo Graal ed alla discendenza di Cristo. Il “Fleur-de-Lys” viene così associato alla “Stirpe Reale”: la base del simbolo rappresenterebbe, secondo questa nuova concezione, Maria Maddalena mentre i tre petali non sarebbero altro che i figli che ella avrebbe avuto da Gesù: Tamar, Joshua e Josephes. Il Graal, rimane in terra francese, unito in ideale laico e religioso anche per la dinastia dei Carolingi.(3continua)

immagine:  Palazzo  Teoderico Sant’ Apollinare Nuovo (Ravenna)

articolo già pubblicato sul quotidiano “La Voce di Romagna” il giorno 11/04/2016

GALLA PLACIDIA EBBE IL CALICE

Parsifal

Il Parsifal, il cui nome in arabo significa puro e folle, è un’opera di Wagner, dal carattere religioso, era usanza non applaudire al termine della rappresentazione. Ancora oggi il pubblico spesso non sbatte le mani, alla fine del primo atto (scena della Comunione), inoltre alcuni brani vengono eseguiti nel periodo di Pasqua e in alcuni paesi tedeschi, viene rappresentato il Venerdì Santo, quando normalmente gli spettacoli sono proibiti. Ma torniamo ai Magi, i quali sono l’Epifania di Gesù, lo riconoscono come il Salvatore, quindi in senso lato potremmo dire che l’iniziale Graal è Gesù stesso, che poi riappare ogni volta nella messa durante l’Eucaristia. Ora vi illustro un’ipotesi su dove possa essere finito, nel V secolo, il Graal. All’interno del Mausoleo di Galla Placidia, troviamo nella lunetta di fondo, raffigurato San Lorenzo, sopra questa lunetta, vi sono due apostoli con ai piedi un vaso zampillante d’acqua, con due colombe, molto simile a quello presente nel corteo di Teodora, in San Vitale, potrebbe rappresentare il Graal. San Lorenzo aveva l’oggetto sacro, che papa Sisto II gli aveva affidato, nel 258, con l’incarico di portarlo lontano da Roma. La coppa del sacrificio, avrebbe rischiato di essere distrutta dall’ignoranza dai pagani, mentre Valeriano, conoscendone il potere, non avrebbe esitato a servirsene per il proprio tornaconto. Forse Lorenzo, riuscì a far portare la coppa in Spagna e qui passò poi in mano ad Ataulfo, forse il calice rimase a Roma e fu asportato nel 410 da Alarico, assieme a tutti i tesori che il visigoto si portò via. In ogni caso pare che il calice arrivasse nelle mani di Galla Placidia, la quale forse possedeva la coppa ed era anche la coppa vivente in quanto aveva generato da Ataulfo, Teodosio nato da pochi giorni, siamo nel 415. Teodosio, portava il nome del nonno, il grande imperatore che in Oriente era ed è pure Santo, avrebbe dominato il grande regno unificato di Roma e dei barbari, forse unendo anche la religione cattolica con quella ariana. Ma il Graal sia come contenitore che come ideale fallisce, Ataulfo viene assassinato, il piccolo Teodosio ucciso, l’Impero di Roma crollerà di lì a poco. Il matrimonio di Galla Placidia e Ataulfo ricorda il legame di Artù con Ginevra, i tempi collimano e gli ideali sono gli stessi, il ciclo bretone potrebbe avere legami con la Romagna. Gli altri cavalieri della tavola rotonda si individuano così con Ezio, Alarico, Attila, Teoderico, Ricimero, Odoacre, Genserico, ecc. Flavio Ezio veniva dalla Dacia e aveva sposato una donna romana. Aveva passato parecchi anni come ostaggio degli unni, e Attila era per lui come un fratello, dato che erano cresciuti insieme. Prima di essere ostaggio degli unni lo era stato dei visigoti di Alarico, sequestrato nel sacco di Roma (410) assieme a Galla Placidia. Ezio aveva grande potere, tale da raggiungere il trono; non era certo l’imperatore Valentiniano III a fargli paura, il cui unico pregio era l’essere figlio di Galla Placidia. Ezio controllava la Gallia del nord coi suoi guerrieri; si sentiva unno lui stesso, parlava la loro lingua alla perfezione e da loro aveva imparato a cavalcare, a tirare d’arco e le tecniche militari tipiche dei cavalieri della steppa. Fu sempre fautore dell’alleanza romana coi barbari. In ogni battaglia vedeva un duello, una sfida cavalleresca, addirittura un giudizio divino. Fu protagonista nella battaglia dei Campi Catalaunici (451) vicino a Troyes dove sconfisse Attila, questo baluardo dell’Impero fu ucciso da un imbelle rammollito come Valentiniano, il quale fu poi eliminato l’anno successivo dai guerrieri di Ezio. A Ravenna, l’agonia e la fine dell’Impero Romano ma anche l’inizio del Medioevo con le gesta ricordate nelle saghe dei Nibelunghi (di cui fanno parte anche Teoderico e Attila) e di Artù e i cavalieri della tavola rotonda. Chrétien de Troyes scrittore e poeta francese medievale, ideatore del ciclo bretone, può essersi ispirato alla battaglia avvenuta tanti anni prima nella sua città natia. Ezio morì poco dopo Galla Placidia, nel 454, in Occidente si creò una situazione di potere vacante, e il Graal dove si troverà ora? (2 continua)

immagine: Parsifal e il Graal

articolo già pubblicato sul quotidiano “La Voce di Romagna” il giorno 04/04/2016