ROMA AVREBBE DOVUTO CHIAMARSI ROMAGNA

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Il toponimo Romagna risale al VI d. C. col significato “di terra romana” in contrapposizione all’Italia allora invasa dai barbari e dai Longobardi. In realtà i romani erano i bizantini, perché caduto l’impero romano occidentale, i romani per diritto erano gli abitanti di Costantinopoli, chiamata anche la Seconda Roma e non quelli della Città Eterna. Caduto l’impero orientale nel 1453, la qualifica di impero romano, per eredità passò a Mosca, detta anche la Terza Roma. Oggi seppur senza eredità genealogica, ma per supremazia la Quarta Roma potrebbe essere Washington o New York. Mi rivelarono tanti anni fa un aneddoto, non ricordo chi lo raccontava, mi pare un editore di Cesena, il quale aggiungeva all’episodio fantasioso della  creazione di Roma un estroso particolare. Roma, la grande capitale non doveva chiamarsi così, il suo nome doveva essere Romagna, cosa mai successe? Romolo, il fondatore della città aveva appena scavato il solco delle fondamenta, ovvero il Pomerio, quando Remo, il suo gemello, scavalcò le mura appena erette  e Romolo, al colmo dell’ira, lo uccise aggiungendo queste parole di sfida: “Così, d’ora in poi, possa morire chiunque osi scavalcare le mie mura”. Poi per nulla addolorato dalla morte del fratello fissò un palo nel terreno con un’insegna con su scritto Romagna, ribadendo con ciò che era solo terra di Romolo. All’improvviso una voce tuonò: “ Non sei degno di chiamare la tua città Romagna, hai ucciso tuo fratello per tenerti tutto tu, hai infranto il dovere sacro dell’ospitalità”. Un fulmine dal cielo, lanciato da Giove, spezzò l’insegna, sulla quale rimase solo la parola Roma. Da questo episodio mitologico, i romani ebbero uno speciale riguardo per il Pomerio, considerato intoccabile. Da questa fondazione deriva la sacralità del Pomerio dove era vietato seppellire i morti. Di fatto questa striscia di terreno, fu considerata sacra e perciò mantenuta libera da costruzioni. Le fondazioni delle città abbondano di leggende, certo è che Romolo, se mai fu esistito, era stato assai egoista, non divise i beni neanche col fratello, meglio che il toponimo Romagna, sinonimo di ospitalità, rimanga a noi.

 

immagine: La Lupa di Roma

 

 articolo già pubblicato sul quotidiano “La Voce di Romagna”

IL MARE INNAMORATO

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Me ne parlò una mia amichetta, anni fa, lei aveva la possibilità di fare le vacanze al mare per un mese, e di fare il bagno la sera tardi al buio, trent’anni fa c’era più libertà, meno divieti . Mi raccontò che si immerse  nell’acqua che pareva viva ed oleosa e ne uscì  che era diventata tutta di luce ovvero fluorescente.  A  me non è mai capitato…e a voi?  Conoscete il mare in ardore o mare in amore? Si tratta del mare con le onde fosforescenti, la luminescenza marina. Il fenomeno si manifesta solo in alcuni giorni estivi e non tutti gli anni e lo definiscono  “mare innamorato “ ed è provocato si dice da minuscole alghe. Si verifica di notte e io da trent’anni  lo sto aspettando, non trovo nessuno che conosca  in quali giorni, dicono  in luglio, possa  avverarsi l’evento, forse solo un lupo di mare potrà aiutarmi. Anche scientificamente il termine di mare in amore è giusto perché  il mare brulica di organismi viventi che fanno l’amore. E’ il fenomeno della bioluminescenza per cui organismi viventi emettono luce attraverso particolari reazioni chimiche, nel corso delle quali l’energia chimica viene convertita in energia luminosa. Questi organismi marini, ma anche le lucciole ad esempio emettono bioluminescenza, se ne servono per vari scopi, ma certo quelli che definiscono meglio il termine mare in ardore sono gli Odontosyllis. Maschi e femmine di una stessa specie, per riconoscersi emettono luce ad intermittenza. Succede così nell’anellide marino del genere Odontosyllis, in cui sia il maschio che la femmina sono luminescenti durante il periodo dell’accoppiamento. Questi, raggiunte le acque superficiali dopo il tramonto e solo nelle notti di luna piena, emettono uova e spermi in una danza che vede la femmina tracciare dei cerchi luminosi con luce continua e il maschio raggiungerla emettendo dei segnali intermittenti. Alla minima interruzione del segnale luminoso da parte della femmina, il maschio disorientato non la riconosce più. Solo alla ripresa del segnale luminoso il maschio ricomincerà ad emettere i gameti (spermi). Non andrebbe bene per la costa romagnola  chiamarla spiaggia del mare innamorato?

 

 

immagine: mare in ardore

 articolo già pubblicato sul quotidiano “La Voce di Romagna”

IL SENTIERO DEGLI GNOMI

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Bagno di Romagna è un ameno paese sulle colline di Forlì, vicino al confine del territorio toscano. Le origini di Bagno di Romagna si perdono nella notte dei tempi, da sempre terra di passaggio per i contatti con la valle del Tevere e del Bidente. I Romani vi costruirono terme importanti che nell’antichità godevano di fama come quelle di Baia, nota località di Pozzuoli. Ancora oggi le terme di Bagno di Romagna sono amate per le proprietà rilassanti e curative, in particolar modo per la cura delle patologie dell’ apparato locomotore, dell’ orecchio, del naso, della gola, dei bronchi e di patologie croniche dell’apparato ginecologico. Il luogo è immerso nel verde e numerose sono le passeggiate che si possono effettuare nei dintorni.  La più comoda è alla “Fonte del Chiardovo “ ove sgorga un’acqua sulfureo-bicarbonata, oligominerale, fredda, dal caratteristico odore di uovo, ben conosciuta per i benefici a piccoli disturbi del fegato e delle vie biliari. Il viale ombrato da tigli, realizzato nel 1936, si snoda per 1 km  frequentatissimo, soprattutto d’estate per la frescura.  Una delle  passeggiate più inusuali, soprattutto se avete dei bambini è la camminata lungo il Sentiero degli  Gnomi. Secondo un’ antica credenza bagnese il bosco dell’Armina, vicino al centro storico di Bagno di Romagna, è abitato da fantastici piccoli Gnomi qui immigrati dalle grandi foreste del nord Europa. Il sentiero di circa 2 chilometri è di facile percorrenza e si compie in circa 45 minuti. Frequentato da un grande numero di persone d’ogni età. La favola, la fantasia , forse farebbe meglio ai grandi che l’hanno dimenticata, i piccoli  invece ne hanno in abbondanza . Chissà perché non ho mai incontrato bimbi antipatici, di adulti scontrosi tanti invece.  Che sia per mancanza di fantasia? Attraversato con un ponte il fiume Savio, si è già immersi nel bosco e nella  creatività, si incontrano  sculture, sagome di animali e le casette di legno degli  Gnomi  in cui si potrà lasciare un messaggio per i Folletti. Lo Gnomo più famoso, quello che dialoga con le persone è  Mentino, i suoi racconti sono stati raccolti in un libro che ha fatto conoscere lo Gnomo Mentino e i suoi compagni ai bambini di tutto il mondo.

 

immagine: sentiero degli gnomi a Bagno di Romagna

 articolo già pubblicato sul quotidiano “La Voce di Romagna”

IL NOCINO DI ROMAGNA

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Un liquore tipico della nostra bella terra è il nocino.  E’ una pozione  di noci acerbe, raccolte, secondo la miglior tradizione, nei giorni vicini alla festa di San Giovanni,  messe in infusione in alcol con aggiunta di zucchero e, in piccole quantità, di aromi.  Scommetto che molti di voi ne hanno una propria ricetta oppure hanno contribuito alla raccolta delle noci ed alla sua preparazione. Certo oggi gli appassionati  sanno fare tanti  altri liquori, tipo il limoncello o altri a base di caffè. Ma il nocino ha un’antica storia che viene ancora prima che ci colonizzassero i romani.  Era l’infuso dei druidi, gli antichi sacerdoti dei  celti. Quando i romani invasero la Britannia vi trovarono uno strano popolo che, per l’uso che avevano di dipingersi il volto e di tatuarsi il corpo, chiamarono Picti (dipinti ). Questo popolo usava bere, specialmente nella notte del solstizio d’estate durante riti particolari, uno strano liquido scuro che li rendeva particolarmente euforici, un infuso di noci acerbe e miele.  Il noce è l’albero, dice la leggenda, attorno al quale si riunivano a convegno le streghe nella notte di  San Giovanni. L’albero del noce era considerato sacro per le streghe, ma non per i contadini che lo piantavano a distanza dagli altri alberi da frutto perché a quei tempi era radicata la credenza  che fosse velenoso .  Nel processo di cristianizzazione il noce ha subito una metamorfosi, trasformandosi da albero  luciferino in pianta benefica, associata, addirittura ad un santo.  San Giovanni morì decapitato,  il 24 giugno, fu  Salomè che  dopo aver danzato per il padre, fu indotta dalla madre a chiedere come ricompensa la testa di Giovanni, che le fu portata  su un vassoio.  La leggenda vuole che durante la notte tra il 23 e il 24 giugno, che è la notte più breve dell’anno, la donna giudicata più abile nella preparazione del liquore  nocino  raccolga a piedi nudi le noci ancora verdi , ciò ricorda da vicino un antico rito druidico.  Il nocino deve stare in  infusione  fino alla notte di Halloween (31 ottobre), un’altra ricorrenza celtica.

 

 

immagine: nocino e noci per la preparazione

 articolo già pubblicato sul quotidiano “La Voce di Romagna”

IL VULCANO PIU’ PICCOLO D’ITALIA

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Il vulcano è considerato come la fonte di un fuoco terrestre, è caos, è catastrofe se è sveglio, innocuo se dorme. In alcune culture, i vulcani sono visti come le porte degli inferi ed era consuetudine spingere i morti nel cratere. Gli antichi greci, ritenevano l’attività vulcanica fosse legata al fatto che,  i Titani sconfitti  vi dimorassero lamentandosi ed urlando.  Il dio Vulcano o Efesto, brutto come la peste ma insuperabile a lavorare i metalli ottiene in sposa la dea più bella. Vi parlo del vulcano perché forse non sapete che in Romagna abbiamo un vulcano, sì, pure noi abbiamo un vulcano. Non molto facile da trovare, ma come si sa, il buon risultato non si ottiene facilmente. Da Tredozio, seguire le indicazioni per Portico di Romagna, si sale al valico del Monte Busca. Passato il valico, si troverà un edificio disabitato con una scritta bianca sui muri… “il vulcano”. Dietro al fabbricato in mezzo ad un campo coltivato, troviamo la località Inferno,  con tale nome non poteva che trovarsi il fuoco, il vulcano più piccolo d’Italia. Uno spettacolo particolare e interessante, ma il segreto è presto svelato: è una  fontana ardente,  un’emissione spontanea di gas naturali in prevalenza metano, facilmente infiammabile per cause accidentali. Le fontane  ardenti sono diffuse in Italia, nell’Appennino Emiliano  e nel  Medio Oriente, dove alcune, attive da secoli, vengono anche indicate come fuochi eterni.  Negli anni ’30 Mussolini fece studiare un qualche sistema per imprigionare questo gas e ottenerne energia ma tutti i risultati sono stati infruttuosi. Il 20 giugno 1939, arrivò al vulcano Mussolini per inaugurare l’impianto per l’estrazione di gas metano , le speranze erano tante ma il vulcanino le disattese tutte. L’ impatto visivo che si ha in una giornata di sole è piuttosto deludente, ma l’ emozione aumenta di sera quando si accentua il chiarore della fiamma in contrasto alla scura mole dei  monti. Il vulcanino di Tredozio ha anche il suo fan club su face book con più di 1600 amici, a quanto pare chi è andato a visitarlo poi non lo dimentica.

 

immagine: il vulcanino del Monte Busca

 articolo già pubblicato sul quotidiano “La Voce di Romagna”