Romano, l’insegnante che non prende medicine

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Un tempo a Ravenna c’era la scuola di esperanto, ora non so, l’araldo era Romano, una cara persona.    Romano è ghandiano, cristiano, mazziniano. Non ricordo se l’ordine è esatto, ho messo Ghandi per primo, perché l’unica volta che l’ho visto un po’ alterato, fu quando mi parlò dell’induismo e del Karma e io dissi che non credevo alla reincarnazione. Romano è un pacifista, lo era già negli anni ‘60. Partecipò alla prima Marcia della Pace di Perugia/Assisi, ora non aderisce più, perché non crede che quelli, ora, abbiano inteso bene cosa vuol dire pacifismo. Romano è un vegano, non mangia carne, ama gli animali, anche gli insetti. E’contro i medicinali, usa il metodo “del temprarsi”, porta la maglia di lana anche d’estate … dove non passa il freddo non passa neanche il caldo, dice. E’un insegnante di esperanto, crede che i mali del mondo arrivino soprattutto dalla Torre di Babele, perché le persone non parlano la stessa lingua. Romano ha due lauree, ma non ha mai lavorato, il padre, che lo conosceva bene, lo ha assecondato, fa il volontario, porta la sua parola, il suo esempio dappertutto. Romano si muove solo con la bici, non vuole inquinare, e con la bici va anche molto lontano. A un certo punto ho smesso di vederlo, i suoi amici mi hanno informato che un camion lo ha investito, mentre andava con la bici. Si è rotto una spalla, i medicinali che gli hanno somministrato, lo hanno intossicato. Non esce quasi più da casa perché ha bisogno di andare spesso in bagno. Un paio di anni fa, era il periodo natalizio, io e il postino abbiamo fatto una piccola magia per lui. Il portalettere mi aveva mostrato una missiva, dove vi era  scritto nome e cognome del ricevente, e una dedica (per i 60 anni di matrimonio) ma non c’era l’indirizzo, il mittente era Romano. Il destinatario, lo conoscevo viveva nel mio paese tanto tempo prima, ma non avevo la minima idea di dove fosse andato ad abitare poi. Non volevo che la lettera tornasse al mittente, che gli auguri di Romano tornassero indietro. Il postino mi ha lasciato la lettera, ho fatto indagini, fra i compaesani più anziani. Sono riuscita ad avere l’indirizzo nuovo del destinatario. Il postino che conosceva Romano pure lui, perché a Ravenna lo conoscono tutti, si è preso l’onere di recapitarla anche se non era il suo giro e doveva fare chilometri extra. E’stato il nostro modo per dire a Romano che gli siamo vicini, anche se ormai non lo si vede più.

immagini: parole in esperanto

articolo già pubblicato sul quotidiano “La Voce di Romagna” il giorno 21/12/2015

 

 

RE LUIGI FILIPPO, RAMPOLLO DAL SANGUE ROMAGNOLO

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Tutti conoscono la probabile avventura della “Maschera di ferro”, storia raccontata prima da Voltaire, ripresa alla grande da Alessandro Dumas e poi vista al cinema con la magistrale interpretazione di Leonardo di Caprio. Narra del gemello del re di Francia Luigi XIV, costretto a vivere con una maschera sul volto per tutta la vita per non destabilizzare l’asse ereditario. Se i francesi hanno questo intrallazzo reale, i romagnoli nel loro piccolo non vogliono essere da meno. Il 17 aprile 1773 a Modigliana, in provincia di Forlì, vedeva la luce una bambina nata da una misteriosa coppia di nobili francesi e contemporaneamente a una coppia del luogo, i Chiappini, nasceva un maschio. Dopo alcuni giorni la coppia di nobili partiva portando con sé non la figlia ma il maschietto romagnolo. La coppia romagnola di fronte a probabili elargizioni aveva ceduto il bambino in cambio della femminuccia. La coppia francese era formata da Luigi Filippo, pretendente al trono di Francia, e da sua moglie Luisa Borbone Orleans. Luigi Filippo privo di una discendenza maschile colse l’occasione per presentarsi in patria con un legittimo erede maschio, il quale fu registrato come nato e battezzato a Parigi. La famiglia Chiappini, mise a profitto i soldi ricevuti, riuscendo a ritagliarsi un buon posto nella società. La loro figlia, Maria Stella, andò sposa a un nobile inglese e poi ad un barone, ella visse nel lusso. Alla morte del padre un notaio le consegnò un plico che la informava dello scambio di neonati. Maria Stella si mise alla ricerca dei genitori e scoprì la verità, andò a Parigi infamando il maschietto romagnolo, che nel frattempo, nel 1830 era diventato re di Francia col nome di Luigi Filippo. Il nostro Luigi Filippo fu apprezzato dalla borghesia per il fare dimesso e le riforme liberali, mentre i suoi avversari lo bersagliarono per la sua incoerenza e debolezza, ritraendolo sovente con la faccia a pera. Nel 1848 fu costretto ad abdicare, chiudendo poi la sua vita nel 1850 in Inghilterra.

immagine: caricatura di Luigi Filippo

articolo già pubblicato sul quotidiano  “La Voce di Romagna” il  giorno 10/02/2014