Il cibo nell’arte XXIII parte

Nel 1600/1700 non solo si ci innamora della cioccolata ma si ama molto anche il caffè, si diffondono i liquori, i gelati e le bevande rinfrescanti e digestive come limonate e cedrate, vendute nelle spezierie.

Alla corte francese aumenta l’abbondanza, vi è il lusso più raffinato e ricercato, un secolo d’oro per i cuochi, forse più di oggi, che inventano salse come la besciamella o la maionese e che decretano la Francia regina del cibo, nel Seicento, forse non per caso, si diffonde il genere pittorico della natura morta.

Vincenzo Campi- I mangiafagioli-1580 circa

Questo termine fu coniato nel Settecento in senso dispregiativo, prima si definiva ‘natura immobile’ in contrapposizione alla ‘natura vivente’ della pittura di storia incentrata sulla figura umana, un genere quindi di poco conto; le Accademie d’Arte che stavano sorgendo un po’ ovunque avevano degli statuti che gerarchizzavano la pittura, la natura morta era all’ultimo posto assieme a quella di genere, tuttavia dalla celebre canestra di frutta del Caravaggio, dai bodegones in Spagna e dalla pittura fiamminga la natura morta si diffonde a macchia d’olio con risultati a volte eccezionali.

Annibale Carracci- Mangiafagioli- 1584/1585- Galleria Colonna- Roma

Il genere natura morta si diffonde soprattutto nell’Europa del Nord, in Italia e in Spagna. Tutta una serie di artisti più o meno famosi si specializzano con opere sul tema del cibo o scene di genere con tavole imbandite, angoli di cucina, botteghe e banchi del mercato con ogni tipo di merci, non mancano le macellerie, con le carni o i quarti di bue attaccati ai ganci; vengono rappresentati gli strati più umili della popolazione, ma la carne resta costosa, per rappresentare il cibo povero sostitutivo della carne potevano mancare le opere sui mangiatori fagioli?

Bartolomeo Passerotti- Macelleria- 1590- Galleria nazionale d’arte antica- Roma

Dove è nata la natura morta? I critici d’arte sono divisi, chi sostiene la nascita italiana adducendo al fatto  che in Italia vi era una tradizione antica risalente ai romani che raffigurava in piccoli quadretti chiamati Xenia, i regali di frutta e altri alimenti donati agli ospiti dal padrone di casa, i sostenitori della linea fiamminga affermano invece il primato fiammingo in quanto vi era stata l’assenza di gerarchizzazione della pittura in bassa o alta e vi era il protestantesimo che favorì la diffusione di soggetti non religiosi e la celebrazione delle merci e della ricchezza come successo materiale e spirituale. 

Pietro Longhi- La venditrice di frittole- 1755- Ca’ Rezzonico-Venezia

Caratteristico e assai interessante è il pittore veneto Pietro Longhi (1701-1785) che ebbe fama per le scene di vita quotidiana veneziana, notorietà testimoniata da Goldoni che a un matrimonio lesse un sonetto che iniziava così … Longhi tu che la mia Musa sorella /chiami del tuo pennel che cerca il vero e proseguiva … Tu coi vivi colori, ed io col canto. Così Longhi è testimone del Settecento veneziano e raffigura ‘La bottega del caffè’ oppure ci mostra che il cibo da strada non è un’invenzione di oggi, in ‘La venditrice di frittole’ ci riporta un mestiere che al tempo aveva una sua Corporazione, un luogo fisso di vendita vicino alla Ca’ d’oro e ogni venditore aveva una sua ricetta che si tramandava gelosamente di generazione in generazione. Come raffigura Longhi le frittole venivano infilzate in uno stecco e spolverate con abbondante zucchero, si mangiavano durante il passeggio. Lo zucchero era assai costoso ma grazie ai suoi commerci orientali Venezia fu la prima città in Europa a utilizzarlo, poi riuscì a produrlo con le piantagioni di canna da zucchero a Candia (Creta) e Cipro… non per niente candito è una parola che deriva da Candia. 

Seguace di Pietro Longhi- La bottega del caffè- 1750/1770-Gallerie d’Italia – Vicenza

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