Il fascino del sacro che c’è a bagno di Romagna

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Bagno di Romagna si trova nella provincia di Forlì/Cesena è un’amena località turistica sia per la presenza delle terme, sia per i boschi e i luoghi che offrono oasi di pace, ma anche per la cucina d’eccellenza. Bagno aggiunge a ciò il fascino del sacro. Nel 1412 un monaco camaldolese  celebrando la Messa fu preso dal dubbio sulla presenza di Cristo nell’Eucaristia, mentre consacrava il vino, questo si trasformò in sangue, cominciò a bollire tanto da fuoriuscire e macchiare il corporale, il quale  venne poi inserito in una teca argentata, ed è tuttora conservato nella basilica di Santa Maria Assunta. Le macchie sono state analizzate e risultano essere gocce di sangue. La devozione al Sacro Corporale, è assai viva nel paese e nella solennità del Corpus Domini la reliquia è portata in processione per le strade. A Bagno troviamo anche una leggenda legata al profano e alle terme. Le virtù terapeutiche delle acque calde di Bagno furono conosciute ed apprezzate dai Romani, che ne fecero un vasto impianto termale, con un edificio di culto dedicato a una Dea protettrice della fonte. Il culto delle acque, fu poi assorbito dal Cristianesimo, dalla devozione alla Dea si passò a quella di Santa Agnese. Con la distruzione di Bagno da parte di Totila (542 d. C.) era andato perduto il ricordo delle terme, finché furono riscoperte da Santa Agnese almeno la fiaba racconta così. Agnese era una fanciulla cristiana di 13 anni, vissuta a Roma al tempo delle persecuzioni di Diocleziano (284/305) uccisa con un colpo di spada alla gola, come si uccidevano gli agnelli, perciò l’agnello è il suo simbolo. Qualche tempo dopo la figlia dell’imperatore Costantino, pregò sulla tomba di Agnese, ottenendo la guarigione dalla lebbra. Agnese venne quindi associata  alle virtù delle acque termali che curavano le malattie della pelle. A Bagno si creò la figura di una  Agnese romagnola. Questa era figlia di un nobile di Sarsina. Agnese non vuole sposarsi, vuole restare casta, perciò prega Dio di sfigurarla con la lebbra. Il padre scopertala cristiana e vistala lebbrosa, ordina di ucciderla ma i soldati  mossi a pietà, la lasciano libera, e come prova della sua morte portano al padre una sua veste sporca del sangue di un agnello.  Agnese vagò per le selve attorno a Bagno, fino a che un cane  che la seguiva, raspando in terra fece scaturire le acque termali dove la fanciulla s’immerse uscendone sanata.
immagine:Bagno di Romagna

articolo già pubblicato sul quotidiano “La Voce di Romagna” il giorno 10/08/2015

LA CAVEJA CANTERINA

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“Dritta, piantata avanti sopra il timone  all’uso di una torcia a vento alta nella mano, la caviglia canta e fa buono come un campanile che sleghi le sue campane. E nelle anelle è tutta la passione di un canto che muore tra un viottolo lontano, ha il trillo dell’allodola, lo stridere del rondone  e tutte le nostre voci che cullano il grano. Le anelline hanno un suono che sembra d’argento  come il ridere di un bimbo che non  sta mai fermo, con le guance che fanno le fossette e i denti bianchi. Le anellone voce da babbo, vociona grossa  che vorrebbe essere cattiva ed invece è amica: ecco la musica buona della fatica”, così poetando Aldo Spallicci  si riferiva alla caveja. Il tiro dei buoi si univa al timone del carro agricolo a mezzo di due perni: la caveja ad tiratura che serviva per tirare e la caveja stadura  adibita a frenare, quest’ultima posta più in alto e perciò più visibile, è la caveja che ancora oggi è simbolo della Romagna. La caveja ha origini antichissime. La sua antenata potrebbe essere quella trovata in Mesopotamia, facente parte di un carro babilonese di 5400 anni fa. Oppure nientedimeno, quella raffigurata sul carro del faraone Ramses II. Questi viene considerato come uno dei grandi della storia, il suo regno si protrasse per 67 anni ed  è uno dei più longevi della storia d’Egitto. Divenne famoso come grande sovrano guerriero ma non solo: fece costruire opere grandiose mai più eguagliate. Visse fino all’età di 97, ebbe 77 mogli e 169 figli. Famosa divenne la sua sposa prediletta, Nefertari, il cui nome significa, la bella fra le belle. Pensate un po’ quanto è nobile la nostra caveja! Fu probabilmente dall’Egitto portata in Romagna da un legionario romano, stanziatosi nella nostra terra; al termine della ferma nell’esercito i legionari, dopo aver combattuto in vari luoghi, avevano come “pensione” appezzamenti di terre conquistate.  La caveja è formata dal piatto, lo stelo e le anelle. Le anelle tonde o quadrangolari, devono squillare briosamente. Più numerose sono le anelle più prestigiosa è la caveja. Essendo il suono di ogni caveja diverso da quello delle altre,  i contadini riconoscevano, senza vederlo, il carro che transitava. La caveja aveva anche funzioni propiziatorie. Scacciava le forze negative che potevano pregiudicare il raccolto, prevedeva in anticipo il sesso del nascituro, era beneaugurale nelle case degli sposi novelli, liberava chi era colpito dal  malocchio, attirava e catturava le api ed altri  miracoli simili. Un tempo era usanza, alla fine di febbraio, di  omaggiare una caveja alla più bella tra le ragazze che ballavano attorno ai fuochi accesi nei campi per fare lom a  merz. La caveja è diventata simbolo della Romagna, alla fine dell’Ottocento.

 

immagine: caveje

 articolo già pubblicato sul quotidiano “La Voce di Romagna”

IL SENTIERO DEGLI GNOMI

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Bagno di Romagna è un ameno paese sulle colline di Forlì, vicino al confine del territorio toscano. Le origini di Bagno di Romagna si perdono nella notte dei tempi, da sempre terra di passaggio per i contatti con la valle del Tevere e del Bidente. I Romani vi costruirono terme importanti che nell’antichità godevano di fama come quelle di Baia, nota località di Pozzuoli. Ancora oggi le terme di Bagno di Romagna sono amate per le proprietà rilassanti e curative, in particolar modo per la cura delle patologie dell’ apparato locomotore, dell’ orecchio, del naso, della gola, dei bronchi e di patologie croniche dell’apparato ginecologico. Il luogo è immerso nel verde e numerose sono le passeggiate che si possono effettuare nei dintorni.  La più comoda è alla “Fonte del Chiardovo “ ove sgorga un’acqua sulfureo-bicarbonata, oligominerale, fredda, dal caratteristico odore di uovo, ben conosciuta per i benefici a piccoli disturbi del fegato e delle vie biliari. Il viale ombrato da tigli, realizzato nel 1936, si snoda per 1 km  frequentatissimo, soprattutto d’estate per la frescura.  Una delle  passeggiate più inusuali, soprattutto se avete dei bambini è la camminata lungo il Sentiero degli  Gnomi. Secondo un’ antica credenza bagnese il bosco dell’Armina, vicino al centro storico di Bagno di Romagna, è abitato da fantastici piccoli Gnomi qui immigrati dalle grandi foreste del nord Europa. Il sentiero di circa 2 chilometri è di facile percorrenza e si compie in circa 45 minuti. Frequentato da un grande numero di persone d’ogni età. La favola, la fantasia , forse farebbe meglio ai grandi che l’hanno dimenticata, i piccoli  invece ne hanno in abbondanza . Chissà perché non ho mai incontrato bimbi antipatici, di adulti scontrosi tanti invece.  Che sia per mancanza di fantasia? Attraversato con un ponte il fiume Savio, si è già immersi nel bosco e nella  creatività, si incontrano  sculture, sagome di animali e le casette di legno degli  Gnomi  in cui si potrà lasciare un messaggio per i Folletti. Lo Gnomo più famoso, quello che dialoga con le persone è  Mentino, i suoi racconti sono stati raccolti in un libro che ha fatto conoscere lo Gnomo Mentino e i suoi compagni ai bambini di tutto il mondo.

 

immagine: sentiero degli gnomi a Bagno di Romagna

 articolo già pubblicato sul quotidiano “La Voce di Romagna”