Da una frana la rinascita

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Una frana avvenuta agli inizi degli anni Venti, fu l’occasione per spostare Predappio e poi ricostruirla, tra il 1925 e il 1940, attorno alla casa natale di Mussolini con lo scopo di mitizzarne le origini. Il nuovo paese si srotola lungo una sorta di percorso trionfale che culmina in Piazza Sant’Antonio raggiungendo qui un’armonia quasi rinascimentale, un abbraccio che comprende l’omonima chiesa dalle belle linee rotonde e pulite, l’impertinente Casa del fascio in stile “modernissimo” con lo svettante “campanile” e al centro in alto, su una piccola altura, troneggia Palazzo Varano luogo scelto da Mussolini come sede comunale perché qui un tempo insegnava sua madre. Nel parco dell’edificio, ottimamente conservato, era custodita durante il Ventennio un’aquila reale, emblema che i fascisti avevano mutuato dall’antica Roma, ma anche simbolo del Duce in quanto l’aquila è il re di tutti gli uccelli, c’è ancora la grande gabbia in cui veniva custodita. Da Palazzo Varano lo sguardo arriva diretto alla Rocca delle Caminate, residenza estiva di Mussolini, anzi la scenografica scala vista dall’alto ha la forma di una freccia che indica proprio la Rocca. Tutto fu ricostruito, non solo la piazza: il Cimitero di San Cassiano in Pennino, che era meta di sostenitori desiderosi di rendere omaggio a Rosa, l’amata madre del Duce. E ancora l’ex Albergo Appennino, realizzato per dare accoglienza alle numerose persone in “pellegrinaggio” a Predappio, l’Ufficio Postelegrafonico dotato di moderni mezzi tecnici, il Mercato dei viveri progettato a forma di esedra per “incorniciare” la casa natale del Duce, di modesta fattura, oggi vi si svolgono mostre d’arte a tema; le Case Economiche, assegnate ai dipendenti pubblici, il Teatro Comunale e lo stabilimento aereonautico Caproni col monogramma di Mussolini, la Caserma dei carabinieri e ancora altro. Predappio è un museo urbano a cielo aperto il cui “gioiello” è invece nascosto. “La Madonna del fascio / Fu composta in Portogallo; / Il suo autore or qui tralascio, / che la diede, senza fallo / nel lontano Ventisette, / in omaggio a Mussolini; / Questi, allora, la cedette, / per proteggere i bambini, / all’Asilo intitolato / a sua madre; e le suore, / in quel luogo consacrato, / custodiron con amore / quella bella Madonnina; / senonché dei partigiani / ne volevan la rovina / per il Fascio tra le mani…” è l’incipit di una poesia di Ada Negri (1870 /1945) la poetessa e scrittrice lombarda, prima e unica donna ad essere ammessa all’Accademia d’Italia. La Madonna del fascio di Predappio, è un pannello ceramico in azulejo (mosaico formato da piastrelle di circa 12 cm.), realizzato nel 1927 dagli artisti portoghesi Battistini e Silva che donarono il pannello al Duce, in attesa della conclusione dei lavori di ristrutturazione della Rocca della Caminate, al quale il mosaico era destinato, fu depositato all’oratorio e qui rimase. Il manufatto è molto bello in stile rinascimentale coi colori vivi e luminosi delle ceramiche, vi è raffigurata al centro la Madonna in trono col Bambino in braccio, circondata da angeli che suonano estasiati i violini, mentre negli archi alle sue spalle, sullo sfondo, sono visibili gagliardetti fascisti e stemmi sabaudi; ma il colpo di scena è in primo piano in basso: altri due angeli le portano in dono, stretto fra le braccia, un ingombrante fascio littorio, che Gesù benedice; ai lati due grandi vasi che contengono rami di quercia, simbolo di giustizia, di ulivo figura di pace  e spighe di grano emblema di fertilità della terra. Il fascio littorio è formato da un gruppo di bastoni legati assieme attorno a un’ascia, simbolo principale del fascismo da cui deriva pure il nome, nell’antica Roma erano portati dai littori i quali usavano le verghe per fustigare i delinquenti sul posto e l’ascia per le pene capitali. Caduto Mussolini i partigiani volevano distruggere la Madonna del fascio a colpi di piccone, ma le suore Orsoline lo coprirono dipingendovi sopra dei fiori, i partigiani quando arrivarono si fermarono stupiti e non vedendo più l’odiato simbolo non osarono colpire l’icona religiosa. Un successivo restauro avrebbe poi ripristinato l’originale.

immagine: Madonna del fascio

articolo già pubblicato sul quotidiano “La Voce di Romagna” il giorno 08/09/2014