Le storie di Malipiero

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Era nato un anno imprecisato di fine Ottocento, forse proprio il 1899. Non sapeva né leggere, né scrivere,  ma era un gran lavoratore, già a dieci anni portava sacchi e vangava, almeno era quello che raccontava a noi ragazzini. Io che ero molto più scettica da bambina che oggi, non credevo nulla di ciò che raccontava ma mi piaceva un sacco ascoltarlo, era come ascoltare delle favole. Molto povero, partì volenteroso e con molte speranze, per l’Africa, esattamente nella Libia. Erano gli anni Trenta e l’Italia tentava l’avventura coloniale in Libia. Malipiero, rideva raccontando di un suo amico “testone rosso”, che aveva famiglia e aveva talmente fame che “si sfogliavano le ossa”, che non partì perché non volle prendere la tessera del fascio, nonostante avesse visto i vantaggi che portava, Malipiero scuoteva il capo, se tieni famiglia devi abbassare la cresta, per loro, mica per te e questo non è un disonore. Malipiero partì con la valigia di cartone legata alla meglio. Gli piacque molto l’Africa, le donne erano molto belle e sorridenti, lui lavorava alla costruzione di una strada che non finiva mai. Si stava bene, cibo abbondante, ma c’era un grosso problema, il caldo causava una gran dissenteria, non te ne liberavi proprio per niente. A casa, nella campagna ravennate  la famiglia lo diede per disperso, egli in tre anni che stette via, non scrisse mai a casa, anche se i famigliari si erano raccomandati, a braccia in croce, di rivolgersi a qualcuno che sapesse scrivere e gli avevano dato un cartoncino su cui il prete aveva scritto i dati di Malipiero e il suo indirizzo. Lo stupore quando se lo videro davanti alla porta fu tanto, egli non aveva dato sue notizie, perché aveva perso il cartoncino col suo indirizzo di casa. Nel dopoguerra iniziò il duro lavoro di bracciante, aiutato da una cooperativa rossa, per riconoscenza iniziò a portare sempre una maglia rossa, e ad affiggere una copia fresca di giornata dell’Unità, la sua bibbia, alla sua porta di casa. Antesignano dei salutisti di oggi, si cibava dei prodotti del suo orto. Il suo più grande successo, era una vigna nata spontaneamente dai suoi escrementi; infatti, svuotava metodicamente il pitale nell’orto accanto al muro di casa, con grande sprezzo del vicinato. Rimasto vedovo decise di risposarsi. Si rivolse a un sensale, questi organizzò un pullman, con altri uomini nelle stesse condizioni di Malipiero, che partì per l’Abruzzo. Malipiero tornò con una sposa. Ridenti, chiassosi ed allegri, gli sposi viaggiavano su un’apecar, lui alla guida, lei seduta in poltrona sul cassone del veicolo, una volta affrontando la curva del paese, il furgone si inclinò e la sposa volò nella scarpata, fortunatamente illesa. Il racconto più strano di Malipiero, verteva su una notte in cui tranquillamente dormiva, era appena adolescente, allora abitava in un capanno a Porto Corsini, quando all’improvviso, sirene, urla, chi scappava di qua, chi di là, scontrandosi l’un l’altro, spari, boati, non si capiva nulla, chi diceva che c’erano gli austriaci con le corazzate, chi i cannoni. “Ma tu avevi paura?”. Alla nostra domanda solita, Malipiero rispondeva:“No, perché i più dicevano che la Guardia Marina non aveva capito nulla, che aveva scambiato un grosso tronco d’albero per una corazzata, solo dopo ho saputo che era un attacco austriaco della Grande Guerra, ma ormai era passato tutto”. E noi: “Buu”, non credevamo a una sola parola. Alle 15.30 del 23 maggio 1915 fu consegnata al governo austriaco la dichiarazione di guerra da parte dell’Italia. Alle ore 3.20 del 24 maggio, mentre Porto Corsini era sprofondato nel sonno, alcune navi da guerra della flotta austro ungarica entrarono nel porto canale cogliendo di sorpresa i militari della base. La flotta era salpata da Pola a mezzanotte, era composta da quattro torpediniere, un incrociatore e un cacciatorpediniere. Quest’ultimo avrebbe dovuto affondare i mezzi navali militari nel porto per bloccare il transito nel canale che da Porto Corsini va a Ravenna. Colpì invece alcuni pescherecci, il faro, la stazione di salvataggio e varie abitazioni private, ci furono diversi feriti, anche tra i civili, e il primo morto di guerra.
immagine: vecchia veduta di Porto Corsini

articolo già uscito sul quotidiano  “La Voce di Romagna” il giorno 01/06/2015