La favola di Capodanno

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Ormai sull’infinità dei gesti scaramantici, dei riti, delle tradizioni del Capodanno conosciamo tutto. Si mangiano le lenticchie che portano denaro, si indossa biancheria intima rossa perché porta fortuna, questo rito si dice risalga ai romani, il colore rosso porpora era riservato solo agli imperatori, essi erano addirittura Porfirogeniti, cioè dovevano nascere in una stanza rossa. Ci si bacia sotto al vischio, è benaugurale e una ragazza non può rifiutarsi di essere baciata. Se la ragazza non viene baciata vuol dire che non si sposerà durante l’anno. Si buttano le cose vecchie dalla finestra, per far posto metaforicamente a tutto ciò che ci accadrà nell’anno nuovo. Si mangia l’uva, dodici chicchi uno per ogni mese, e poi un sacco di altre cose che  si diversificano di Paese in Paese, ma tutte finalizzate a propiziare un Anno Nuovo migliore o perlomeno non peggiore. La data del Capodanno è cambiata nel corso del tempo, soprattutto nel Medioevo, ed è stata diversa anche da un luogo all’altro. I vari modi utilizzati per fissare l’inizio dell’anno si chiamano stili. C’è ad esempio lo stile della circoncisione col Capodanno che cade il 1° gennaio, cominciò con la riforma di Giulio Cesare, ma nel corso del Medioevo fu sostituito da altre date. C’è lo stile veneto con  Capodanno il 1° marzo, l’origine risale a quando non esistevano i mesi di gennaio e febbraio; fu usato, ma non solamente, nella Repubblica veneta fino al 1797. Lo stile dell’incarnazione con Capodanno il 25 marzo, detto anche fiorentino o pisano. Lo stile della Pasqua, utilizzato soprattutto in Francia, il quale comportava differenze fra un anno e l’altro di parecchi giorni, a motivo del fatto che Pasqua oscilla tra il 22 marzo e il 25 aprile. Nello  stile bizantino il Capodanno era al 1° settembre, l’anno iniziava quattro mesi prima; rimase a lungo in vigore a Bisanzio e, fino al XVI secolo, nell’Italia meridionale. Lo stile della Natività con il Capodanno il 25 dicembre era molto diffuso nel Medioevo, soprattutto nell’Italia settentrionale, e fu molto usato. E infine non molto tempo fa, durante la dittatura del fascismo, ci fu il tentativo di porre il Capodanno alla data del 28 ottobre, la data della marcia su Roma, infatti negli atti pubblici si aggiunse alla data corrente quello del calendario dell’era fascista che poneva come ultimo giorno dell’anno il 28 ottobre. L’ultimo giorno dell’anno simbolo di fine e inizio, è carico di aspettative e di simbologie molto forti. Auguro a voi un   Capodanno da favola narrandovi la rivisitazione della Piccola Fiammiferaia, che triste e sola muore il giorno di San Silvestro; è tra le fiabe più apprezzate di Hans Christian Andersen, pubblicata in Danimarca nel 1848. Andersen trattò nelle sue fiabe, il tema della “diversità”che crea emarginazione non meritata.“È la notte di Capodanno, e la Piccola Fiammiferaia è al freddo, a piedi nudi, a vendere fiammiferi. Non ha venduto ancora niente, ha tanto freddo ma non può tornare a casa perché ha paura di prendere le botte dal patrigno, non avendo incassato nulla. Cerca di scaldarsi accendendo i fiammiferi, ad ogni accensione appare un’immagine, prima una bella ragazza vestita come una principessa, poi altre persone eleganti che le si avvicinano sorridendole amorevolmente, infine anche un cucciolo di cane che le lecca, con una grande lingua ruvida, tutto il volto. La Piccola Fiammiferaia non ha più freddo. Una stella cadente le fa ricordare che la nonna le diceva che ogni stella cadente realizza un desiderio; accende così tutti i fiammiferi velocemente per vedere sempre più immagini, chiedendo con tutte le sue forze che le visioni si realizzino. Quando l’ultimo fiammifero si spegne, tutte le persone presenti, vestite eleganti per il cenone e il ballo, raccolgono la Piccola Fiammiferaia e la portano al caldo dentro al ristorante dove c’è un grande albero di Natale. La lavano nel bagno del ristorante, la coprono, chi con la giacca, chi con uno scialle, una bambina le dà le sue calde scarpette rosse, e poi la mettono a capotavola.‘E’un sogno?’, chiede la bambina.‘No, ora che ti abbiamo conosciuta, nessuno di noi ti lascerà e ti proteggeremo per sempre’, fu la risposta”.

 

immagine: La Piccola Fiammiferaia

 

articolo già pubblicato sul quotidiano “La Voce di Romagna” il giorno 29/12/2015