PERCHE’ I BOTTI A CAPODANNO

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In tutto il mondo si festeggia il Capodanno, per ogni Paese esistono diverse usanze, pagane o religiose. La mezzanotte segna un momento di passaggio, che ricorda al mondo la fine di qualcosa e l’inizio di un nuovo percorso. Tutti i riti di Capodanno hanno radici storiche molto antiche e radicate che spesso non sono conosciute. Perché ci si veste di rosso? Perché ci si bacia sotto il vischio? Perché porta bene mangiare le lenticchie o il melograno? Perché si sparano i botti? Perché si gettano le cose vecchie? In questo articolo mi soffermerò solo sull’usanza di sparare i botti e del lancio dei cocci. I botti o fuochi artificiali di Capodanno, sono l’intenzione di allontanare le forze del male e gli spiriti maligni che si scatenano, in un momento di passaggio dal vecchio al nuovo anno. Pare che gli spiriti maligni abbiano una certa riluttanza per i rumori forti. E’ per questo che a Capodanno è tradizione sparare fuochi d’artificio, ma soprattutto i petardi che con i loro botti spaventano diavoli e diavoletti. Anche il tappo dello spumante sparato per festeggiare la mezzanotte è ottimo per allontanare i malocchi vari. Il lancio dei cocci, è una tradizione nazionale, ma i napoletani la prendono più sul serio. Il rito vuole che a mezzanotte dell’ultimo dell’anno vengano gettati a terra (o in strada dalle finestre), piatti, bicchieri, oggetti in ceramica. Con questo gesto simbolico si cacciano via i mali sia fisici che morali che sono stati accumulati nel corso dell’anno. Sull’usanza dei botti, l’antropologo Marino Niola ci dice: “Il rumore, la folla, il fuoco, le grida. Il nuovo che nasce dal caos, la stagione che cambia, la terra che germoglia. Da secoli, l’uomo di ogni civiltà celebra i riti di passaggio, l’avvicendarsi delle stagioni, la fine di un anno e l’inizio di un tempo nuovo, con il fuoco e il rumore. Da questa tradizione discendono i botti di Capodanno, che tante polemiche hanno scatenato negli anni per la loro carica distruttiva, le vite ferite, le mani amputate, gli occhi accecati. Un rito, e un business, divenuti ormai serbatoio di episodi da cronaca nera, tanto che, da Torino a Palermo, sindaci di ogni colore politico si sono detti favorevoli a fermare i botti la notte del 31 dicembre e hanno emesso ordinanze perché la decisione sia rispettata(…)Si tratta di un modo di rendere solenni i grandi momenti che ha origini molto antiche nel tempo. Si ha notizia di riti di passaggio celebrati con il fuoco e con il rumore già nel mondo mediterraneo precristiano. Nel ‘600 questo tipo di celebrazione acquisì un carattere regale, veniva organizzata e vissuta nelle corti. Poi con l’invenzione della polvere da sparo i due elementi, fuoco e rumore, sono stati fusi(…) È sacrosanto fare dei controlli, anche se poi ti guardi in giro e vedi che molte vendite illegali vengono fatte alla luce del sole e ti chiedi perché nessuno dica niente. Ma è stupido vietare i botti. Non sono per gli eccessi tutori, se uno vuole farsi male che sia libero di farlo. A condizione però che non faccia del male agli altri”. I  botti oggi rappresentano anche l’allegria per l’arrivo del nuovo anno … come risolviamo il problema coi nostri cani“fobici”? Cioè quei cani che sono sensibili non solo ai botti, ma spesso anche ai tuoni dei temporali. Non tutti i cani hanno paura dei petardi o dei fuochi artificiali, pensate ai cani da caccia a esempio. Comunque che fare con questi cani? I proprietari, invece di uscire, devono tenere i loro cani in casa, anche quelli che di solito vivono in giardino e stare con loro, non solo perché potrebbero fuggire terrorizzati dai botti, ma anche perché non mancano mai gli scriteriati, che si divertono a lanciare petardi sugli animali. Il cenone si può fare anche in famiglia assieme all’amico cane, festeggiando ancora di più con il tuo amico fedele. E si è soli, si sta col cane, a cui si può mettere un fiocco rosso, si può cantare al Karaoke, si può ballare, si può farlo anche da soli, poi a mezzanotte si beve una coppa di spumante, baciando il muso del cane sotto al ramo di vischio, si lancia la coppa dietro alle spalle fuori dalla finestra, facendo molta attenzione, e magari si accende una petardo/girandola. Felice Anno Nuovo a tutti voi.

 

  articolo già  pubblicato sul quotidiano  “La Voce di Romagna” il giorno 28/12/2015

La favola di Capodanno

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Ormai sull’infinità dei gesti scaramantici, dei riti, delle tradizioni del Capodanno conosciamo tutto. Si mangiano le lenticchie che portano denaro, si indossa biancheria intima rossa perché porta fortuna, questo rito si dice risalga ai romani, il colore rosso porpora era riservato solo agli imperatori, essi erano addirittura Porfirogeniti, cioè dovevano nascere in una stanza rossa. Ci si bacia sotto al vischio, è benaugurale e una ragazza non può rifiutarsi di essere baciata. Se la ragazza non viene baciata vuol dire che non si sposerà durante l’anno. Si buttano le cose vecchie dalla finestra, per far posto metaforicamente a tutto ciò che ci accadrà nell’anno nuovo. Si mangia l’uva, dodici chicchi uno per ogni mese, e poi un sacco di altre cose che  si diversificano di Paese in Paese, ma tutte finalizzate a propiziare un Anno Nuovo migliore o perlomeno non peggiore. La data del Capodanno è cambiata nel corso del tempo, soprattutto nel Medioevo, ed è stata diversa anche da un luogo all’altro. I vari modi utilizzati per fissare l’inizio dell’anno si chiamano stili. C’è ad esempio lo stile della circoncisione col Capodanno che cade il 1° gennaio, cominciò con la riforma di Giulio Cesare, ma nel corso del Medioevo fu sostituito da altre date. C’è lo stile veneto con  Capodanno il 1° marzo, l’origine risale a quando non esistevano i mesi di gennaio e febbraio; fu usato, ma non solamente, nella Repubblica veneta fino al 1797. Lo stile dell’incarnazione con Capodanno il 25 marzo, detto anche fiorentino o pisano. Lo stile della Pasqua, utilizzato soprattutto in Francia, il quale comportava differenze fra un anno e l’altro di parecchi giorni, a motivo del fatto che Pasqua oscilla tra il 22 marzo e il 25 aprile. Nello  stile bizantino il Capodanno era al 1° settembre, l’anno iniziava quattro mesi prima; rimase a lungo in vigore a Bisanzio e, fino al XVI secolo, nell’Italia meridionale. Lo stile della Natività con il Capodanno il 25 dicembre era molto diffuso nel Medioevo, soprattutto nell’Italia settentrionale, e fu molto usato. E infine non molto tempo fa, durante la dittatura del fascismo, ci fu il tentativo di porre il Capodanno alla data del 28 ottobre, la data della marcia su Roma, infatti negli atti pubblici si aggiunse alla data corrente quello del calendario dell’era fascista che poneva come ultimo giorno dell’anno il 28 ottobre. L’ultimo giorno dell’anno simbolo di fine e inizio, è carico di aspettative e di simbologie molto forti. Auguro a voi un   Capodanno da favola narrandovi la rivisitazione della Piccola Fiammiferaia, che triste e sola muore il giorno di San Silvestro; è tra le fiabe più apprezzate di Hans Christian Andersen, pubblicata in Danimarca nel 1848. Andersen trattò nelle sue fiabe, il tema della “diversità”che crea emarginazione non meritata.“È la notte di Capodanno, e la Piccola Fiammiferaia è al freddo, a piedi nudi, a vendere fiammiferi. Non ha venduto ancora niente, ha tanto freddo ma non può tornare a casa perché ha paura di prendere le botte dal patrigno, non avendo incassato nulla. Cerca di scaldarsi accendendo i fiammiferi, ad ogni accensione appare un’immagine, prima una bella ragazza vestita come una principessa, poi altre persone eleganti che le si avvicinano sorridendole amorevolmente, infine anche un cucciolo di cane che le lecca, con una grande lingua ruvida, tutto il volto. La Piccola Fiammiferaia non ha più freddo. Una stella cadente le fa ricordare che la nonna le diceva che ogni stella cadente realizza un desiderio; accende così tutti i fiammiferi velocemente per vedere sempre più immagini, chiedendo con tutte le sue forze che le visioni si realizzino. Quando l’ultimo fiammifero si spegne, tutte le persone presenti, vestite eleganti per il cenone e il ballo, raccolgono la Piccola Fiammiferaia e la portano al caldo dentro al ristorante dove c’è un grande albero di Natale. La lavano nel bagno del ristorante, la coprono, chi con la giacca, chi con uno scialle, una bambina le dà le sue calde scarpette rosse, e poi la mettono a capotavola.‘E’un sogno?’, chiede la bambina.‘No, ora che ti abbiamo conosciuta, nessuno di noi ti lascerà e ti proteggeremo per sempre’, fu la risposta”.

 

immagine: La Piccola Fiammiferaia

 

articolo già pubblicato sul quotidiano “La Voce di Romagna” il giorno 29/12/2015