Compassione dove sei ora?

dareUnaManoColoraLaVita

 

Anni fa, una sera fredda d’inverno, trovammo seduto sul ciglio della strada, del mio piccolo paese,       un tunisino o forse un marocchino. Erano gli anni ‘70, gli immigrati erano pochi e questi pochi facevano un sacco di affari con la vendita delle loro “cineserie”. Era festa quando arrivava uno di loro, tutti compravano, quasi tutti avevano in casa una specie di lampada luminosa, che vendevano loro a basso costo, a steli luminosi  di colore arancione, l’antesignana  dei led, l’avrei voluta tanto anch’io, ma a mia madre non piaceva per niente. L’immigrato aveva la testa fra le mani, era disperato, era senza soldi ed aveva fame. Fra i paesani fu una gara per offrirgli cibo e pacche sulle spalle. Fu organizzata una colletta e fu portato alla stazione dei treni, gli comprarono il biglietto e lo abbracciarono. Per lungo tempo si parlò di lui chiedendoci fra di noi: “Starà bene?”. Oggi quelle stesse persone, uguali a come siamo noi tutti, hanno paura di loro, e questa paura blocca la nostra compassione. Il termine “compassione” è oggi fuori moda, è “out”, e non esiste niente di peggio che essere fuori moda, significa essere fuori dal divertimento, essere fuori  dal giro della gente che conta. Se vuoi valere devi essere “in”, “vip” e giù di lì. Ma attenzione l’outsider anche se non è uno dei favoriti a sorpresa può vincere. Dall’etimologia e  dal significato di “compassione” si possono conoscere valori dimenticati, forse non modaioli e quindi non relativi, valori validi in ogni tempo e luogo. “Compassione” deriva dal latino cum (con) e passio (dolore), quindi il significato è il soffrire insieme, ma anche il provare sentimenti di grave intensità, capaci di dominare interamente un essere umano. Infatti vi è anche la passione in amore, la passione per gli hobby, ma abbiamo dimenticato l’origine più vera del termine, quello di provare dolore e partecipazione per le disgrazie e i dolori dell’altro, a prescindere dalla sua appartenenza sociale o geografica o religiosa. Fra i sinonimi troviamo: commiserazione, misericordia, pietà, compatimento; mentre fra i contrari ricordiamo: indifferenza, spietatezza, invidia. Nel mondo in cui viviamo, e non solo quello occidentale, riscontriamo sempre più il dominio dell’indifferenza e dell’invidia e a volte siamo addirittura spietati. Forse abbiamo singolarmente delle colpe, ma la colpa maggiore ce l’ha la società che ci ha inculcato il nichilismo e l’indifferenza, che ci ha ingannato con una ricerca falsa di felicità. Urla di dolore salgono dall’Africa che ha fame e dall’occidente che è grasso. I bimbi affamati dell’Africa sofferenti come molti nostri giovani  che hanno il mal di vivere ma cosa ha combinato la nostra società? Forse ha ragione il Papa, il diavolo è fra di noi, il diavolo dell’invidia che fa vedere l’oro dove non c’è. In occidente i più sensibili non hanno scampo, sono trinciati, non dal mercato o dalla globalizzazione, ma dalla mancanza di rispetto per se stessi e per gli altri, dalla mancanza di amore. Una società che ti insegna la forza, non quella interiore, ma quella fisica. Quando andavo alle elementari, nell’ora di ricreazione, si faceva il gioco della sedia. Un numero inferiore di sedie, quando la musica terminava, occorreva sedersi, qualcuno rimaneva senza sedia ed era escluso dal gioco. Io ero sempre la prima ad essere esclusa perché non riuscivo a spintonare. Una sola volta per un caso si realizzò il mio desiderio, conquistai il posto a sedere, ebbene arrivò un maschietto e con uno spintone mi fece finire col sedere per terra. Mi rialzai, con uno sforzo enorme cercando di non piangere, arrivai al mio banco e poi piansi tutte le lacrime del mondo. Accorsero le maestre, alle loro domande risposi che avevo mal di pancia, l’orgoglio mi impedì di dire la verità. Certo è una mancanza di sensibilità piccola. Far pagare il parcheggio all’ospedale, come si fa oggi in molte città, è un difetto lieve se volete, ma non insegna ad amare, ad avere compassione per l’altro in difficoltà; togliere le panchine o sostituirle con quelle anti/barbone può essere utile sul momento ma quale esempio di solidarietà per le generazioni future? Le piccole cose generano col tempo uragani.

  articolo già pubblicato sul quotidiano  “La Voce di Romagna” il giorno 05 maggio 2014