Gatto mammone è lui il veltro

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“L’esoterismo di Dante” è un libro pubblicato nel 1925 da Renè Guenon, scrittore esoterista convertitosi all’ Islam, nel quale sostiene che Dante Alighieri sarebbe stato membro di un ordine segreto e che nella Divina Commedia ci sarebbero messaggi nascosti. Egli ritiene che le tre cantiche del Poema rappresenterebbero un percorso iniziatico: l’Inferno sarebbe il mondo profano, ovvero abitato da persone che non avrebbero ricevuto l’iniziazione; il Purgatorio si riferirebbe alle prove iniziatiche ed il Paradiso sarebbe la residenza degli “illuminati”. Gli illuminati sarebbero dei massoni, li identificherebbe dal numero tre ricorrente nella divina commedia, tre sono i principi massonici (libertà, uguaglianza e fratellanza), tre le virtù teologiche (fede, speranza e carità) e tre gli elementi alchemici (zolfo, mercurio e sale), necessari per creare la “grande opera”. Aldilà di ciò, Dante è indecifrabile e imperscrutabile anche agli studiosi, le sue invettive sfuggono come anguille dalle mani. “E più saranno ancora, infin che’l veltro/ verrà, che la farà morir con doglia./Questi non ciberà terra né peltro,/ ma sapïenza, amore e virtute,/ e sua nazion sarà tra feltro e feltro” (Inferno Canto I). Il significato letterale è più o meno questo:“La lupa si accoppia a numerosi animali (intesi come vizi), sempre di più finché il veltro arriverà, e la ucciderà con dolore. Egli non avrà bisogno né di terra né di denaro (peltro), ma di sapienza, amore e virtù, e la sua origine sarà umile (feltro inteso come panno di poco pregio, ma c’è anche chi vi ha letto un’indicazione geografica, tra Feltre e Montefeltro). Il veltro anticamente era ritenuto un cane da caccia, molto veloce, forse il levriero, nel mito partecipava alla Caccia Selvaggia, quest’ultima ha come antica origine, l’incarnazione dei ricordi di guerra, i miti agricoli, il culto degli antenati. Gli studiosi ritengono che Dante per questo Canto si sia servito del serventese romagnolo, tipo di componimento sorto intorno al XIII sec., che tratta di un incitamento da parte di un giullare ghibellino a Guido da Montefeltro. Vi sono diversi tipi di serventese, uno di questi è di un anonimo del Duecento, narra di un gatto mammone che si accompagna ai cavalieri di Artù, è anche il protagonista del Detto del Gatto Lupesco. “Come altri uomini vanno girando il mondo, chi per guadagnare e chi per rimetterci, così l’altro giorno io me n’andavo per una strada, immerso in lieti pensieri, e andavo pensando a un mio amore e camminando a capo chino. A questo punto uscii dalla strada e imboccai un sentiero e incontrai due cavalieri della corte di Artù, che mi dissero: ‘Tu chi sei?’ . E io, salutandoli, risposi: ‘Chi io sia è ben chiaro. Io sono un gatto lupesco, che a ciascuno tendo un’esca, (per vedere) chi non mi dice la verità. Perciò voglio sapere dove andate, e voglio sapere di dove siete e da dove venite’. E loro mi dissero:‘Ascoltate, e vi diremo ciò che volete, dove andiamo e da dove veniamo. Siamo cavalieri della Bretagna, e veniamo dal monte che si chiama Mongibello (l’Etna). Vi abbiamo a lungo dimorato per apprendere e per scoprire la verità sul nostro sire, re Artù, che abbiamo perduto e di cui non conosciamo la sorte. Ora torniamo alla nostra città, nel regno d’Inghilterra. Addio, signor gatto, a voi e ai vostri affari”. Il gatto lupesco è chiamato anche mammone e insieme a quello degli stivali hanno in comune la furbizia, la ferocia e premiano i buoni punendo i cattivi che siano loro il veltro di Dante? La tradizione del gatto mammone affonderebbe le radici nell’antico Egitto, in cui i gatti erano animali sacri e simboli di fertilità poi demonizzati nel Medioevo. Secondo altre interpretazioni, la parola “maimone” deriverebbe dall’arabo e avrebbe sia il significato di “benedetto, di buon auspicio” che quello “di mandrillo e di scimmia”. Il gatto mammone appare di frequente nelle fiabe e nella letteratura di tradizione italiana, pure nel Milione di Marco Polo. Nella letteratura tedesca, nel Faust di Goethe, vi è una gatta mammona che vive in mezzo ai filtri magici, viene incaricata da Mefistofele di preparare una pozione in grado di ridare la gioventù al protagonista.

immagine: William Blake raffigura il Purgatorio di Dante

 articolo già pubblicato sul quotidiano “La Voce di Romagna” il giorno 07/12/2015