LE VASCHE PREISTORICHE

Manifesto vasche rupestri-2

In Alta Valmarecchia, in uno scenario molto suggestivo, fra monti, boschi e sorgenti, si trovano testimonianze dell’archeologia preistorica, sono le cosiddette vasche rupestri, note anche come “are sacrificali”. Tutti i manufatti presenti nell’area vengono classificati nelle tre tipologie, dettate dalla loro morfologia: vasche singole, vasche plurime, vasche aperte. Probabile reminiscenza di antichi riti cultuali, alle vasche rupestri della Valmarecchia vengono attribuite diverse funzioni, lungo ai secoli, tutti riconducibili o all’ambito produttivo o a quello rituale. La loro presenza fa pensare che questi monti e la valle sottostante fossero fin dall’antichità un’importante via di comunicazione tra la Romagna e l’Italia centrale. La tradizione orale attribuisce alle vasche scavate nella roccia nomi come “ara sacrificale” o “letto” di questo o di quel Santo. In queste “are”, alcune delle quali si trovano vicino a edifici sacri, si effettuavano forse riti sacrificali legati al culto delle acque, mentre i “letti”, ognuno legato a un Santo vengono ritenuti, dalla popolazione locale, taumaturgici per il mal di schiena o il mal di testa. Per i Celti le montagne, le rocce, i massi, i sassi erratici erano la divinità manifesta, e tutti i loro culti hanno al centro la roccia. Le loro chiese erano i boschi sacri. Le vette delle montagne erano le loro cattedrali, in quanto erano il luogo più vicino al cielo, scrutavano le stelle, osservavano quel cielo che a volte mandava acqua, fuoco, neve, grandine, e dove c’è il Sole e la Luna. L’esplorazione del cielo era vitale per loro e forse conoscevano sulla meteorologia più di quello che conosciamo noi. Per i Celti, dalla pietra delle montagne nasceva l’acqua e la fertilità. Le montagne le rocce, i culti delle acque e degli alberi sopravvissero a tutte le religioni. Nel concilio di Tours del 567 si riconosceva che la figura di Cristo, nelle zone montane più impervie, era ancora praticamente sconosciuta e si invitavano i religiosi a scacciare le persone che si dedicavano al culto delle pietre, degli alberi, delle fonti o di altri luoghi designati come pagani. Lo stesso argomento viene poi ripreso in un documento di Carlo Magno del 789. L’effetto taumaturgico per il mal di schiena e il mal di testa dei cosiddetti letti intitolati ai Santi, fa pensare che su quelle pietre ai tempi dei Celti, dei Goti o dei Longobardi si svolgessero riti di sangue. I Longobardi avevano i culti dei popoli germanici, risolvevano i conflitti tramite i giudizi di Dio o i sacri duelli, praticavano l’antropofagia rituale e l’immolazione dei teschi agli dei, si sa pure di rituali più violenti, quelli dei Vichinghi in cui alla vittima prescelta, ancora viva, veniva praticata una profonda incisione sulla schiena dalla quale venivano estratti i principali organi, tale rito era chiamato Aquila di sangue. I Celti invece costruivano colossali immagini antropomorfe di giunchi o di legno che riempivano di uomini e bestiame, poi vi appiccavano il fuoco ed esse ardevano con tutto ciò che c’era dentro, di cui rimane oggi un ricordo nei “pagliacci” che si bruciano nelle varie feste o sagre. Lungo la strada che porta a Pennabilli troviamo anche il Sasso di San Francesco dove si dice che il Santo si sia fermato a riposare, il sasso a forma di sedile è ricoperto da pietre perché chi si ferma qui in preghiera, lascia un sasso, al punto che ormai il sedile è nascosto da una piccola montagna. L’umanità preistorica immaginava che come il Dio rendeva feconda la terra attraverso la roccia lo stesso poteva accadere per le donne, le quali strisciando sopra questi sacri massi si assicuravano la capacità di procreare. Usanza che ancora resiste, al Santuario di Oropa, vicino a Biella, dedicato alla Madonna Nera, vi è un masso erratico, popolarmente chiamato “ròch dla vita” (sasso della vita) e tramandato come “pietra della fecondità”: le donne vi si strofinavano per propiziare una gravidanza o un parto. Ciò che ci dicono i reperti, i sassi e le vasche dell’Alta Valmarecchia è qualcosa di antico, di sacro e di mostruoso che non si è del tutto dissolto, anche la Chiesa si fonda sulla pietra, quella angolare e su Pietro.

 

 articolo già pubblicato sul quotidiano “La Voce di Romagna” il giorno 07/03/2016