Tartarughe paradossali

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Anno scorso nel mese di luglio in bicicletta mentre transitavo accanto al Pala de Andrè di Ravenna, costeggiando il canale che passa lì vicino, ho fatto un salto sul sellino, l’acqua era piena di schiuma giallastra che aumentava a vista d’occhio! Preoccupata mi sono fermata, ho osservato meglio e sorpresa… erano centinaia di minuscole tartarughe gialle. L’Emys  orbicularis, meglio conosciuta come tartaruga palustre europea è una specie protetta, a rischio estinzione  causa l’inquinamento delle acque. Le Emys  sono stanziali e abitudinarie tanto che una volta trovato un nido o una tana continuano ad utilizzarla per molto tempo. Da ottobre a marzo le Emys  sono in ibernazione quasi totale fin quando l’acqua non raggiunge una temperatura di 10°. L’accoppiamento che può durare anche un’ora, avviene in acqua nel periodo primaverile; la deposizione  delle uova avviene dopo circa  30 giorni. I luoghi preferiti per la collocazione sono di solito asciutti, esposti al calore dei raggi solari e in prossimità delle rive. Le femmine, in gruppi,  depongono  ciascuna circa 10 uova nel loro nido. Dopo circa 80 giorni nascono i piccoli, essi sono dotati di un “dente dell’uovo”,  che poi scomparirà, serve a loro per rompere il guscio. Tante piccole tartarughe però poche di loro ce la faranno a vivere, già la natura ha deciso così, infatti la maggior parte dei piccoli, vengono catturati dagli uccelli prima che riescano a nascondersi, ma ci si mette anche l’uomo, in Cina ad esempio c’è il commercio delle loro uova. La tartaruga quando depone le uova piange, c’è una valida  spiegazione scientifica: lacrimando espelle il sale, ma le lacrime  non potrebbero essere anche di dolore? In dialetto romagnolo la tartaruga è detta: “besa galâna”, perché sta sotto terra come una biscia e razzola come una gallina. Nella mitologia greca la ninfa Chelone, dalla quale la tartaruga prende il nome, avendo  offeso Zeus ed Era, fu punita dagli dei che la lanciarono  in mare e la condannarono  a recare sul dorso la propria casa. Il dio Ermes invece uccise una tartaruga e col suo carapace e sette corde costruì la prima lira che regalò ad Apollo, e questi al figlio Orfeo. La tartaruga è simbolo di protezione, saggezza  longevità e immortalità. Legato alla tartaruga vi è un famoso problema matematico:  il paradosso di Achille e la tartaruga. Il filosofo Zenone se ne serviva per dimostrare l’inesistenza dello scorrere del tempo nella realtà, e perciò del divenire.  Zenone, allievo di Parmenide,  era certo della staticità  dell’essere, e dell’illusorietà del movimento. Achille  dà un vantaggio di dieci metri alla tartaruga; quando Achille avrà percorso quei dieci metri, la tartaruga, data la sua lentezza, avrà percorso solo un metro. Quando Achille avrà raggiunto anche quel metro, la tartaruga avrà percorso un decimo di metro, e così all’infinito; in questa maniera sembra impossibile per Achille raggiungere la tartaruga.  Aristotele fu il primo a decifrarlo, oggi un qualsiasi studente lo sa risolvere. Ma l’entrata in campo della meccanica quantistica ha riproposto il paradosso in termini probabilistici … in fin dei conti Achille prima di raggiungere la tartaruga può infilarsi uno spino nel tallone!  “Zenone è incontestabile, a meno di confessare l’idealità dello spazio e del tempo. Accettiamo l’idealismo, accettiamo l’accrescimento concreto di quanto è percepito, e potremo eludere il brulicare di abissi del paradosso. Ritoccare il nostro concetto dell’universo, per quel pezzettino di tenebra greca?”(J. L. Borges) Noi non abbiamo timore di ritoccare il concetto dell’universo basta una poesia. “ La besa galâna/ La m’è sèmpar piaʂuda ,/ srêda int e’ su mond/ la s’arves e la s’asëra/ sgond dagli ucaʂion./ A s’arven nenca  nó piân piân,/a gvarden la luʂ  ad tre staʂon/ e a i prem fred a s’sren int un grâñ sòn./ A s’ʂvigiaren pu, Signór:/e’ bur d’afat l’è brot. (La tartaruga mi è sempre piaciuta chiusa nel suo guscio si apre e si chiude secondo le occasioni. Ci apriamo anche noi pian piano, guardiamo la luce di tre stagioni e ai primi freddi ci chiudiamo in un grande sonno. Ci sveglieremo pure, Signore il buio completo è brutto).  Nevio Spadoni noto poeta romagnolo.

 

 

immagine: tartarughe ninjia

articolo già pubblicato sul quotidiano “La Voce di Romagna” il giorno 21/07/2014