STEVE VAI a RAVENNA

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Nietzsche si occupa della tragedia greca  in “La nascita della tragedia”. La sua ricerca è verso l’arte, sull’apollineo e il dionisiaco. Apollo è il dio dell’equilibrio, della misura, nell’arte rappresentata dalla scultura. Dioniso è il dio della sfrenatezza, dell’estasi, nell’arte è rappresentato dalla musica. Per ascoltare la musica e viverla occorre lasciarsi andare, non esiste musica colta o musica popolare esiste musica per vari stati d’animo, e il nostro animo il nostro interiore è molto sfaccettato. Il Ravenna Festival si sforza da anni di regalare alla città e a tutti gli amanti della musica l’ascolto di tutti i generi, da quella sacra, quella classica, la dodecafonica, il jazz, il pop, l’africana, il rock e quest’anno anche il liscio. Dispiace però vedere che c’è la divisione sociale pure qui. Da una parte quelli dell’opera lirica classica, dall’altra i metallari col bicchiere di birra, che non sono poi più tanto giovani. I primi di mezza età ben vestiti guardano in tralice gli altri che a ben vedere applaudono prima della fine del brano musicale, non capendo che il finale è la ciliegia sulla torta di tutte le opere d’arte. Erano presenti anche tanti ragazzini accompagnati dai loro genitori, mancava solo l’ élite che non saprà mai cosa si è persa. Sto parlando della sera del 15 giugno ad una serata al Pala de Andrè  con Steve Vai e la Evolution Tempo Orchestra. Steven Siro “Steve”  Vai è un chitarrista americano di origini italiane. La sua attività musicale oltre a quella chitarristica, si espande anche a livello di composizione e produzione, lo ha portato a vendere circa 15 milioni di dischi e vincere 3 Grammy Awards. E’ uno dei più grandi chitarristi viventi chiamato il Paganini della chitarra. Io non sapevo neanche chi era, mi sono fidata di un amico musicista che mi ha detto, devi ascoltarlo. Ho fatto un po’ di ricerche su you tube, non compro più biglietti a scatola chiusa, c’è la crisi e da qualche parte occorre tagliare, mi è piaciuto ed ho comprato un posto al quarto settore, l’equivalente del loggione in teatro. Sorpresa, il Pala de Andre, era semivuoto e mi hanno fatto accomodare in platea, mi sono detta la serata inizia bene, continuerà meglio. Non ero però pronta per ciò che mi aspettava. L’atmosfera iniziale era in stand by poi è divenuta  satura di religioso raccoglimento. Ci siamo trovati tutti in piedi, per dimostrare il nostro apprezzamento, senza disturbare la musica con un applauso. Steve ci portava in  paradiso con note struggenti, poi all’inferno, saltando a piè pari il purgatorio, con il clamore dei diavoli. Il duettare di Steve con i violini, mi fa venire la pelle d’oca anche ora. Io non ho mai visto né ascoltato nulla del genere, i suoi denti sulla chitarra erano come affondati nel mio braccio. Certo i miei vicini di poltroncina mi guardavano dall’alto in basso perché avevo la bocca spalancata, mi succede quando sono stupita, arrivavano da Verona ed erano fan di Steve. Steve  nei suoi brevi intermezzi parlati non ha mancato di dispensare complimenti all’Italia, e al Festival per l’invito ricevuto e ha ricordato le sue origini italiane. Non è solo un grande artista ha anche modi cortesi ed umili, sul palco diverse chitarre, da ognuna traeva suoni diversi. A volte pareva che non  avesse fra le braccia una chitarra, ma un violino o un pianoforte o… un cavallo e con un’apoteosi salisse al cielo.

immagine: Steve Vai in concerto a Ravenna

 articolo già pubblicato sul quotidiano “La Voce di Romagna”