Un mondo sotto Sarsina

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Sarsina una probabile entrata per la Terra cava ovvero per Agarthi? La Terra è suddivisa in diversi strati, ciascuno dei quali con proprietà chimiche e fisiche diverse. Si divide in un nucleo interno fluido e un nucleo esterno solido. Ma nel passato, ed ancora oggi, con strane storie di complotti sul dominio della Terra, si narra che la Terra sia cava, lo stesso Platone affermava che vi era un grande sovrano al centro della Terra. Più tardi Renè Guenon lo chiamerà ‘Il re del mondo’ intendendo Agarthi non un luogo reale ma riconoscendola come il Giardino delle tradizioni religiose. Giardino o Centro del Mondo, e quindi ‘caverna’, dove sono nascoste le tradizioni, il cuore propulsivo della nostra creazione. La teoria della Terra cava è una storia che ha affascinato molte persone tra cui Edmund Halley (lo scopritore della famosa cometa), i suoi studi sull’elettromagnetismo terrestre lo portarono ad ipotizzare che la Terra fosse cava e che al suo interno, nel centro, fosse situato un sole. Jules Verne, nel suo famoso romanzo ‘Viaggio al Centro della Terra’, trae spunto proprio dalla teoria della Terra cava. C’è poi l’improbabile storia di Olaf Jansen, un pescatore norvegese partito da Stoccolma nel 1829 con suo padre, e giunto attraverso un’apertura nel Polo Nord al centro della Terra. Due anni sarebbe vissuto con gli abitanti di Agarthi. Altre colonie sarebbero delle città più piccole situate all’interno della crosta terrestre o dentro le montagne. I cataclismi e le guerre avvenute sulla superficie avrebbero spinto il popolo di Agarthi a stabilirsi sottoterra. Tali sconvolgimenti avrebbero avuto come causa la guerra tra Atlantide e Lemuria. Olaf ritornando sulla superficie e raccontando le sue vicissitudini fu internato in un manicomio per 28 anni. Il maresciallo nazista Hermann Goering credeva alla teoria della Terra cava, ma lui non osarono internarlo, anzi ci furono soldi per le esplorazioni dei Poli. Nel 1942 ci fu uno strano esperimento che si risolse con un fallimento, l’ira del Fuhrer fu fulminea e i più fanatici sostenitori della teoria sulla Terra cava vennero inviati nei campi di concentramento. L’esistenza di Agarthi è stata considerata seriamente da numerosi europei,  anche dai seguaci della teosofia della veggente Madame Blavatsky, dalle cui dottrine trasse ispirazione, tra gli altri, anche la Società Thule, la società segreta di estrema destra che costituì il nucleo originale del Partito nazista di Hitler. Nel 1914 l’astronomo americano Marshall brevettò la scoperta della Terra cava all’Ufficio Brevetti degli Stati Uniti. E perché Sarsina sarebbe stata un tempo, una porta per il misterioso centro della Terra? Vi propongo qualche ipotesi. Nel Museo Nazionale di Sarsina si trova un mosaico monocromo con un cerchio con due aperture alle estremità, il tutto contornato da spirali, al centro il fiore della vita e una stella a otto punte,  è chiaramente l’emblema della Terra cava con gli ingressi nei Poli, qualcuno nel I secolo, a Sarsina conosceva quel simbolo. Oltre ai Poli vi erano entrate minori, vicino alle quali stazionavano i druidi, gli antichi sacerdoti celti, eredi dell’antico sapere legato alla Natura e alla Terra, quelli che poi si integreranno con l’iniziale cristianesimo. San Vicinio, Patrono  di Sarsina molto probabilmente lo era. Infine nell’area del Parco Comunale dei Giganti di Sarsina si trovano due fenomeni geologici, le cosiddette marmitte dei giganti, che la fantasia popolare ha riconosciuto come enormi marmitte in cui scaldare i cibi dei giganti. Qualcuno ritiene di individuare nel popolo di Atlantide i giganti mitologici che diedero la scalata all’Olimpo. Magari i druidi non erano più simili a Polifemo ma perlomeno avranno mantenuto delle correlazioni, come ad esempio il terzo occhio (Polifemo aveva solo quello) che dà veggenza e sapienza, il vivere nelle caverne e poi la paternità di molti megaliti come quello di Stonehenge, luogo indecifrabile chiamato anche “La Danza dei Giganti”. Sabato 19 settembre alla  Galleria  d’ Arte MAF, Via Mazzini 20, a Forlì, alle ore 17.00 presenterò il mio romanzo “Ár var alda” che tratta appunto della misteriosa Terra cava.

immagine: Mosaico Terra cava, Sarsina

articolo già pubblicato sul quotidiano “La Voce di Romagna” il giorno14/09/2015

Storie di Sarsina

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Lungo la E45, superstrada per Roma, a 30 km da Cesena si trova Sarsina un paese di origine antichissima, forse fondato da popolazione di origine umbra verso il V secolo a.C. Questi Umbri pare che non fossero altro che una propaggine dei Celti o se volete dei Galli. Un tempo Sarsina era chiamata Sassina e tutto ciò che è legato all’etimologia del sasso è allacciato alla religiosità celtica. Il paese è situato nella valle del Savio, l’antico Sapis, derivazione da cui ha origine il nome per la tribù Sapina (cioè i Sabini che discendono per migrazione dagli Umbri, quei Sabini a cui i Romani rapirono le donne, le Sabine erano reputate modello di onestà e prudenza). Successivamente la diocesi di Sarsina viene chiamata col nome di Bovium o Bobium per tutto il Medioevo, il vescovo porta ancora il titolo di conte di Bobbio.L’etimologia della denominazione Bobbio, viene attribuita alla presenza in queste terre dei Galli Boi.  Sarsina ha anche un altro fiumiciattolo, denominato Borello affluente del Savio. Per l’origine di questo toponimo è opportuno fare riferimento alla derivazione del nome Borro, del quale Borrello costituisce un diminutivo, un termine della lingua celtica con significato di fiero, altero, grande, eroe. Già nel III secolo a.C. Sarsina governava un grande stato che comprendeva alcune vallate romagnole e l‘alto Tevere, quindi Sarsina era già un luogo molto importante prima dei Romani, i quali la conquistarono nel 266 a.C. Nel I secolo a.C. Roma diede la concessione della cittadinanza romana a tutte le città federate tra cui Sarsina  la quale ebbe un buon sviluppo economico ed urbanistico con la costruzione di mura e la presenza di mausolei per i notabili del luogo. Chi visita il Museo Archeologico di Sarsina si troverà sorpreso per la magnificenza dei tappeti  in mosaico policromo che raffigurano il “Trionfo di Dionisio”, Il dio è rappresentato sopra un carro trainato da tigri, e accompagnato da un giovane satiro e da Pan, attorniati da animali e uccelli. Poi epigrafi e lastre funerarie affiancate all’imponente Mausoleo di Rufo, alto 14 metri. Molto importanti sono anche le attestazioni dei numerosi culti praticati, legati al mondo greco, alla tradizione italico-romana, fino al mondo orientale. Nel Museo è conservato, un gruppo di statue raffiguranti divinità frigie ed egizie, che costituivano il santuario più importante dell’Italia settentrionale dedicato a questi culti. Tra queste emerge per bellezza la statua di Attis: rinvenuta nel 1923  è alta 150 cm. Ridotta in frammenti, forse dai primi cristiani, è stata oggetto di un complesso restauro. Ma vediamo un po’ perché i cristiani avrebbero ridotto in frantumi la statua di Attis… non avevano tutti i torti. La leggenda di Attis racconta di un pastore frigio divenuto pazzo d’amore per la  dea Cibele così egli si evirò per poterle stare accanto. Questo culto si diffuse dall’Oriente sino a Roma generando riti al di fuori di ogni logica. In primavera, durante la festa in onore di Attis, i devoti  si autoeviravano mentre altri venivano flagellati da sacerdoti vestiti da donna (erano quindi eunuchi), al termine di questa carneficina i partecipanti celebravano la resurrezione di Attis. Pensate che persino un imperatore: Eliogabalo, giunse ad evirarsi per poter essere sacerdote di Cibele. Attis ha molte analogie con Cristo, la più evidente è il simbolo della resurrezione, pensate ai cristiani portatori di un messaggio di pace e amore, Cristo che si sacrifica per tutti, e questi pazzi che continuano in una religione sanguinosa che non ha più ragione di esistere, legata all’uomo del Paleolitico che aveva altri bisogni, altre paure. La Frigia corrisponde più o meno all’odierna Turchia, inizialmente fu il regno degli Ittiti, poi fu occupato dai Frigi che scolpirono imponenti templi sui fianchi delle montagne per la loro dea madre Cibele. Poi arrivarono i Celti nel 278 a.C., fondarono il Regno di Galazia. Furono poi sconfitti dai Romani. Probabilmente certi riti cruenti erano celebrati anche nella religione celtica, a Sarsina vi è una bella testimonianza di come l’antica religione si sia poi sottomessa amorevolmente al messaggio di Cristo…continua  

immagine: Il trionfo di Dionisio (Sarsina)

 articolo già pubblicato sul quotidiano “La Voce di Romagna” il giorno 09/06/2014

I miracoli del Santo

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Sarsina, è la patria di illustri personaggi: Tito Maccio Plauto, scrittore latino, autore di famose commedie come il Miles gloriosus; San Vicinio, a cui si lega la tradizione del collare dalle proprietà taumaturgiche; Lucio Pisone che si distinse nella battaglia di Canne, è ricordato con un episodio in cui Lucio a terra e quasi morente, vedendo giungere Annibale gli scagliò la lancia colpendo il suo cavallo che stramazzò al suolo, al che il Cartaginese avrebbe esclamato:“Questi romani combattono anche da morti!”; infine Cesio Sabino fu un importante magistrato, abbellì la città di edifici in pietra e in marmo, fu amico dei Flavi e del poeta Marziale. Sarsina, fu conquistata dai Romani nel 266 a.C., già importante centro sotto gli Umbri, divenne con l’apertura del porto di Classe, un asse privilegiato per i traffici ed i commerci. La città iniziò il declino con la calamità di un grande incendio e poi nel V secolo con l’invasione dei Visigoti di Alarico. Sede di diocesi sin dal IV secolo, viene infine accorpata alla diocesi di Cesena- Sarsina (1976). Sarsina  sembra essere il luogo più odiato dal diavolo. Nella bella cattedrale romanica, costruita attorno all’anno Mille è conservato il collare di San Vicinio, è famoso in tutta la Romagna e non solo, ogni anno da ogni parte d’Italia arrivano i fedeli. San Vicinio, primo vescovo e protettore di Sarsina, visse tra il III e il IV secolo, si racconta che il vescovo fu eletto direttamente da Dio e che il suo collare lo usasse nei momenti di preghiera e di meditazione,  appesantendosi il collo aggiungendoci una grande pietra. Il collare ha due bracci di  ferro, terminanti con due anelli combacianti, viene usato per benedire gli ossessi, persone psicopatiche o colpite da malefici, si raccontano episodi inquietanti e anomali.  Si dice che il collare sia la mano del Santo che intercede per noi presso Dio. All‘interno della Cattedrale ci sono alcuni sacerdoti a cui compete l‘esecuzione degli esorcismi ma solo se autorizzati del Vescovo. La cattedrale è intitolata a Santa Maria Annunziata oltre ad essere naturalmente il santuario di San Vicinio, questi in vita era solito isolarsi in un bosco sul monte che oggi porta il suo nome, era un eremita, si narra che un giorno, mentre il Santo  pregava nel silenzio della montagna, una quercia piegò i suoi rami fino a terra, inchinandosi alla sua santità. I miracoli sono legati alla liberazione di un indemoniato e a un mendicante  che rubò il collare del Santo, questi giunto al fiume Savio corse a vuoto tutta la notte, ritrovandosi al mattino al medesimo punto, colto da rimorso,  gettò il collare nel fiume, dove fu ritrovato  tre giorni dopo. Probabilmente il Santo era un Druido convertitosi al cristianesimo. I Druidi erano i “sacerdoti” dei Celti avevano grandi conoscenze su tutto ciò che concerneva la natura, erano dei taumaturghi/erboristi/farmacisti. Vivevano isolati nei boschi, nelle grotte o sui monti. La quercia era l’albero a loro sacro. Il collare del Santo è simile alla torque. Per i Celti la torque era molto più di un gioiello: era un oggetto mistico, parte integrante dell‘identità del popolo. Costituiva una sorta di segno tipico della divinità e di conseguenza, indossandola ci si garantiva protezione. Un guerriero celtico andava a volte nudo in battaglia ma mai senza la sua torque. Inizialmente la torque  fu il simbolo, delle donne al potere, ovvero di principesse e donne importanti della società celtica, successivamente divenne maschile, probabile  sia un ricordo del passaggio dal matriarcato al patriarcato. Tiriamo le somme, San Vicinio vive isolato, è un guaritore, porta una specie di torque , la quercia è un suo attributo e molto probabilmente venera la Madonna, infatti il suo santuario è intitolato a Santa Maria Annunziata. Vicinio e altri Padri del deserto, forse erano Druidi che si convertirono molto spesso tramite la figura della Madonna. “I primi missionari cristiani scoprirono in Gallia un gruppo di Celti intenti a venerare una figura femminile nell’atto di dare alla luce un bambino e spiegarono agli indigeni che, senza saperlo, stavano adorando un‘immagine della Madonna e che loro erano già cristiani”.
   

immagine: mosaico raffigurante San Vicinio basilica di sarsina

articolo già pubblicato sul quotidiano “la Voce di Romagna” il giorno 16/06/2014