Sant’Ellero nelle grotte

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Sfuggenti, scontrosi, scorbutici: i padri del deserto sono stati spesso dipinti così, senza dimenticare, ovviamente, l’elenco delle stranezze e delle bizzarrie, la barba irsuta, le povere vesti di stracci o di pelle di pecora, il comportamento “asociale” di questi uomini che vivevano in una grotta, si nutrivano di erbe e di radici e sceglievano talvolta la sommità di una colonna per trascorrere in penitenza i loro giorni. I padri del deserto evitano la compagnia degli uomini, si negano all’incontro. I più noti sono: Antonio alle prese con ogni tipo di draghi e di mostri, Girolamo in preghiera accanto a un leone, Onofrio che per nascondere la sua nudità ha solo la sua lunga capigliatura, Macario in meditazione con un teschio tra le mani, Pafnuzio che cerca di strappare Taide ai suoi amanti e soprattutto Simeone lo stilita che visse per 37 anni su di una piccola piattaforma posta in cima ad una colonna. In Romagna non abbiamo il deserto ma abbiamo le grotte, le montagne e i boschi qui troviamo i nostri padri che col tempo sono divenuti Santi. Sant’Ellero (476/558) lasciò la Tuscia (territorio che comprendeva tutta la zona dell’Etruria) si inoltrò sull‘Appennino e scelse per propria dimora un monte sopra Galeata (l’antica Galliata il toponimo fa riferimento ai Galli). In quel luogo costruì una cappella e sotto di essa, una spelonca dove alloggiare. Passò poi dalla vita eremitica a quello cenobitica, avendo raccolto attorno a sé dei   monaci a cui impose delle regole: preghiera, digiuno, lavoro dei campi, carità. Curiosamente questa abbazia aveva un’indipendenza  sia spirituale che territoriale con 49 castelli di difesa e coi monaci armati, vestiti di tuniche bianche, quasi antesignani dei Templari. Legate ad Ellero numerose leggende che narrano di guarigioni e di liberazioni da spiriti indemoniati, una narra di un iniziale scontro tra il Santo e Teoderico  re dei Goti e ariano. Teoderico  pretendeva l’aiuto dei monaci per la costruzione del suo palazzo il cui luogo era poco distante, Ellero ignorò di proposito la richiesta del re. Questi per tutta risposta gli inviò dei soldati armati fino ai denti. I soldati si smarrirono in una folta nebbia, vagarono per i boschi a lungo, finché tornarono dal loro re. Il luogo dove i soldati desistettero e tornarono indietro viene chiamato ancora oggi:“Rivolto”. Infuriato Teoderico si recò all’abbazia, qui giunto il cavallo si inchinò davanti al Santo. Da quel momento Teoderico e Ellero diventarono grandi amici e l’Abbazia beneficiò di numerosi privilegi. Al Museo civico di Pianetto, nei pressi di Galeata, si conserva il rilievo raffigurante il leggendario incontro. L’Abbazia di Sant’Ellero è in stile romanico e conserva un bel portale ornato da capitelli con sirene, oggi simbolo del peccato al tempo un ricordo di antichi riti, e da monaci oranti. L’interno ha subito delle trasformazioni, anche se conserva la tipica struttura medievale con il presbiterio soprelevato e la sottostante cripta. Il luogo più sacro della chiesa è la cripta, dove è posto il sarcofago di Sant’   Ellero, un’opera bizantina di raffinata scultura. Si suppone che la cripta sia il primitivo sacello del  Santo, il luogo da cui poi si sviluppò la costruzione dell‘intera abbazia. Qui vi è il foro, ricavato nella  volta, in cui i fedeli accostano il capo per essere sanati dal mal di testa. Probabilmente Ellero  fece posizionare sul terreno un’enorme pietra sulla quale sedersi mentre sopra il soffitto fece scavare un buco circolare, a cosa serviva? Si sa che Ellero portava a compimento lunghissimi periodi di digiuno, preghiera e meditazione seduto all’interno della cripta al buio, anche per molti giorni, forse nel foro infilava la testa come un tornare nell’utero materno. Il Santo è anche protettore della città di Lugo, dove rimase per un certo tempo a predicare. Il famoso Palio della  Caveja di Lugo termina il 15 maggio, giorno di S. Ellero,  con i fuochi artificiali  allestiti nella Rocca estense. A Galeata, storia e leggenda si intrecciano, qui Ellero e Teoderico si incontrano, qui il re goto aveva un suo palazzo da caccia, qui sorgeva la città romana di Mevaniola.

immagine: Teoderico si inginocchia a Sant’Ellero

articolo già pubblicato sul quotidiano “La Voce di Romagna” il giorno 29/09/2014