‘In a Blink of a Night’: 100 chitarre elettriche al Palazzo di San Giacomo a Russi, faranno rivivere venerdì la Versailles di Romagna

‘In a Blink of a Night’: 100 chitarre elettriche al Palazzo di San Giacomo a Russi, faranno rivivere venerdì la Versailles di Romagna

Redazione Romagna Futura di Redazione Romagna Futura, in Cronaca RomagnaCultura Romagna, del 19 Giu 2018, 12:25

La Famiglia Rasponi non aveva mai abitato in campagna. Chissà come mai al conte Guido Carlo Rasponi, venne in mente di costruirsi un palazzo enorme, in mezzo alla campagna. Talmente grande da essere chiamato la “Versailles di Romagna”. Forse fu per celebrare, il fratello maggiore, il cardinale Cesare Rasponi, illustre alto prelato; che quando Papa Urbano VIII morì e i Barberini, filofrancesi, caddero in disgrazia, si recò in Francia per ricucire gli strappi politici.

A Parigi, fece amicizia con la regina e il cardinale Giulio Mazzarino. A tal punto che a Cesare Rasponi fu chiesto di rimanere in Francia e gli fu offerta una pensione generosa. Scrisse al ritorno a Roma nel 1650, un Diario ricco di annotazioni di quel viaggio. Il cardinale Cesare fu autore di varie opere letterarie e fu un religioso misericordioso. Al punto di lasciare gran parte dei suoi beni a un’opera di bene fondata dal sacerdote concittadino Francesco Negri. (Quest’ultimo è stato un esploratore e naturalista italiano, che viaggiò sino a Capo Nord). All’epoca si narrava che, se non fosse incorso in una morte prematura, probabilmente sarebbe divenuto papa.

Alla Biblioteca Classense di Ravenna, un dipinto ad olio di Andrea Barbiani, raffigura il cardinale Cesare Rasponi seduto su un seggiolone con alto schienale, con indosso la mozzetta rossa su un candido camice merlettato. Col volto girato di lato, lo sguardo intenso, un poco strabico, con baffi e pizzo alla d’Artagnan e lunghi capelli scuri. Appare come una persona dal carattere pacato ma deciso. Nel 1664 il conte Guido Carlo Rasponi, fratello minore del cardinale Cesare Rasponi, acquistò la tenuta di Raffanara, sita nella campagna ravennate, a circa 2 km dall’abitato di Russi.

Nella tenuta vi erano due edifici, una chiesa dedicata a San Giacomo, e le rovine di un castrum. I Rasponi edificarono la loro residenza estiva sulle rovine dell’antico castello. Il Palazzo è ubicato sotto il fiume Lamone, in un grande spiazzo, in mezzo alla campagna e conserva un bel viale di accesso alberato. Conosciuto anche come “Palazzaccio” o “Palazzo delle 365 finestre”, è veramente imponente, presenta una facciata lunga quasi ottantacinque metri, alta quindici e conclusa da torri di venticinque metri.

Conserva all’interno una serie di affreschi a tema mitologico e allegorico che costituiscono il più vasto ciclo pittorico del Sei-Settecento presente in Romagna. Nella sala dedicata al cardinale Cesare Rasponi, affreschi di Cesare Pronti e di Filippo Pasquali, col ciclo delle divinità rappresentanti i giorni della settimana (Saturno, Mercurio, Giove, Venere, Marte, Luna). Le sale sono affrescate con allegorie dei segni zodiacali. La saletta centrale con l’allegoria delle quattro parti del mondo all’epoca conosciute: al centro del soffitto è dipinto il sole, ai quattro angoli Europa, Asia, Africa e America, con i loro simboli identificativi. Nella saletta della Torre Nord è raffigurata la simbologia dell’Amore; la sala dell’alcova presenta gli affreschi di Zeus e Venere.

Nel 1757 venne aggiunta la cappella esterna, dedicata a San Giacomo, poi ristrutturata da Cosimo Morelli. Durante il Risorgimento il palazzo diventò nascondiglio dei rivoluzionari e sede di riunioni clandestine. La famiglia Rasponi cessò di utilizzare la residenza dopo il 1880, mantenere un’architettura così mastodontica doveva avere costi molto alti. All’inizio del XX secolo furono distrutti il giardino all’italiana e molti elementi architettonici del palazzo. La proprietà passò alla Diocesi di Faenza e fu smantellata, da ignoti, di tutti gli arredi e le suppellettili.

Dal 1975 è proprietario il Comune di Russi; dopo un periodo di degrado, ha ricevuto importanti interventi di restauro grazie a finanziamenti europei, statali, regionali, comunali e di privati. Si narra che il pittore Mattia Moreni, negli anni ‘70, durante i suoi soggiorni estivi a Russi, dipingesse dentro a queste grandi camere. Muovendosi lungo i corridoi e le innumerevoli stanze con una bicicletta. Con gli importanti lavori di messa in sicurezza e restauro, dal 2006, è diventato un luogo perfetto per appuntamenti speciali di Ravenna Festival.

Venerdì 22 giugno, ore 21:30, si terrà lo spettacolo “In a Blink of a Night”cento chitarre elettriche in concerto, lampeggeranno e strideranno, un’occasione da non perdere. Show organizzato da Rockin’1000, l’evento nato a Cesena che ogni anno vede radunarsi mille musicisti e cantanti che lo hanno reso famoso in tutto il mondo, in collaborazione con Ravenna Festival. Euro 15, posto in piedi.

Paola Tassinari

Russi, espressione romagnola di una storia millenaria. E quell’origine del nome….

Russi, espressione romagnola di una storia millenaria. E quell’origine del nome….

Redazione Romagna Futura di Redazione Romagna Futura, in Cultura Romagna, del 30 Mag 2018, 14:19

Russi è una piccola e placida città della Romagna, situata fra Lugo e Ravenna, con la piazza centrale, le chiese, i resti della rocca e due gioielli architettonici, la Villa Romana e il Palazzo di San Giacomo. Nota a molti per la tradizionale “Fira di Sett Dulur”, una delle più antiche feste di tutta la Romagna, che si tiene la terza domenica di Settembre. La Villa Romana, scoperta grazie a un caso fortuito, è uno dei ritrovamenti romani più importanti e meglio conservati del nord Italia; nel 1969, si ritrovarono, sotto la pavimentazione, due tombe con corredo funebre, databili tra fine VII e inizio VI secolo a.C. Appartengono a due salme, un guerriero e un altro personaggio e testimoniano una presenza antichissima.

Nel Trecento i “Da Polenta”, importante famiglia ravennate, vi edificò un fortilizio. Rivestì, nel Basso Medioevo, un ruolo molto importante, nelle lotte per la supremazia nel territorio romagnolo. Lotte che impegnarono, tra gli altri, i Manfredi, la Repubblica di Venezia e lo Stato della Chiesa. Nel XVI secolo, la città ebbe grandi sofferenze, prima passò il Borgia con le sue milizie. Poi nel 1512, il passaggio delle truppe franco-ferraresi guidate dalla “Folgore d’Italia”. Così era chiamato il famoso Gastone de Foix, un personaggio che fu molto osannato, forse perché, aitante e spavaldo, fisicamente assomigliava ad Alessandro Magno. Morì giovanissimo nella Battaglia di Ravenna, ultimo scontro cavalleresco. Ciò ha lasciato ai posteri un alone mitologico, in realtà, Gastone, fu crudele e saccheggiò molte città.

A Russi, il Foix, devastò il paese, trucidando la popolazione. Pochi anni dopo, nel 1527, la città fu sottoposta a nuovi saccheggi da parte dei Lanzichenecchi, in marcia verso Roma. Nel Settecento, si ebbe la trasformazione che conduce alla Russi dei giorni nostri. Nel XIX secolo Russi, fu un importante centro di azione risorgimentale, annoverando fra i suoi cittadini, grandi personaggi come Luigi Carlo Farini e Alfredo Baccarini. Curioso e significativo è il fatto che il toponimo sia rimasto praticamente invariato nei secoli.

Russi evoca la Russia e i suoi abitanti ma che c’azzecca il freddo Nord con la nostra città romagnola? “ET-RUSSKI, cosa lega russi ed etruschi?” è un libro, in cui Alberto Baschiera e Irina Hurkova, hanno tentato di rispondere a questa domanda, aprendo la ricerca a nuovi insospettati percorsi che potrebbero riscrivere totalmente la storia di questo popolo. Le origini del popolo etrusco sono ancora oggi controverse, misteriose, non chiare anche perché vengono chiamati con nomi diversi. Gli storici russi, gli esperti anglosassoni, la scuola romano-germanica sono solo alcune delle innumerevoli strade intraprese nei decenni per risolvere questo enigma. L’autore dopo essersi avvicinato alla cultura etrusca, ricerca alcuni aspetti riguardanti la lingua per coglierne elementi specifici e nuovi che pongono nuova luce su questo affascinante popolo.

È possibile che gli Etruschi fossero originari della Russia? Nella loro lingua, gli Etruschi, si chiamavano “Rasenna o Rasna. Rasenna, con significato di “diversi”, particolarità già riconosciuta dagli antichi. Il termine Rasnia o Rasenna, di cui non si conosce la pronuncia può avvicinarsi al termine “Rassiani” col quale si indicano oggi gli abitanti della Russia. In lingua russa esiste un termine “rasnia” con significato di “diversi”. Non risulta che ci fosse, prima di Cristo, una terra chiamata Russia. I Vichinghi, IX secolo, che con le loro lunghe navi, colonizzarono le coste e i fiumi in tutto il mondo allora conosciuto, come la Grecia, la Persia, Costantinopoli, Gerusalemme, l’Italia, Londra, l’Inghilterra e la Russia a cui hanno dato il nome.

Nel Baltico i Vichinghi erano chiamati rops, termine norreno che significa rematori, che passò alle lingue slave come Rus. Il termine Rhos è usato anche nelle fonti greche e bizantine, deriva dal norreno antico var, che ha significato di fratellanza. E’ possibile che ci sia un collegamento fra Russi e la Russia tramite gli Etruschi e successivamente coi Vichinghi? “L’archeologia non pone problemi da risolvere, ma misteri da vivere” (Kierkegaard).

Paola Tassinari

Redazione Romagna Futura

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