IL SIMBOLO DELLE API

api napoleone e childericoL’ultimo articolo sulle affinità di Rennes le Chateau e la Romagna è sul simbolo dell’ape. Questo insetto ha una simbologia molto antica e molto ampia, prevalentemente è legata alla divinazione e alla veggenza. Gli egizi, e altri popoli trassero spunti dall’organizzazione sociale delle api e dalla loro gestione dell’alveare/città, simile a un vero regno matriarcale. Nell’antica Grecia, le sacerdotesse della grande dea madre Demetra, a Eleusi, erano chiamate “api”, i greci ritenevano che le api nascessero spontaneamente dai cadaveri degli animali, e le associavano alla rinascita, mentre il miele era ritenuto il cibo degli dei, “prodotto degli arcobaleni e delle stelle”. Nel mondo cristiano le api erano spesso un simbolo di Cristo, dotate di forza ed integrità, le api sciamarono dal Giardino dell’Eden, in aiuto all’uomo, quando Adamo fu cacciato. L’alveare divenne metafora delle celle monastiche, della vita casta, caritatevole e laboriosa dei monaci. L’errata credenza secondo cui le api, in realtà si accoppiano sciamando, riproducendosi autonomamente, le rese emblemi della Vergine. Nella Chiesa di Pieve Cesato, vicino a Faenza, è conservata la Madonna del Miele, opera in ceramica, venerata con questo titolo e con una preghiera tratta da un’antica fonte rumena. Delle api d’oro, (in realtà delle cicale, souvenir molto diffuso, nella zona di Rennes, è proprio la cicala che frinisce) furono scoperte nel 1653, a Tournai nella tomba di Childerico I, fondatore nel 457 della dinastia Merovingia e padre di Clodoveo I. Quando Napoleone si incoronò, nel 1804, Imperatore dei francesi, non di Francia, volle che il sontuoso manto regale fosse trapuntato da api d’oro, rivendicandone il diritto in virtù della sua discendenza da un figlio naturale del re inglese Carlo II Stuart e della duchessa Margherita de Rohan. Il Casato degli Stuart, la casa reale della Scozia e successivamente della Gran Bretagna, aveva a sua volta diritto a tale emblema, perché, al pari dei conti di Bretagna, loro parenti, discendevano, come i re merovingi, dai “re pescatori”. L’ape merovingia fu adottata dagli Stuart esiliati in Europa: api intagliate, sono state riprodotte e si vedono ancora in alcuni vetri giacobiti. Quella dei giacobiti fu una lotta simile a quella degli orleanisti/legittimisti, la linea di successione giacobita al trono inglese nacque a seguito della deposizione del cattolico Giacomo II d’Inghilterra, avvenuta nel 1688.Giacomo II si era pubblicamente dichiarato cattolico, e fu sospettato di coltivare pretese di governo simili a quelle di suo cugino Luigi XIV di Francia. Sotto la paura di un ritorno al cattolicesimo, il parlamento di Londra sostituì Giacomo II, con sua figlia, la protestante Maria, unitamente al marito Guglielmo d’Orange. Guglielmo accettò e sbarcò in Inghilterra nel novembre 1688. Giacomo II riparò in Francia presso il cugino Luigi XIV. Da quel momento gli Stuart si stabilirono nell’Europa continentale e, periodicamente, cercarono di riguadagnare il trono con l’aiuto di nazioni cattoliche quali Francia o Spagna. Giacomo II e i suoi successori vennero chiamati “The Kings over the Water”, I re oltre il mare. Le api sono il simbolo della famiglia Barberini, una influente famiglia principesca e papale italiana, originaria della Toscana, nota sin dalla prima metà dell’XI secolo, lo ricordano i toponimi di Barberino del Mugello e di Barberino Val d’Elsa. Nicolas Poussin, autore  del dipinto, “I Pastori dell’Arcadia”, in cui appare l’arcana scritta  “Et in Arcadia ego”, arrivò in Italia nel 1624, sotto la protezione, putacaso, del cardinale Barberini. Le api le ritroviamo nella Basilica di Sant’Apollinare in Classe, dove il Santo eponimo, appare al centro nella decorazione musiva dell’abside della basilica, con una veste adorna di 207 api, la leggenda narra che Apollinare girasse con un mantello d’api. Il nome del Santo che significa “sacro ad Apollo” e le sue api, sacre alle muse, perciò dotate di eloquenza cosa mai possono suggerirci? Forse che Sant’Apollinare conosceva il segreto sulla discendenza reale? Oppure era un pure lui un discendente dei re pescatori?

I simboli che parlano

mausoleo_di_galla_placidia_colombe_abbeverantiSe ipotizziamo che l’abate di Rennes le Chateau, fosse entrato in possesso di “una qualche verità”, su Maria Maddalena, Gesù Cristo e la loro presunta stirpe che, con il passare degli anni, si individuò nella dinastia dei Merovingi, e analizziamo i principali simboli di questa casata: il giglio e l’ape, beh troveremo che queste immagini sono presenti in maniera massiccia anche in Toscana e in Romagna. Il “Fleur-de-Lys” o giglio stilizzato, pare sia stato adottato dal re merovingio Clodoveo nel V sec., dopo una vittoria contro i Visigoti, nei pressi del fiume Lys, in Belgio, dove questo fiore cresce in abbondanza. Clodoveo, di cui più di tutto si conosce un blasone con tre rospi, ma come narra la favola il rospo si trasforma in principe, si convertì al cristianesimo e da quel momento in poi il giglio, è diventato il simbolo dei re cristiani di Francia. Con il diffondersi delle pseudo-teorie associate al Santo Graal ed alla discendenza di Cristo, il “Fleur-de-Lys” viene così associato al “Sangue Reale”: la base del simbolo rappresenterebbe, secondo questa nuova concezione, Maria Maddalena mentre i tre petali effigierebbero i figli che essa ebbe da Gesù: Tamar, Joshua e Josephes. La simbologia cristiana vede nel giglio un’allusione alla Trinità divina, nella base orizzontale la figura di Maria, nei tre petali stilizzati: il Padre, il Figlio, e lo Spirito Santo che emana da Loro. Il giglio è considerato simbolo di purezza, candore, innocenza e verginità, è un attributo della Madonna. Spesso, il giglio e il fiore di loto si sostituiscono l’uno all’altro rappresentando, in tempi più antichi, la Grande Madre, Iside, Isis, Ishtar, Diana, la stessa dea che ha molti nomi. Il simbolo “IS”, presente nel Tempio Malatestiano di Rimini e nel Dollaro statunitense, si favoleggia sia ispirato proprio alla dea Isis, la città di Parigi sarebbe poi dedicata a lei, (Par-is). Il giglio si può trasformare stilisticamente in una colomba, simbolo dello Spirito Santo che viene visto scendere dal cielo in forma di colomba durante il Battesimo di Cristo, la colomba è un emblema dei Catari, le colombe più famose sono nel Mausoleo di Galla Placidia a Ravenna. Gioacchino da Fiore è stato uno dei primi teologi ad approfondire lo Spirito Santo, concepì  una teoria secondo cui, dopo un’era del Padre (Ebraismo e Antico Testamento), era seguita l’epoca del Figlio (Cristianesimo e Nuovo Testamento) e infine sarebbe giunta l’ultima era, quella dello Spirito. Molti teologi hanno ripreso questa concezione in relazione all’era dello Spirito che sarebbe iniziata negli anni Sessanta e Settanta del Novecento, con la nascita di numerosi movimenti e gruppi di preghiera sullo Spirito Santo, in ambito laico si pensi ai figli dei fiori, gli hippy, oppure si consideri oggi la New Age. Il giglio è il segno di riconoscimento di Sant’Antonio da Padova, uno dei Santi più amati e venerati della cristianità, la sua statua è presente nella chiesa di Rennes le Chateau, non credo sia un caso che la sede nazionale del Lectorium Rosicrucianum (Rosacroce), si trovi a pochi passi dall’Eremo di Montepaolo, luogo ove il Santo cominciò a predicare, il Santo era al tempo conosciuto col nome di Antonio da Forlì. Il giglio è nello stemma della città di Firenze e in Toscana c’è pure l’isola del Giglio, se ci si muove nel linguaggio dei simboli, il naufragio della Costa Concordia avvenuto il giorno 13 all’Isola del Giglio, può apparire come un sinistro messaggio. Eppure, il giglio che è analogo al fiore di loto e alla colomba, ha anche il significato di amore, il suo profumo è il contrario di un profumo casto; è un miscuglio di miele e di pepe, qualche cosa di acre e dolciastro, di tenue e forte; è fiore di Venere a causa del pistillo comparato al pene, è un simbolo della generazione, rappresenta anche il cedere alla volontà di Dio e alla realizzazione. Lo Spirito dell’era dell’Acquario, in cui doveva essere l’amore a far muovere le stelle e portarci alla pace e all’armonia, non si realizzerà sino a che i due emisferi celebrali, collegati alla razionalità e al sentimento, non smetteranno di farsi  guerra… sarà un caso che la Costa Concordia sia stata recuperata da un’azienda di Ravenna?

immagine: le colombe di Galla Placidia

articolo già pubblicato sul quotidiano “La Voce di Romagna” il giorno 06/03/2017

IL romagnolo che divenne re

Luigi Filippo  romagnolo

Il 17 aprile 1773, a Modigliana, in provincia di Forlì, vedeva la luce una bambina nata da una misteriosa coppia di nobili francesi e contemporaneamente a una coppia del luogo, i Chiappini, nasceva un maschio. Dopo alcuni giorni la coppia di nobili partiva portando con sé non la figlia ma il maschietto romagnolo. La coppia romagnola di fronte a probabili elargizioni aveva ceduto il bambino in cambio della bimba. La coppia francese era formata da Luigi Filippo, pretendente al trono di Francia, e da sua moglie Luisa Borbone Orleans. Luigi Filippo, dopo essere stato eletto Gran Maestro del Grande Oriente della Massoneria francese nel 1771,  aveva aderito alla Rivoluzione francese cambiando il suo nome in “Philippe Egalité” e, eletto deputato, aveva votato a favore della condanna a morte del cugino Luigi XVI, il che non lo aveva salvato dall’essere a sua volta ghigliottinato nel 1793. Luigi Filippo essendo privo di una discendenza maschile colse l’occasione per presentarsi in patria con un legittimo erede maschio, il quale fu registrato come nato e battezzato a Parigi. La famiglia Chiappini, mise a profitto i soldi ricevuti, riuscendo a ritagliarsi un buon posto nella società. La loro figlia, Maria Stella, andò sposa a un nobile inglese e poi ad un barone e visse nel lusso. Alla morte del padre un notaio le consegnò un plico che la informava dello scambio di neonati. Maria Stella si mise alla ricerca dei genitori, scoprì la verità, andò a Parigi infamando il maschietto romagnolo, che nel frattempo, nel 1830, era diventato re di Francia col nome di Luigi Filippo. Il nostro Luigi Filippo fu  stimato dalla borghesia per il fare dimesso e le riforme liberali, mentre i suoi avversari lo bersagliarono per la sua incoerenza e debolezza, ritraendolo sovente con la faccia a pera. Nel 1848 fu costretto ad abdicare, chiudendo poi la sua vita nel 1850 in Inghilterra. Questa assurda storia ne ingloba altre ancora più strane, come ad esempio che Carlo Alberto di Savoia avesse sostituito il figlio morto in un incendio, con il figlio di un macellaio, il sospetto che Chambord, chiamato il “figlio del miracolo” fosse un bastardo, l’arciduca Johann Salvator e il suo fantomatico gemello, per arrivare a Giuseppina di Beauharnais e a Napoleone Bonaparte e i loro presunti legami con il sangue reale dei Merovingi, i primi re dei Franchi, i re taumaturghi, ovvero guaritori, con il solo tocco delle mani. Per accettare un minimo di queste bizzarrie, occorre capire lo scontro, allora in atto in Francia, ma anche altrove, fra gli orleanisti e i legittimisti. Gli orleanisti, continuatori della Rivoluzione del 1789, auspicavano una monarchia costituzionale, non più di diritto divino, mentre i legittimisti rivendicavano la legittimità del potere dinastico spettante per grazia di Dio ed erano molto legati alla Chiesa. I legittimisti, nel 1830, rifiutarono di giurare fedeltà al re “romagnolo” Luigi Filippo, per rimanere fedeli alla linea primogenita dei Borbone, e sostennero, senza successo, la candidatura al trono del pretendente Enrico di Chambord, con il nome di Enrico V. Scrive Georges Lefebvre: “Dietro la rivoluzione dinastica vi fu una rivoluzione politica; la nazione scelse il suo re e gli impose una costituzione votata dai suoi rappresentanti… la minaccia di un ritorno all’ancien regime fu eliminata e la nuova società creata dalla Grande Rivoluzione fu messa al sicuro. La rivoluzione del 1830 è così l’ultimo atto della Rivoluzione cominciata nel 1789”. E tutto questo cosa c’entra con Rennes le Chateau? L’abate di Rennes avrebbe avuto la donazione di 3.000 franchi da Maria Teresa d’Asburgo Este, vedova del conte di Chambord, “detronizzato” dal “nostro” Luigi Filippo, e  successive elargizioni da parte del nipote di Maria Teresa, quell’enigmatico e misterioso arciduca Johann Salvator di Asburgo. Non basta, l’abate Bérenger Saunière, oltre ad aver avuto relazioni con alcuni membri degli Asburgo, potrebbe aver conosciuto un altro inquietante e famoso personaggio dell’epoca Karl-Wilhelm Naundorff , che affermava essere il Delfino di Francia, sopravvissuto alla morte dei suoi genitori, Maria Antonietta e Luigi XVI.

immagine: Luigi Filippo “romagnolo”

articolo già pubblicato sul quotidiano “La Voce di Romagna” il giorno 21/02/2012

ROMAGNA-RENNES… la terra cava a Sarsina

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A Rennes le Chateau si possono distinguere due gruppi di ricercatori, uno che indaga sui misteri di Berenger Sauniere, l’altro che è interessato alle potenti correnti energetiche di questi luoghi, poi vi sono quelli che non escludono nulla. Ho conosciuto un cacciatore di UFO (ONVI li chiamano i francesi), e le foto che mi ha inviato le ho trovare straordinarie e non manomesse, anche se da foto “aliene”, sono prima apparse come allegato nella mail, poi si sono volatizzate e sono scomparse nel mondo della rete. Nelle foto si vedeva un oggetto a forma di grande sigaro uscire da dietro una roccia, in altre si notava un “classico disco” volante.    Vicino a Rennes vi è il Bugarach, il monte sacro che sarebbe l’entrata di Agartha, la città sotterranea del mito della terra cava, poi come al solito… ci sarebbero dei tesori, oppure ci sarebbe la“reliquia” dei tempi biblici: l’Arca dell’Alleanza, e ancora sarebbe la base sotterranea degli alieni, oppure che in una sua grotta ci sarebbero i resti di Gesù, che qui avrebbe vissuto scampando dal Supplizio. Questa montagna sacra, nata in un’epoca lontanissima da una forza tellurica straordinaria, i geologi dicono 135 milioni di anni fa, avrebbe forti onde magnetiche, talmente potenti da impedire il volo di aerei e ostacolare le comunicazioni con i telefoni cellulari. Questo monte, già sacro ai Catari, che in Linguadoca avevano la loro roccaforte, nel corso degli anni è stato oggetto di attenzioni e di studi di ogni genere. Su questa montagna avrebbero, infatti, effettuato scavi e ricerche i nazisti di Hitler (influenzati dal mito della Thule e ispirati da Otto Rahn) e la NASA che, alcuni anni fa, avrebbe condotto rilevazioni e saggi nel terreno. Tra la gente del posto, poi, si parla con insistenza della presenza in zona di militari e di appartenenti ai servizi segreti. E quando alcune fonti, soprattutto americane, lo individuarono come la località che avrebbe preservato dalla distruzione prevista dai Maya per il 21 dicembre 2012, fu invaso da centinaia di persone, alzando notevolmente il prezzo delle case, addirittura la polizia francese bloccò per qualche giorno l’accesso al luogo. Come ben sappiamo il 21/12/2012 è stato una grande bufala, se inteso come catastrofe ambientale, se visto in termini “altri” e cioè come svolta spirituale epocale, la verità la sapranno solo i nostri posteri. Il Bugarah sarebbe quindi una specie di entrata per la terra cava, queste entrate si troverebbero nei Poli, ma anche nei punti di incontro delle Ley Line, per la New Age sono linee di energia che contornano la terra e che si focalizzano nei luoghi sacri, già dal tempo antico. Sarsina o la zona di Galeata potrebbero essere una di queste entrate. Al Museo archeologico di Sarsina, esistono dei reperti mosaicati che raffigurano la terra cava, in zona vi è la presenza delle marmitte dei giganti e Sarsina è il luogo sacro di San Vicinio che forse era un druido. Si narra che i druidi provenissero da Atlantide, discendenti degli iperborei e questi dei giganti, che erano gli iniziali abitanti della terra cava. A Galeata ci furono degli scavi effettuati da archeologi tedeschi nel 1942, che erano seguiti anche dai sevizi segreti e Sant’Ellero, il Santo di questi luoghi, era pure lui un sacerdote/druido. Inoltre, la regione a noi confinante e affine: le Marche, ospita il cosiddetto “triangolo dell’Adriatico”, dove corrono le stesse favole di alieni, di resti sacri, di magnetismo e di energia, ed è a Loreto, e in nessun altro posto, che i Templari “decisero”, dopo vari spostamenti, doveva stare la Casa di Maria. La leggenda narra che la Santa Casa fu trasportata dagli angeli: le pietre della Casa, fra le quali furono trovate cinque croci di stoffa rossa, sarebbe arrivata a Loreto, per iniziativa della nobile famiglia Angeli, che regnava ai tempi sull’Epiro. Guarda caso a Rennes le Chateau sarebbe esistito un gruppo segreto chiamato Società degli Angeli, che accoglieva adepti del mondo letterario e artistico di cui facevano parte Nicola Poussin, Victor Hugo, George Sand, Anatole France, Julius Verne e altri, il cui motto di riconoscimento era…Et in Arcadia Ego e qui siamo in un nuovo segreto.

articolo già pubblicato sul quotidiano “La Voce di Romagna” il giorno 13/02/2017

I MISTERI DI RENNES LE CHATEAU IN ROMAGNA

 

crocediferro Reda

Appena tornata da Rennes le Chateau, dopo un viaggio di 2500 chilometri in quattro giorni, con la febbre e un blocco autostradale di tre ore, invitata gentilmente da Pierluigi Pini e Annamaria Mandelli, ricercatori di lungo corso sui misteri di Rennes, al centenario della morte di Berenger Sauniere, vi aggiorno sugli ultimi “folli” legami fra Rennes e la Romagna. Il piccolo paese di Rennes è uno dei misteri più chiacchierati del XX secolo, su cui ormai è stato detto e scritto di tutto. Dopo il famoso romanzo di Dan Brown: “Il codice da Vinci”, si può dire che vi sono ben poche certezze in tutta questa storia: Berenger Sauniere, un parroco che nel 1885 viene trasferito alla decadente chiesa di Rennes le Chateau, un piccolo paese della Linguadoca, nel sud della Francia, ai confini con la Spagna; l’antica chiesa dedicata a Maria Maddalena era in condizioni pietose, il prete raccolse qualche offerta e poi iniziò i primi lavori di restauro; durante i lavori di rimozione dell’altare venne rinvenuto qualcosa all’interno di uno dei pilastri, si parla di una fiala di vetro con dentro delle pergamene, da due a quattro, non si sa. Appena Sauniere trovò “quella cosa che non si sa”, divenne molto ricco, tanto che non solo riportò a nuovo tutta la chiesa, ma fece costruire un giardino, una biblioteca, una serra, una torre, una villa e altro. Iniziò pure a ricevere personaggi nobili ed illustri offrendo loro lauti banchetti (esistono le fatture). Tra questi personaggi ve ne era uno, chiamato dai paesani “lo straniero”, forse l’arciduca Johann Salvator di Asburgo in incognito. (Johann Salvator il 30 gennaio 1889 rimase fortemente sconvolto dalla tragedia di Mayerling, nella quale perse la vita, in circostanze misteriose, suo cugino l’arciduca Rodolfo, fu scosso a tal punto che dopo pochi mesi decise ufficialmente di rinunciare ai suoi titoli, al suo rango e ai suoi privilegi, scomparendo pure lui in modo oscuro). La provenienza di queste ricchezze è in fin dei conti il vero, unico, mistero da scoprire. Tutto il resto, dal tesoro merovingio, al Priorato di Sion, dalle pergamene cifrate ai quadri di Poussin, dalla Maddalena al corpo mortale del Cristo, dal “Serpente Rosso” (uno scritto del 1967 pubblicato il mattino del 17 gennaio, data con particolari riferimenti occulti, la notte successiva i tre autori morirono misteriosamente),alla misteriosa pietra che ipotizzava origini extraterrestri per la stirpe merovingia, fino ad arrivare a uno strano anello fatato che ricorda tanto quello dei Nibelunghi o al Cavaliere del cigno, che è una delle leggende medievali commissionate dal principe Ludwig di Baviera, deposto come pazzo e poi morto pure lui in circostanze poco chiare. Tutto questo, anche se è talmente strano, che può dar da pensare, è soltanto frutto di ipotesi, speculazioni basate su fonti incerte, spesso dei falsi e su notizie riportate di autore in autore come leggende metropolitane. Chiarito ciò passiamo ai nuovi collegamenti che legano questo paese alla Romagna. Il nome di Rennes le Chateau proviene probabilmente dal gallico “Reda”, che significa un “carro a quattro ruote”. Ebbene nella pianura romagnola, a pochi chilometri da Faenza esiste la frazione di Reda, una tradizione locale vorrebbe che Reda sia derivata dal nome Rheda-ae, che significava presso i Romani “carretta”. La pieve di Reda è intitolata a San Martino, il Santo francese per eccellenza, antesignano dei Templari, con affinità con antichi riti celti e patrono dei sovrani di Francia. Inoltre qui a Reda, in Romagna, si favoleggiava di un tesoro, di una quercia famosa in tutta la zona di Faenza, chiamata la  cvérza ‘ d Maiôla.  Ad essa era legata anche la leggenda che il Passatore vi avesse seppellito una pentola piena di monete d’oro, certo che quando la quercia è stata abbattuta non si è trovato nulla. Il famoso presunto tesoro di Rennes sarebbe quello portato a Roma da Tito dal Tempio degli Ebrei, poi razziato da Alarico durante il sacco di Roma del 410, nascosto a Carcassonne, dove tutt’ora esiste  la montagna di Alarico, mentre fonti scritte lo danno come regalo di nozze da parte di Ataulfo a Galla Placidia, la quale se lo portò a Ravenna quando vi ritornò.

 immagine: croce di ferro a Reda

 articolo già pubblicato sul quotidiano “La Voce di Romagna”

MISTERI FRANCO/ROMAGNOLI

Rennes-le-Château

Il romanzo di Dan Brown,“Il codice da Vinci”, si appoggia su di una ipotetica “base storica”: il cosiddetto “mistero di Rennes le Château”, comunemente attribuito ad un “terribile” segreto scoperto da don Bérenger Saunière (1852-1917), un sacerdote nato e vissuto nel Sud della Francia, non lontano dal confine con la Spagna. Secondo l’ipotesi più diffusa egli avrebbe trovato qualcosa che proverebbe l’esistenza del “sangue reale”, ovvero che Gesù sopravvisse alla croce e generò figli con Maria Maddalena. Tuttavia, non mancano congetture alternative: il tesoro del Tempio di Gerusalemme, la coppa del Graal, un procedimento per diventare immortali, la memoria di una catastrofe ciclica, e molto altro. In ogni caso Saunière sarebbe venuto a conoscenza dell’esistenza di una società occulta, ramificata e potente, il Priorato di Sion, (di cui avrebbe fatto parte anche Leonardo da Vinci), che avrebbe avuto lo scopo di gestire il segreto. Tutto ciò sarebbe provato da una complessa rete di iscrizioni su pietra, messaggi inseriti in quadri, pergamene, lettere, che occorre decifrare, perché presentano scritte sbagliate, rovesciate, rebus, ecc. Il segreto di Rennes le Château passerebbe anche per la Romagna. Pier Luigi Pini, abita a Brisighella, è una persona assai cortese e affabile, appassionato e ricercatore, assieme alla moglie Anna Maria, dei misteri di Rennes su cui ha tenuto numerose conferenze. Pini si è recato a Rennes, per studio, per ben 13 anni, qui in questo luogo ha conosciuto Dan Brown, quando non era ancora famoso, lo scrittore si aggirava col suo camper per raccogliere il materiale per i suoi scritti. Vediamo un po’ cosa ci racconta Pier Luigi. Tutte le popolazioni antiche, (Celti, Romani, Visigoti, Ebrei) si ritrovano in Romagna e nella zona di Rennes, come pure gruppi religiosi in odor di eresia, (come i Catari e i Templari). Faenza, nel medioevo fu un luogo cataro, addirittura volevano bruciare tutta la città per debellare l’eresia. Ancora oggi, a Faenza, c’è una chiesa chiamata Commenda (onorificenza civile, superiore al cavalierato) dedicata a S. Maria Maddalena. Sempre a Faenza, si sarebbe decodificata una lapide del 1600, proveniente dal Duomo della città (la scoperta di uno schizzo su un taccuino, farebbe risalire a Leonardo la sua costruzione, vi ricordo che Leonardo scriveva da sinistra verso destra cioè a rovescio, così come si scrive anche l’arabo). La lapide sembra celare un messaggio segreto, riferito a Rennes:“Sul monte Bezu a Rennes la chiesa di Cristo cela l’arco nei monti”, scritta che si ritrova pure nella Pala Bertone, dipinto di autore ignoto, di proprietà della pinacoteca faentina. A Faenza, ritroviamo anche Felice Giani, che qui dipinge ben tre opere con la dicitura: “Et in Arcadia ego” (anch’io facevo parte dell’Arcadia) un’iscrizione enigmatica riportata in alcuni importanti dipinti del Seicento, fra cui uno del Guercino, e due del pittore francese Nicolas Poussin. Vi è poi la diffusione della devozione al Preziosissimo Sangue, congregazione fondata da San Gaspare che si ritrova sia a Bologna e nella Romagna, sia nella zona di Rennes. Altro riferimento è l’oratorio di S. Maria Maddalena a Villa Salta, si trova a Predappio, che avrebbe riferimenti simbolici con la chiesa che si trova a Rennes. La costruzione dell’oratorio, più o meno nel 1450, si deve a Nicolò, capostipite dei Raineri di Salto, personaggio illustre molto sensibile al lato spirituale e religioso. Altro riferimento alla Maddalena si può ritrovare in San Camillo, fondatore della “Compagnia dei ministri degli infermi”. I Camilliani portano l’abito nero con la croce rossa di stoffa sul petto, si dedicano alle cure degli ammalati. Il cuore di questo Ordine è la Chiesa di S. Maria Maddalena a Roma, dove il loro ideatore è sepolto. Questo Ordine è molto conosciuto a Predappio, opera in un centro di accoglienza residenziale per persone con problemi psichiatrici. Per quanto riguarda il legame coi Merovingi, gli ipotetici detentori del “sangue reale”, i riferimenti sono molti, mi limito a scrivervi, che il “nostro” Teoderico sposò una figlia di Childerico, quest’ultimo fu il primo sovrano, storicamente accertato, di tale dinastia.

immagine: Rennes le  Chateau

articolo già pubblicato sul quotidiano “La Voce di Romagna” il giorno 08/08/2016