I legami tra Dante, la massoneria e l’Argentina

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La tomba di Dante, dai ravennati era chiamata un tempo “la Pivarola”. Fu il poeta Olindo Guerrini, che la definì in questo modo. Termine azzeccato perché sembra proprio un macinapepe e nessuno al mondo ha avuto mai lo stesso “pepe” di Dante nelle invettive. Strano che il tempietto in stile neoclassico, fin troppo armonico, presenti un festone con teste di capro che paiono simili al simbolo del bafometto, quest’ultimo secondo la leggenda, era un idolo pagano, il dio dei Cavalieri Templari. Certo che ciò non fa di Dante un massone, ma testimonia, la tomba fu restaurata alla fine del Settecento dal cardinal Luigi Valenti Gonzaga mentre era legato pontificio in Romagna, che al tempo qualcuno ci credeva. Ritroviamo qualcun altro che aveva le stesse idee su Dante. Se pensiamo alla lista dei massoni della P2, in mano a Licio Gelli, vi troviamo oltre ai famosi della politica e dello spettacolo, anche molti adepti provenienti da Buenos Aires, inoltre Licio Gelli aveva buoni rapporti con l’Argentina, i legami fra la massoneria italiana e quella argentina erano di lungo corso, sarà un caso che a Buenos Aires venne costruito Palazzo Barolo? Fine della Prima Guerra  Mondiale, l’Europa era distrutta mentre l’Argentina, allora settima potenza del mondo, era un paese fiorente. Gli argentini in parte italiani volevano salvaguardare Dante il padre della lingua italiana e portarselo a Buenos Aires. L’architetto Palanti inizia a costruire nel 1919 per Luis Barolo l’Edificio Barolo destinato a conservare le ceneri di Dante: grazie a un accordo tra le due massonerie quella appunto italiana e quella argentina. L’edificio riprende simbolicamente tutta la Divina Commedia, l’Inferno è al primo piano del palazzo con statue di animali spaventosi, il Purgatorio dal quarto e quindi il Paradiso dal ventiquattresimo piano con una cupola terminale e un grande faro. L’Edificio venne terminato nel 1923 ma, mentre Buenos Aires aspettava le ceneri di Dante, l’Italia cavalcava l’onda degli anni ruggenti americani, si avviava verso il regime fascista, che introduceva il nazionalismo e l’esaltazione delle proprie radici e le ceneri di Dante rimasero a Ravenna. Figuriamoci Ravenna non le volle dare a Firenze, questa massoneria doveva ben essere fuori dai coppi per anche solo pensare di portare via le ceneri del Poeta dalla terra di Romagna. Dio ce le ha date e qui rimangono!

immagine: Palazzo Barolo, Buenos Aires

articolo già pubblicato sul quotidiano “La Voce di Romagna” il giorno 02/11/2015