I simboli del Natale

nativitc3a0-e-preghiera-nellorto-di-beato-angelicoMelchiorre Missirini nasce a Forlì nel 1773. Avviato adolescente alla carriera ecclesiastica, “unica carriera in che nel nostro paese poteva un uomo uscire dall’oscurità”, nel 1876 celebrò la prima messa nella cattedrale di Forlì. All’arrivo dei francesi accolse con entusiasmo le idee rivoluzionarie. Nel 1813, si trasferì a Roma, sottraendosi alle ritorsioni che al ritorno degli Austriaci colpirono i religiosi che avevano appoggiato il regime napoleonico. A Roma conobbe lo scultore Antonio Canova, di cui divenne amico e uomo di fiducia.  Fu Missirini che lesse l’elogio funebre all’artista e due anni più tardi ne scrisse la biografia. Grazie a Missirini,  la città di Forlì possiede i preziosi disegni di Canova, appartenuti all’abate. Missirini fu tra i fondatori della Pinacoteca di Forlì, contribuì con alcune donazioni, tra cui le piccole e pregiate tavolette del  Presepio e dell’Orazione nell’orto di Beato Angelico. Guido di Pietro Trosini, detto Beato Angelico, nacque a Vicchio Mugello tra il 1395/1400. Non si conosce nulla della sua formazione, le sue prime opere di pittura sono andate perdute; fu anche un miniatore; è uno dei più importanti pittori italiani del primo Rinascimento, celebre per la celestiale bellezza dei suoi lavori in cui si respira sempre un fondo di mistica religiosità. Divenne domenicano con il nome di frate Giovanni, pregando con la mente e con il pennello; nelle sue opere si ritrovano delicatezza e precisione dei tratti, finezza nella scelta e nell’accostamento dei colori, raggiungendo spesso una luminosa armonia. La splendente tavola del Presepio presenta in primo piano l’ignudo biancheggiante Gesù con l’aureola crociata in rosso, che indica la prefigurazione della croce. Ai lati del Bimbo, San Giuseppe in manto rosso e dall’altra parte la Madonna in mantello azzurro, dietro il bue e l’asinello, in cima alla capanna nove angeli vestiti di blu. Il presepe è una tradizione tutta italiana. Nel Natale del 1223 San Francesco realizzò a Greccio, con l’aiuto della popolazione locale un presepe vivente con l’intento di ricreare l’atmosfera del Natale di Betlemme, per vedere con i propri occhi dove nacque Gesù. Tutto fu approntato e, con l’autorizzazione di Papa Onorio III, in quella notte si realizzò il primo presepe vivente nel mondo. Ma vediamo un po’ di simbologia. La grotta in cui nasce il Bambino vuole significare che egli nasce per tutti, preferibilmente per i più umili, nega la centralità del potere, ma è anche emblema del Centro del Mondo ed è per eccellenza il luogo della nascita e della ri-nascita, il tetto della grotta rappresenta il cielo e il pavimento la terra. Nella grotta il Bambino è riscaldato da due animali domestici: l’asino e il bue, due tranquille bestie la cui presenza in una stalla è assolutamente normale. Eppure l’asino è simbolicamente ambivalente, è l’animale emblema di ignoranza e di morte; in India è la cavalcatura del Re dei Morti, in Egitto è l’animale di Seth, il Dio del Caos primordiale. L’asino rappresenta la sensualità ed i bassi istinti dell’uomo, il suo colore è il rosso, colore della bestialità e dell’ira. Cristo però entra in Gerusalemme nel giorno delle Palme, sul dorso di un’asina bianca: Egli vuole salvare gli uomini con pregi e difetti, vuole salvare tutti. Il bue ha un aspetto positivo che lo contrappone al toro, simbolo della forza temibile dei re e degli dei, è l’animale usato nel tiro del carro e dell’aratro, simbolo di bontà e di tranquillità. E gli angeli  blu che fanno là in cima alla capanna? Annunziano la Buona Novella, sono un chiaro riferimento dell’Uno nato nella caverna e del suo trasformarsi in molteplicità, ciò è ribadito dal numero nove che rappresenta il numero della generazione e della resurrezione. Il simbolo grafico del nove è il cerchio, come per il numero  uno, è dunque il simbolo della realizzazione. Il colore blu è significato di calma e tenerezza.E’con questa tavoletta di Beato Angelico e una strofa del poeta Salvatore Quasimodo che vi porgo il Buon Natale. “Anche con Cristo e sono venti secoli/il fratello si scaglia sul fratello/. Ma c’è chi ascolta il pianto del bambino/che morirà poi in croce fra due ladri?”.

immagine: Presepio di Beato Angelico

articolo già pubblicato sul quotidiano “La Voce di Romagna” il giorno 22/12/2014

QUANDO NATALE ERA YULE

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Vorrei tanto che fosse un Buon Natale per tutti voi, che fosse un Natale vero, in modo da crederci veramente che il Bimbo nasce per salvarci ed aiutarci. Se poi ci aiutiamo anche da noi e riceviamo e diamo aiuto sarà un Natale ancora più bello. Quando i missionari iniziarono la conversione dei popoli germanici, adattarono alla tradizione cristiana molti simboli e feste locali. La festa di Yule venne quindi trasformata nel Natale, mantenendo però alcune delle sue tradizioni originarie. Fra i simboli moderni del Natale che parrebbero derivare da Yule compare, fra l‘altro, l‘uso decorativo del vischio e dell’agrifoglio e l‘albero di Natale. L’albero sempreverde, l’abete, che mantiene le sue foglie tutto l‘anno, è un ovvio simbolo della persistenza della vita anche attraverso il freddo e l‘oscurità dell’inverno. Voi direte ma che ce ne importa dei tedeschi. Dovete però sapere che noi prima dei romani, siamo stati colonizzati dalle popolazioni celtiche ed è per questo, che l’agrifoglio il vischio, l’albero con le luci ha così attecchito, era nel nostro DNA prima del cristianesimo. Il  Presepe invece è tutto Italiano, pare abbia avuto origine con san Francesco d’Assisi nel 1223 a Greccio, dove si realizzò la prima rappresentazione vivente della Natività. Pensate a come Francesco doveva amare e credere il quel Gesù Bambino. Proviamo a crederci per davvero anche noi? Un tempo non molto lontano il Presepe era un rituale che rappresentava la vittoria della Luce sulle Tenebre e la Rinascita spirituale. Non si comprava ma lo si costruiva da soli, chi era bravo lo costruiva bello, il mio aveva della carta blu  con le stelline che, la conservavo come un tesoro, rappresentava il cielo. Due ciocchi di legna che erano la grotta, un po’ di ghiaia, un po’ di muschio, raccolto i giorni prima sfidando il freddo, il bue l’asinello, Giuseppe, Maria, il Bimbo, i Re Magi e basta. Noi bambini non vedevano l’ora che arrivasse la mezzanotte esatta del 24, quando la mamma deponeva il Bimbo nella mangiatoia, poi arrivavano i re Magi che tutti i giorni facevano un passo, finalmente il 6 gennaio scendevano da cavallo con i doni per Gesù. Tutto ha significato nel Presepe: la grotta, proviene dalla tradizione di moltissime culture in cui rappresentava la porta d’accesso al regno dei misteri: il varcarla significa entrare in un mondo sconosciuto ed oscuro, l’unico dove il mistero può prendere vita. Il bue rappresenterebbe il popolo ebreo, l’asinello il popolo pagano, mentre le vesti  dei  tre Magi richiamano i tre colori della trasformazione alchemica (nigredo , albedo, rubedo). Il viaggio dei Magi è il nostro cammino verso l’auto-realizzazione e richiama anche il cammino giornaliero del sole, nero durante la notte, bianco all’alba e  rosso al tramonto. Ed  ora se avete voglia di costruirvi un piccolo presepe, prima di tutto uscite a fare una bella passeggiata in pineta, raccogliete delle pigne di varie dimensioni. Già fare una passeggiata in pineta è auto rigenerativo. Poi procuratevi qualche pallina, quello che trovate, anche noci volendo, dei pezzetti di stoffa colorata e del silicone o colla a caldo. Potete decidere se utilizzare la tempera per dare colore al corpo del personaggio dipingendo la pigna, oppure applicare dei pezzi di stoffa a mo’ di vestiti. Usate la fantasia fate un po’ voi.  Se poi avete raccolto molte pigne e quest’anno causa la crisi non avete speso soldi in decorazioni, ricordatevi che per il vostro albero di Natale, potete prendete in considerazione le pigne. Potete colorarle con vernice spray argento o in altri colori e poi appenderle all’albero. Oppure con le pigne più piccole fare dei segnaposto dopo averle decorate con bacche colorate e rametti d’abete, altrimenti un centrotavola, mettendo le pigne su un piatto largo, con rametti d’abete e in mezzo una grossa candela rossa. Ho iniziato coi tedeschi e chiudo con loro, questo è il mio regalo per voi: una storia vera. Nel 1914, l’Europa era divenuta teatro della Prima Guerra Mondiale, in un’estenuante lotta di logoramento combattuta in trincea. I soldati si lanciavano all’attacco del nemico, guadagnando o perdendo poco terreno. La sera della Vigilia di Natale, i tedeschi addobbano la propria trincea, scambiandosi gli auguri, qualcuno iniziò a cantare Stille Nacht (Astro del Ciel il titolo in italiano). Al canto si unirono gli altri tedeschi e poi gli inglesi dalle trincee opposte; cantarono tutta la notte, ognuno nella propria lingua. La mattina di Natale i tedeschi esposero dei cartelli: ”Non sparate, noi non spareremo”. Poi dalla trincea uscì un tedesco disarmato e poi gli altri e gli inglesi fecero altrettanto, sul loro volto l’incredulità. A Ypres, in Belgio 100  anni fa, uomini di buona speranza invece di uccidersi fra loro disputarono una partita di pallone. Le porte furono dei cappotti e i palloni stracci con sabbia legati con dei cordoni. Fecero questo perché era il giorno di Natale. Auguri a tutti voi.

 

 

 

immagine: Corteo dei Magi in Sant’Apollinare Nuovo (Ravenna)

 articolo già pubblicato sul quotidiano “La Voce di Romagna”