IL SEPOLCRO DI ISOTTA

isotta

Sigismondo si innamorò di Isotta, figlia di un ricco e nobile signore di Sassoferrato, quando era appena tredicenne. Lui aveva poco più di venti anni. L’amore crebbe col passar del tempo e fu corrisposto. Isotta era intelligente, colta e bella. Sigismondo convolò a nozze con Polissena, dopo la morte della prima moglie Ginevra, forse uccisa da lui. Polissena morì di peste o ci fu la mano del Malatesta, in ogni caso Isotta dovette aspettare altri sette anni. Finalmente nel 1456 ci fu il matrimonio tra il Signore di Rimini e la bella Isotta, questa volta non un matrimonio d’interesse, come i primi due, che avevano legato Sigismondo a due potenti signori. Dopo tanto, finalmente la donna amata; colei che fu consigliera prudente e forte, che fu fedele nella buona e nella cattiva fortuna. Il condottiero si fa poeta e le scrive teneri versi:“Dinanzi a te l’erbetta e i fior s’inchina Vaghi d’essere premi del dolce pede”. Sigismondo celebra il suo amore per Isotta, che viene cantato dai rimatori e dagli altri artisti della corte. Isotta regge, vigile e accorta, lo Stato nelle assenze del marito; tratta con ambasciatori e diplomatici; vende i suoi gioielli per sostenere, lo sposo cacciato da Rimini. Isotta morì nel 1474 e fu sepolta nel Tempio Malatestiano. La Cappella chiamata degli Angeli o, più spesso detta d’Isotta, si trova all’interno del Tempio Malatestiano di Rimini. Al centro della nicchia, sopra l’altare, si trova la figura dell’arcangelo Michele, ha nella mano destra la spada, nella sinistra la bilancia e col piede preme la testa del demonio. C’è chi vi ravvisa il tocco di Agostino di Duccio, personalmente preferisco le diciotto formelle (su cui si nota ancora l’acceso azzurro) che si trovano nei pilastri. Le formelle ritraggono armoniosi angeli che suonano, cantano e danzano, con le vesti fluttuanti e leggere, paiono d’organza non certo di marmo, le ali dorate, corposi e allo stesso tempo lievi, hanno tutta la grazia della bellezza paradisiaca, forse più belli degli angeli delle famose cantorie di Donatello o di Luca della Robbia, qui è evidente la mano di Agostino di Duccio. A sinistra della cappella vi è l’arca di Isotta, probabilmente di Matteo de’ Pasti, scultore e grande medaglista, al cui pari, nel XV secolo vi era solo Pisanello. L’arca poggia su due elefanti bianchi, ha come sfondo un padiglione marmoreo, uno stemma con le solite lettere S e I attorcigliate, che possono anche evocare il bastone col serpente di Asclepio, simbolo di resurrezione. Sul tutto troneggiano due teste d’elefante contrapposte. Nel sarcofago, posto circa a mezz’altezza, due putti sorreggono un cartiglio bronzeo. Sotto la targa bronzea, nel 1912 è stata scoperta la seguente scritta: “A Isotta da Rimini, per avvenenza e virtù ornamento d’Italia”. Quando e chi nascose questa scritta? Fu per invidia e gelosia o perché Isotta non meritava tale fama? Nel 1756 si fece una ricognizione della tomba d’Isotta. Furono trovate solo ossa e nient’altro, niente medaglie o gioielli. Nel muro destro della cappella era appesa un tempo il Crocifisso su tavola dipinta da Giotto. La cappella è contornata da una balaustra ornata di angioletti un po’ grassottelli e perciò un po’ goffi ma proprio per questo ancora più ricchi di tenerezza. Nella cappella opposta, l’occhio è attratto da ben 61 angioletti, su uno sfondo azzurro, giocano, suonano, corrono, danzano, fanno cavalluccio e il girotondo, spaventano gli anatroccoli e si spruzzano l’acqua addosso e si fanno pure i dispetti. Agostino di Duccio ha rappresentato la gioiosità che è propria di chi si affida o crede con animo semplice e puro. E’ chiamata Cappella dei Giochi infantili, o dell’Angelo custode, dove trovano posto i sepolcri delle prime due mogli di Sigismondo, Ginevra d’Este e Polissena Sforza, forse furono sposate per motivi d’interesse ma ebbero un degno sepolcro. Tutta la letteratura che si è profusa attorno all’amore di Sigismondo e Isotta andrebbe un po’ ridimensionata, forse sarebbe meglio dire che il Malatesta amava non una donna, ma varie donne, prova ne è che ebbe molte amanti e da due di queste, Vannetta de’ Toschi e Gentile di Giovanni, ebbe anche una nidiata di figli.

immagini: Sepolcro di Isotta

articolo già pubblicato sul quotidiano “La Voce di Romagna” il giorno 14/03/2016