Guerra civile romagnola

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Può sembrare strano ma dal 1860 in poi parecchi italiani, parteciparono alla guerra civile americana fra Nordisti e Sudisti (1861/1865), si arruolarono da entrambe le parti. Di questi uomini  si sa poco o nulla, fra di loro anche un romagnolo: Giovanni Gordini, classe 1838. A ventitre anni s’imbarca per New York dove si arruola volontario, nel 39° Reggimento Fanteria (Garibaldi Guard). Del giovane romagnolo si sa solo che nel 1862 era presente in località Cross Keys dove si svolse una delle più sanguinose battaglie, qui fu ferito gravemente e trasferito in un ospedale da campo, poi se ne perdono le tracce. Ma cosa spingeva questi uomini a lasciare la propria casa? Sovente ex garibaldini o ex mazziniani delusi, con in mente solo la rivoluzione e l’anarchia. In Romagna nacque addirittura il Partito socialista rivoluzionario (PSR) attivo tra il 1881 e il 1893. Fu costituito nel 1881 a Rimini, su iniziativa di Andrea  Costa. Ma ancora prima possiamo trovare i semi di questi avventurosi nella  storia del Passatore (1824/1851). La cui vicenda è simile  ad un film assurdo, dove  vittime e carnefici, inseguiti e inseguitori, sono crudeli e spietati dove ci sono solo antieroi. “Il buono, il brutto, il cattivo” è un film del 1966 diretto da Sergio Leone in cui vi è uno spaccato sulla guerra di secessione americana. Gli scalcagnati protagonisti nel viaggio verso il cimitero per recuperare l’oro, vengono catturati dall’esercito nordista, decidono di arruolarsi dopo aver parlato con il capitano. Quest’ultimo, palesemente ubriaco, rivela ai due un suo personale piano per far cessare l’inutile massacro di entrambi gli schieramenti: far saltare il ponte. Poiché il cimitero è dall’altra parte del ponte, i due decidono di farlo esplodere. Dopo aver fatto esplodere il ponte, i due eserciti come previsto si ritirano e i due soci arrivano  al cimitero. Sentenza sarà ucciso e Tuco e il Biondo si divideranno l’oro. Leone si esprime così sul suo film:“Da sempre pensavo che il buono, il cattivo e il violento non esistessero in senso assoluto e totalizzante. Un assassino può fare mostra di un sublime altruismo, mentre un buono è capace di uccidere con assoluta indifferenza. Una persona in apparenza bruttissima, quando la conosciamo meglio, può rivelarsi più valida di quanto sembra  e capace di tenerezza… Incisa nella memoria avevo una vecchia canzone romana, una canzone che mi sembrava piena di buon senso comune:‘È morto un cardinale che ha fatto bene e male. Il mal l’ha fatto bene e il ben l’ha fatto male’. In sostanza era questa la morale che mi interessava mettere nel film… Nel mio mondo, sono gli anarchici i personaggi più veri. Li conosco meglio perché le mie idee sono più vicine alle loro. Io sono fatto di tutti e tre. Sentenza non ha anima, è un professionista, come un robot. Considerando il lato metodico e cauto del mio carattere, sono simile al Biondo: ma la mia profonda simpatia andrà sempre dalla parte di Tuco… sa essere toccante con tutta quella tenerezza e umanità ferita. Ma Tuco è anche una creatura tutto istinto, un bastardo, un vagabondo… Ciò che mi interessava era da un lato demistificare gli aggettivi, dall’altra mostrare l’assurdità della guerra. La frase chiave del film è quella di un personaggio (il Biondo) che commenta la battaglia del ponte:‘Mai visto morire tanta gente… tanto male’. La colonna sonora del film, famosissima, fu composta da Ennio Morricone, Il motivo principale, assomiglia all’ululato del coyote, è composta da due note, ogni  protagonista ha un suo tema musicale. I personaggi esprimono l’animo umano con luci ed ombre. Il Biondo che non ha neanche un nome, non parla, fuma e mastica sempre il sigaro è il buono, è l’angelo in noi ma spietato all’occorrenza, poi c’è Sentenza il cattivo, quello da eliminare, ha solo cattiveria inutile e deleteria è un assassino a pagamento non è mosso da passioni, è la parte di noi stessi da togliere. Tuco è il brutto anatroccolo, si dimena, si da fare, ciarla, fa il mascalzone ma di fondo è buono e il Biondo alla fine riconosce ciò, gli lascia la vita e la metà dell’oro. I protagonisti assomigliano a quegli avventurosi romagnoli di fine ‘800  un po’ santi, un po’ mascalzoni.

 

 

  articolo già pubblicato sul quotidiano “La Voce di Romagna” il giorno 07/07/2014