Quando il poeta canta le gesta di Gog e Magog

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Gog e Magog sono leggendarie popolazioni dell’Asia centrale, citate nella tradizione biblica e in quella coranica, quali genti selvagge, fonte di terribile minaccia. In varie epoche furono identificati con sciti, goti, mongoli, tartari, magiari, russi, tedeschi, cinesi o indiani. Anche il luogo delle popolazioni Gog e Magog venne fantasiosamente collocato in varie mappe. Gog e Magog, sono esseri misteriosi che la Bibbia rappresenta come re di popoli di giganti, nemici di Israele, interpretati come precursori dell’Anticristo. Nell’Apocalisse Giovanni descrive una grave  catastrofe che si avvererà quando Satana si metterà a capo di tutte le nazioni, riassunte sotto i nomi Gog e Magog (XX, 7-8). Mentre il profeta Ezechiele parla di un principe di nome Gog del paese di Magog. Nel corano Gog e Magog arriveranno verso la fine del mondo prorompendo e devastando la terra degl’infedeli. I geografi arabi collocano il territorio di quel popolo nella parte nord-est dell’Asia. La storia di Gog e Magog si intreccia anche con una delle tante leggende nate intorno alle imprese di Alessandro Magno, per sbarrare il passo alle feroci popolazioni di Gog e Magog che si nutrivano di carne umana, il re macedone avrebbe fatto costruire una porta di bronzo destinata a rimanere in piedi fino alla fine del mondo. Nelle leggende del tardo medioevo diventano due giganti nipoti dell’imperatore Diocleziano che vivono in Britannia. Adesso voi penserete cosa c’entrano questi selvaggi e mitologici Gog e Magog con la Romagna? Giovanni Pascoli nei Poemi conviviali ripropone questo mito, componendo un poemetto dalle tinte oscure e nefaste dove al tramonto echeggiano urla di uomini e scalpitare di cavalli, Gog e Magog un’orda selvaggia si lancia alla conquista, i barbari sono arrivati, la fine del mondo è vicina… Pascoli forse ha un presentimento sull’avvenire dell’umanità minacciata dai selvaggi ma forse è anche il popolo degli oppressi e dei diseredati che acquista alla fine il pane da sempre negato. “Alla gran Porta si fermò lo stuolo:/sorgeva il bronzo fra l’occaso e loro./Gog e Magog l’urtò di un urto solo./La spranga si piegò dopo un martoro/lungo: la Porta a lungo stridè duramente,/s’aprì con chiaro clangor d’oro./S’affacciò l’orda, e vide la pianura,/le città bianche presso la fiumane/e bionde messi e bovi alla pastura./Sboccò bramendo e il mondo le fu pane”.

 immagine: Gog e Magog nella city di Londra

articolo già pubblicato sul quotidiano “La Voce di Romagna” il  giorno 04/08/2014