LA SENZA PARAGONI

venere

Non si hanno notizie attendibili sulla committenza della Dama dei gelsomini. L’unica informazione certa è che l’opera è stata donata alla città di Forlì nell’Ottocento dal Conte Carlo Cignani. La tela potrebbe provenire da Firenze, gli abiti e l’acconciatura lo testimonierebbero. Caterina Sforza  probabilmente non è l’effigiata, basta confrontare visivamente gli altri suoi ritratti. La Dama è delicata, esile, un fiore di grazia, ricorda una bellezza trascendentale, un’idealizzazione, un canone. Ed ecco che la mente ricorda e il pensiero va a Simonetta Vespucci, eccovi lo scoop. Potrebbe essere Simonetta la Dama dei gelsomini. Ma chi era Simonetta? Simonetta Vespucci, era la donna più bella del Rinascimento, la Venere vivente, un’icona. La ninfa Simonetta, come viene chiamata da Poliziano nelle Stanze per la Giostra, fu celebrata da Lorenzo il Magnifico, Musa per tanti pittori dell’epoca, fra cui Sandro Botticelli che l’amò e la idealizzò forse più di quello che fece Dante con Beatrice. Simonetta nacque quasi certamente a Portovenere (una singolare coincidenza) da una nobile famiglia ligure. Appena quindicenne sposò Marco Vespucci, cugino del celebre Amerigo e si trasferì a Firenze dove condusse una vita riservata, finché non incontrò Giuliano de Medici, fratello di Lorenzo, che ipoteticamente, ne vide il ritratto nella bottega del Botticelli. L’esile figura, i biondi capelli (una rarità a quell’epoca in Italia), i profondi occhi, la delicatezza delle membra, Simonetta fu chiamata “la bella di Firenze”.  Fra Giuliano e Simonetta fu presumibilmente solo un amore platonico consumato in brevi anni di feste e ricevimenti in una vita lussuosa dentro la  corte medicea. Alla corte medicea, ai tempi, vi era l’influenza del neoplatonismo. La bellezza della donna era vista non in modo carnale ma come  spirito d’amore che poteva elevare l’uomo dal regno inferiore della materia a quello superiore dello spirito. In questo modo la mitologia fu pienamente riabilitata e le venne assegnata la stessa dignità dei temi di soggetto sacro. Venere venne  reinterpretata dai filosofi neoplatonici e diventò la Venere celeste, raffigurata nuda e simbolo dell’amore spirituale, mentre la Venere terrena ripresa vestita è simbolo dell’istinto e della passione. L’apogeo si  ebbe con il “Torneo di Giuliano”, una giostra svoltasi in piazza Santa Croce nel 1475. Giuliano, secondo quanto immortalato dal Poliziano, vi partecipò nonostante il pericolo, perché vi era in lizza un ritratto di Simonetta dipinto dal Botticelli, sul quale era riportata l’iscrizione “La senza paragoni”. Simonetta fu la trionfatrice e venne proclamata “regina del torneo”. La sua straordinaria bellezza e la sua grazia avevano ormai conquistato tutti. L’esistenza di Simonetta fu breve, morì di tisi il 26 aprile 1476, all’età di ventitré anni. Una folla immensa partecipò al funerale e sfilò davanti alla sua bara che era stata lasciata scoperta perché tutti potessero ammirarne la bellezza per l’ultima volta. Simonetta fu sepolta nella chiesa d’Ognissanti nella stessa Chiesa, sul pavimento c’è anche la tomba di Botticelli che aveva chiesto di essere sepolto ai suoi piedi. Confrontate i dipinti del Botticelli, che la riprese innumerevoli volte, continuò per tutta la sua vita a dipingerla anche quando lei era già morta, con la Dama dei gelsomini. A suffragare la mia tesi non c’è solo la somiglianza fra i dipinti, vorrei farvi notare il paesaggio alle spalle della Dama dei gelsomini, è chiaramente nordico, un castello e un fiume o un mare, che ricorda tanto il paesaggio odierno di Portovenere, il luogo natio di Simonetta. Se poi si osservano i gelsomini si noterà che sono azzurrognoli. Il gelsomino azzurro, è originario del Sudafrica, ma era presente nel bacino del Mediterraneo già ai tempi di Plinio il Vecchio, il suo nome è plumago, traducibile in pianta del piombo perché si credeva che curasse l’avvelenamento dal piombo. Non fu Simonetta che morì di tisi, malattia procurata anche dal piombo? Pure il drappo rosso dietro alle spalle della Dama è un simbolo di morte. Conclusione: la modella della Dama dei gelsomini potrebbe essere Simonetta Vespucci e l’esecutore Sandro Botticelli.

 

 

immagine:  Simonetta nelle vesti di Venere di Sandro Botticelli

 

 articolo già pubblicato sul quotidiano “La Voce di Romagna”

 

LA DAMA DEI GELSOMINI

Caterina_Sforza

Ai Musei di San Domenico a Forlì troviamo uno dei più bei dipinti che esistano al mondo: “La  Dama dei gelsomini”. Il ritratto è  velato di mistero, sia per l’attribuzione artistica che per l’individuazione  del soggetto. La gentildonna raffigurata si trova in una loggia, è resa a mezza figura, è di tre quarti, con il viso rivolto verso lo spettatore. Questa posa e l’intreccio delle belle mani evocano  la “Dama con l’ermellino” di Leonardo da Vinci. Le mani affusolate della dama, che poggiano su un vaso di gelsomini che più che bianchi sono azzurri, dal quale sta cogliendo un fiore, sono un punto di attrazione per l’osservatore, tanto quanto lo è il volto. Si suppone che l’effigiata sia Caterina Sforza, anche se è molto improbabile perché la Signora di Forlì  era quasi certamente una virago, piena d’energia ed indomita, nulla a che fare con la grazia dei modi della dama del ritratto. Caterina era di alta statura e dal seno prorompente, aveva occhi grandi, ed un naso grosso e grande, tipico dei romagnoli, le origini degli Sforza provengono da un giovane di Cotignola, un romagnolo che ebbe successo… all’estero. Inoltre Caterina è sempre effigiata coi capelli coperti da un velo e da brava azdora più che delicata era tosta. Ebbe tre mariti e numerosi amanti, undici figli, combatté con valore contro il Valentino, il quale conquistò la Romagna per poi perderla alla morte di suo padre il Papa Borgia. Si dice che Caterina, combattendo dall’alto della rocca di Forlì messa sotto ricatto dal rapimento dei figli, imperterrita alzò la gonna dicendo: “io ho la fabbrica”.     Vari studiosi, come ho già  accennato, hanno identificato la Dama con Caterina Sforza  tesi supportata dalla presenza nel quadro sia della fortezza, che sarebbe quella di Forlì o di Imola, sia dei gelsomini. Caterina nutriva, infatti, una forte passione per la botanica e per i rimedi naturali. Famoso è il suo ricettario di bellezza e la sua “Aqua celeste che fa regiovanire la persona, et de morto fa vivo”. Questa identificazione è stata riproposta di recente da una ricercatrice tedesca, Magdalena Soest, la quale ha ipotizzato che le donne rappresentate da Leonardo da Vinci nella “Gioconda” e da Lorenzo Di Credi in questo ritratto coincidano con la stessa persona, ossia Caterina Sforza. La Dama dei gelsomini sarebbe il suo volto da ragazza, la Gioconda sarebbe la sua raffigurazione da donna matura. Leonardo era già stato indicato come probabile autore, il grande artista fu allievo  assieme a Lorenzo di Credi, a Botticelli ed altri autori famosi  nella bottega del Verrocchio . E’ in ogni caso indubbio che nei quadri che ci sono pervenuti di Leonardo, famosissimi sono i ritratti femminili, quali “La  Dama con l’ermellino”, “La  Belle ferronièr”, siano donne del casato sforzesco. La bellezza della “Gioconda”è opinabile, non la sua celebrità, la quale è esplosa ad inizio Novecento col furto clamoroso perpetrato al Louvre dall’italiano Vincenzo Peruggia, imbianchino e falsario, il quale riteneva la Gioconda un’opera espropriata da Napoleone, si sbagliava, ma la Gioconda la rubò lo stesso e se la tenne per due anni e forse neanche restituì l’originale. Da allora la fama della Gioconda è lievitata come un panettone. Si nota una certa somiglianza comparando i ritratti certi di Caterina con la Gioconda, anche se l’ipotesi più probabile è che Leonardo vi abbia più volte ridipinto sopra cambiando il soggetto. A Ravenna intanto si stanno selezionando tre cadaveri alla scoperta  del Dna della Gioconda: se lo trovano lo rimaneggeranno fino a ricostruire il volto di Lisa Gherardini Del Giocondo, nobildonna fiorentina, la Monna Lisa che Vasari indica come modella per la Gioconda. E la Dama dei gelsomini sarebbe allora di Leonardo? Di  Lorenzo Credi? Raffigura Caterina? Non credo proprio io ho una nuova ipotesi… uno scoop.

 

 

immagine: La Dama dei gelsomini di Lorenzo di Credi

 articolo già pubblicato sul quotidiano “La Voce di Romagna”