Ma perchè i cani muoiono soli?

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Il migliore amico dell’uomo è famoso per la sua fedeltà, la sua allegria e la sua intelligenza, allora perché si dice “solo come un cane”, che significa anche “morire come un cane”, in modo dispregiativo, con significato di solitudine estrema? Il modo di dire, si dice nasca dall’osservazione che un cane tenuto isolato, lontano dai propri simili (come spesso succede ai cani da guardia), è sofferente e bisognoso di compagnia in quanto è un animale sociale. Se pensiamo poi a un tempo quando venivano legati a una catena, il ragionamento non fa una grinza. Ma perché si nasconde quando sente che sta per morire? Perché si allontana da chi l’ha accudito con affetto e sollecitudine? Il motivo sarebbe da collegarsi agli istinti primordiali dell’animale, legati a quando viveva in branco e quindi si allontanava per non essere di intralcio o causare problemi all’ interno del gruppo con la sua carcassa. Sceglieva il luogo più idoneo e si preparava al trapasso. Nella mia vita sin da piccola, il mio primo cane si chiamava Ringo, ho avuto attorno a me diversi cani, il cui ricordo della loro morte mi dà ancora dolore. Li ho osservati bene e penso che si nascondano perché noi non accettiamo fisiologicamente  la loro dipartita provocando a loro un intenso dolore. Non vogliono lasciarci, non vogliono vedere le nostre lacrime altrimenti non riescono ad accettare naturalmente la loro morte. Il mio cane lo trovai nascosto in un cespuglio, in un posto introvabile anche se vicino a casa, ero euforica ma il suo sguardo accorato mi gelò: sembrava si rimproverasse di non essere stato abbastanza accorto, mentre ero stata io la testarda egoista… lo lasciai lì e me ne andai. Agli animali che vivono in appartamento, questa ultima opportunità di scelta viene preclusa anche se tentano di celarsi magari sotto un armadio.“Solo come un cane” o “morire come un cane”, non sarebbe quindi sinonimo di emarginazione, ma accettazione, che non vuol dire indifferenza, bensì ricevere senza poter rifiutare. C’è dell’altro, anni fa gli anziani raccontavano che quando una persona era in punto di morte i familiari non dovevano piangere, curarlo questo sì, ma far finta di niente, perché altrimenti il moribondo avrebbe faticato nel passaggio verso la morte ,“trattenuto” dal dolore che causava. Io non so se questo sia vero o verosimile ma al mio funerale voglio musica, canti, cibo e vino a fiumi per tutti.

 

articolo già pubblicato sul quotidiano “La Voce di Romagna” il giorno 02/03/2015