Chiesa di San Giovanni Battista a Rimini, Guido Cagnacci, non fa differenze tra donne e Sante, per lui ogni donna era sensuale

Chiesa di San Giovanni Battista a Rimini, Guido Cagnacci, non fa differenze tra donne e Sante, per lui ogni donna era sensuale

Redazione Romagna Futura di Redazione Romagna Futura, in Cultura Romagna, del 28 Ago 2018, 06:25

L’Ordine dei Carmelitani ha le sue origini nel Monte Carmelo, dove visse il grande profeta Elia, ritenuto uno dei fondatori della vita monastica. Da sempre questo monte è stato considerato il giardino verdeggiante della Palestina e simbolo di fertilità e bellezza. I carmelitani si diffusero in Europa dalla Terrasanta dopo le prime crociate; furono eremiti ed ebbero fra di loro un Santo molto famoso: l’inglese Simone Stock. Nella storia vi è un collegamento con la Romagna ed un romagnolo, Guido Cagnacci

La leggenda racconta, infatti, che nel 1251, l’Ordine del Carmelo, era circondato da ostilità, e rischiava di estinguersi. San Simone Stock, si rivolse alla Madonna. Ascoltò il suo dolore donandogli lo scapolare, con queste parole: “Coloro che moriranno rivestiti di questo scapolare non andranno nel fuoco dell’inferno. Esso è un segno di salvezza, protezione e sostegno nei pericoli e di alleanza di pace”. I carmelitani ottennero la concessione della chiesa di San Giovanni Battista a Rimini nel 1573 e tale possesso rimase fino al 1797, a seguito delle soppressioni napoleoniche passò ai frati cappuccini.

I carmelitani divennero molto popolari e seguiti, specie per la loro venerabile Madonna del Carmelo. La chiesa è stata ricostruita agli inizi del Seicento e successivamente, in eleganti forme barocche, alla fine del ‘700. La chiesa ospita pregevoli dipinti, su cui primeggia la pala “Madonna con Santi Carmelitani”realizzata intorno al 1630 dal santarcangiolese Guido Cagnacci, uno dei protagonisti della pittura inquieta del Seicento. La pala dalle belle figure e dai notevoli e preziosi tessuti coi panneggi deliziosamente modulati, alla vista così morbidi che vien voglia di toccarli, colpisce per la posizione defilata della Madonna col Bambino, posta in alto, in posa di profilo.

Maggior spazio è dedicato a Sant’Andrea Corsini, la sua presenza è legata quasi certamente al giubilo dei frati per la canonizzazione avvenuta nel 1629. Andrea di nobile famiglia fiorentina, nacque nel 1301 sebbene in gioventù fosse arrogante, spendaccione e ozioso, udì il richiamo religioso e vestì l’abito carmelitano. Nella pala il Santo volge gli occhi alla Vergine col Bimbo ricevendone il beneplacito. Ai piedi del Santo troviamo le carmelitane Teresa d’Avila e Maria Maddalena de’ Pazzi.

Quest’ultima nasce nel 1566 appartiene alla famosa casata de’ Pazzi, potenti per generazioni a Firenze. A 16 anni entra nel monastero carmelitano in Firenze. Soffre di una misteriosa malattia che le impedisce di stare coricata. Al momento di pronunciare i voti, devono portarla davanti all’altare nel suo letto, dove lei sta sempre seduta. Da questo momento vivrà diverse estasi, che si succederanno per molti anni e le descriverà in cinque volumi di manoscritti. Morirà nel 1607 dopo lunghe malattie.

Nella pala la Santa è inginocchiata, ha un volto bellissimo ricco di punti di luce, gli occhi abbassati e le vesti inondate di chiarore, Cagnacci riesce ad ottenere, lui così carnale ed erotico, un misticismo puro. Maddalena riceve dall’angelo che la sovrasta una corona di spine, chiara allusione alle sue estasi. Teresa d’Avila (1515 /1582), Santa spagnola, è ricordata per essere stata una delle più grandi mistiche della religione cattolica. Fu la fondatrice dell’ordine dei carmelitani scalzi. Nei suoi scritti descrive le sue estasi: un angelo le colpiva il cuore con un dardo dalla punta infuocata che le lasciava cinque ferite, simbolo delle stimmate.

Nel dipinto di Guido Cagnacci, Teresa viene trafitta dalla freccia infuocata dell’angelo, vestito riccamente di rosso e che pare meravigliato di ciò che sta accadendo. L’intensità della Santa è una specie di languore che la spossa, gli occhi sono chiusi e la bocca semiaperta pare ansimare di piacere. L’estasi sembra un orgasmo, come la più tarda e famosissima opera marmorea “Estasi di Santa Teresa” del Bernini a Roma. Cagnacci, non fa differenze tra donne e Sante, per Guido ogni donna era sensuale. E’ innegabile che Cagnacci dia il meglio di sé nei quadri in cui le donne sono le protagoniste indiscusse. La pala dei carmelitani benché sia in un luogo religioso e raffiguri delle Sante, rientra in questo ambito. Le donne, dipinte o reali, furono la fortuna e la sventura del romagnolo Guido Cagnacci.

Paola Tassinari

Cagnacci romagnoli

Cagnacci_Fiori

 Nella Pinacoteca civica di Forlì con il titolo di “Fiasca con fiori” attribuita un tempo a Guido Cagnacci, vi è un’opera misteriosa, giudicata da Antonio Paolucci  il “Quadro più bello del mondo”  però non si sa chi sia l’autore. Adesso ha un nuovo titolo: “Fiori in una fiasca impagliata”, viene datata al 1625-1630 e attribuita al “Maestro della Fiasca di Forlì”. Di Cagnacci non può proprio essere, il romagnolo aveva uno stile sfumato ed aereo, mentre chi ha dipinto la “Fiasca” viaggiava sullo stile caravaggesco, ma se gli studiosi un tempo lo avevano collegato col Cagnacci qualche congruenza doveva esserci, forse era un suo quadro dipinto sotto la supervisione del suo maestro. Guido Cagnacci nasce a Santarcangelo nel 1601, da famiglia benestante. Si trasferisce con la famiglia a Rimini, ma ha l’animo inquieto, la città non gli basta. Va a Bologna e impara l’arte coi Carracci, da qui forse nasce l’attribuzione della celebre “Fiasca”, non può sfuggire la somiglianza con “Il Mangiafagioli” di Annibale Carracci. Da Bologna decide di andare a Roma,dove condivide l’appartamento col Guercino. A Roma apprende il naturalismo barocco, sfumato “alla francese” di Vouet. Torna a Rimini dove fa una promessa scritta di matrimonio con la Contessa Teodora Stivavi, appena vedova, di nascosto, perché i matrimoni tra ceti diversi a quell’epoca non erano ammessi; furono scoperti, nonostante la Contessa fosse andata all’appuntamento vestita da uomo, lui si rifugiò nella chiesa di S. Giovanni Battista mentre lei fu rinchiusa nel convento e processata dalla congregazione dei vescovi. Da questo evento inizia la diaspora di Cagnacci, fra viaggi, donne e soprattutto intestardito di far valere la sua promessa di matrimonio scritta, non si capisce se follemente innamorato, ma non credo, testardo come un mulo o attratto dal titolo nobiliare, comunque sia era ben bizzarro. Nel 1637 decora la cappella della Madonna del Fuoco a Forlì, ma le commissioni religiose cessano, il pittore da scandalo, è costretto così ad arrangiarsi con soggetti femminili poco vestiti. Viene chiamato alla corte di Vienna dove muore nel 1663. L’arte è sempre mistero e Cagnacci oltre all’enigma della “Fiasca” ce ne regala un altro: “Il Ritratto di giovane frate” che si trova ai Musei Civici di Rimini. Questo quadro ritrae un giovane frate dagli occhi ardenti  che durante gli anni ha subito delle modificazioni , non si sa se per damnatio memoriae o meno. Dietro le sue spalle si trovano pesanti libri di carattere religioso, mentre precedentemente trattavano temi scientifici, inoltre in alto a sinistra appariva il nome del religioso. Raffigurato di scorcio, guarda lo spettatore con accesa intelligenza, davanti a sé un teschio come memento mori, ha una stola con croci che lo fanno abate. Chi era? E perché prima fu ritratto con mezzi e strumenti scientifici, poi cancellati? Possiamo ipotizzare che il frate sia un gesuita, nel 1627 erano già presenti a Rimini, Cagnacci realizzò per la loro chiesa un dipinto che raffigurava i primi Santi gesuiti del Giappone. I gesuiti furono fondati da Sant‘Ignazio di Loyola nel 1540 e divennero molto presto uno dei grandi ordini della Chiesa cattolica. Convinti dell’importanza dell’istruzione, diedero vita a una rete di scuole in tutta Europa, da cui uscirono le menti più fervide. I gesuiti erano ottimi insegnanti: Giuseppe Biancani di  Bologna era un gesuita e un astronomo insegnò matematica a Parma; avversario del sistema eliocentrico, polemizzò con Galileo negando la montuosità della Luna. Suo allievo fu un altro eccellente astronomo ed anche gesuita di Ferrara: Giovanni Riccioli che dedicò il nome del suo maestro al cratere lunare Blancanus nel 1651.  Per tanta sapienza e per la loro grande capacità organizzativa divennero molto potenti e nel corso del Settecento l’ostilità verso di loro fu molto dura e causò  la soppressione dell’ordine nel 1773. Ecco che forse per un dispetto al frate probabile gesuita gli sono stati tolti i simboli della conoscenza scientifica lasciandogli solo quelli teologici. La Compagnia di Gesù fu ricostituita nel 1814 e riacquistò in breve tempo un ruolo centrale nel mondo cattolico.

immagine: “La Fiasca” Musei San Domenico, Forlì

Articolo già pubblicato sul quotidiano “La Voce di Romagna” il giorno 12/01/2015