Boldini dentro e fuori

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Ardengo Soffici, poeta, scrittore e pittore, forse un po’ di parte, perché a causa della rovina finanziaria del padre si ritrovò dall’agiatezza alla povertà, definiva Giovanni Boldini, che era l’artista dei  super-ricchi, “né un pittore, né un creatore, né un poeta”. Aldo Palazzeschi, il grande e ironico scrittore, confrontava Boldini con Toulouse Lautrec, lo “gnomo di Montmartre”, affermando che l’arte dello “gnomo ferrarese” era facile e decorativa, quanto drammatica e angosciosa quella di Lautrec. I due artisti avevano in comune la bassa statura, Lautrec aveva avuto un incidente appena giovinetto alle gambe che ne aveva impedito la crescita, l’aspetto non piacevole ed erano anche scorbutici. Lautrec era di famiglia ricca, la famiglia di Boldini faticava a sbarcare il lunario, entrambi hanno la perizia virtuosistica del disegno, una linea densa ed espressiva Lautrec, una linea decorativa, seducente, accattivante quella di Boldini. Quest’ultimo è adorato  dal bel mondo, dove si muove agilmente e sebbene piccolo e bruttino è attorniato dalle stesse dame che ritrae, come potete vedere alla Mostra “Boldini lo spettacolo della modernità”,a Forlì, ai Musei San Domenico sino al 14 giugno, le dame sono molto belle e charmant. Quasi spogliate, magre, affusolate, sono donne della modernità, potremmo paragonarle alle donne di spettacolo di oggi. Spettacolo è tutto ciò che attrae lo sguardo, ma ciò che sono realmente queste donne, Boldini non ce lo fa vedere. Non si sfugge allo spettacolo di Boldini, all’influenza dei suoi colori e alle sue linee veloci, scattanti, incredibili. Conosceva tutti i trucchi del mestiere un vero artista della lumeggiatura. Boldini si cimenta nella pittura fin dalla giovanissima età. Nel 1862 è a Firenze dove frequenta i macchiaioli, nel 1867 si reca per la prima volta a Parigi e vi si trasferisce definitivamente nel 1871, dopo un soggiorno a Londra. Riscuote notevole successo nella società parigina per i suoi ritratti. Nel 1919 viene insignito della Legion d’onore, massima onorificenza francese. A 87 anni, due prima di morire, sposa una giornalista trentenne . Ad aprire la mostra: “Scena di festa al Moulin Rouge” dove in un tripudio di rosso vivo Boldini si ritrae al centro della scena. Di fianco è esposto : “Ritratti dalla borsa”di Degas, uomini in nero, colore simbolo della borghesia. Negli autoritratti Boldini si ritrae con lo sguardo intenso e l’aspetto piacevole ben diversamente appare quando è ritratto da Degas: sguardo vacuo e portamento tronfio. Al piano superiore  troviamo due diverse immagini di Giuseppe Verdi, entrambe dalla tecnica eccellente. Il ritratto di Verdi a pastello è talmente famoso, che ormai si identifica col grande musicista più del Rigoletto. E poi arrivano le donne, una carrellata di bellezza, di vivacità, di spettacolo,donne scollacciate, dai vestiti alla moda, come ad esempio: “La contessa Speranza” dall’abito nero con la scollatura abissale, colta mentre si infila al volo una corta pelliccia. Ciò che più colpisce nei ritratti delle donne a figura intera sono i vestiti, resi mirabilmente più che nelle foto di moda odierne, svolazzanti, gonfi, ondeggianti par di sentirne il fruscio… ma come sono eleganti! Un po’ irriverente, mi pare, la posizione del dipinto:“Il cardinale Guido Bentivoglio” di van Dyck, rara sinfonia di rossi, fra i ritratti di due seducenti  e discinte donne in rosso scuro di Boldini. I ritratti di queste meravigliose donne sono lo specchio di una società decadente dove il pudore più non esiste. Il mito narra che quando il pudore non riesce più a frenare gli eccessi, non rimane altro che la nemesi: la vendetta che ripara i torti mediante la punizione dei colpevoli. Da lì a poco scoppierà la Grande Guerra. Dopo la guerra la nuova donna è rappresentata in Mostra da un dipinto di Modigliani del 1918: una figura iconica, antica e triste. La star della Mostra non è una donna ritratta da Boldini, ma da Francisco Goya: “Tadea Arias de Enriquez”  del 1789, la fanciulla acconciata e vestita elegantemente alla moda del tempo, si sta togliendo un guanto, ha lo sguardo fermo, volitiva e affascinante ma senza sguaiataggine, né eccessi.

 

immagine: “La contessa  Speranza” di Giovanni Boldini

articolo già pubblicato sul quotidiano “La voce di Romagna” il giorno 23/03/2015