La morte di Barbara

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Uno dei massimi capolavori della scultura quattrocentesca è Il monumento funebre a Ilaria del Carretto,     di Jacopo della Quercia, risalente al 1406-1408 e conservato nella Cattedrale di San Martino a Lucca. Il sarcofago marmoreo raffigura la ragazza dormiente e riccamente abbigliata, su un catafalco decorato con putti che reggono dei festoni. Ilaria ha i capelli raccolti da una fascia imbottita e la testa è appoggiata su due cuscini. Il ritratto è dolce ed elegante, con uno struggente contrasto tra la bellezza della fanciulla e l’idea della morte. Ai piedi di Ilaria è accoccolato un cagnolino, simbolo di fedeltà. Questa opera è una delle mie preferite e l’ho sempre associata per bellezza e per la giovane età della defunta, al monumento funebre di Barbara Manfredi a Forlì. Pino III Ordelaffi probabilmente per sgravarsi la coscienza, commissionò a Francesco di Simone Ferrucci da Fiesole un bellissimo sepolcro per la moglie Barbara. Collocato originariamente nella chiesa forlivese di San Biagio, distrutta da un bombardamento durante la seconda guerra mondiale, è ora nell’Abbazia di San Mercuriale di Forlì. Francesco di Simone Ferrucci (12437/1493)  è stato uno scultore italiano, influenzato da Andrea del Verrocchio e da Desiderio da Settignano, appartenente ad una famiglia di scalpellini, fu quasi sempre un maestro itinerante, attivo a Firenze, ma con numerose committenze anche dalla Romagna, Umbria e Marche, dove si trovano numerose sue opere. Il sepolcro di Barbara è a forma di arco, è sormontato da un tondo in stile “Della Robbia”: una Madonna con Bimbo. L’archivolto e i pilastri sono adorni di palmette e decorazioni varie, ricordano la Colonna dei Francesi, in realtà un pilastro, che si trova in aperta campagna alle porte di Ravenna. Dalla volta scendono tessuti damascati di marmo, sorta di palcoscenico per Barbara che sembra essersi appena addormentata. Ha le braccia incrociate e il capo appoggiato su un bel cuscino. Il catafalco è abbellito da due putti ignudi che tengono fra le mani un’epigrafe. Sicuramente una delle più belle opere esistenti in Romagna. Il sontuoso lavoro scultoreo nasce in un ambiente di tragedia familiare, di veleni e di avvelenamenti. Pino III Ordelaffi, era fratello di Francesco IV Ordelaffi, signore di Forlì dal 1448. Pino sposa, nel 1462, Barbara Manfredi figlia del signore di Faenza, Astorre II Manfredi, sua promessa sposa fin da quando ella aveva sette anni. Dopo un sospetto tentativo di avvelenare Pino, che si riprenderà, da parte di suo fratello Francesco e dopo una manovra di Barbara di avvelenare Francesco ecco che quest’ultimo viene assassinato da un ufficiale. Pino assume la signoria di Forlì e Forlimpopoli. Ma non finisce qui: Barbara muore improvvisamente e il padre di lei sospetta immediatamente Pino di averla a sua volta avvelenata, per gelosia. Pino allora si dispera e ordina il lussuoso monumento per la giovane, appena ventiduenne, moglie spirata, forse per togliere i sospetti dalla sua persona. Intanto Pino cerca un’alleanza con Taddeo Manfredi di Imola rivale del signore di Faenza, cercando di contrastare il tentativo del padre di Barbara di cacciarlo con l’aiuto del Papa. Pino così sposa la figlia di Taddeo, Zaffira  Manfredi, che morirà di lì a poco avvelenata nel 1473. Nel 1467 era morta avvelenata anche la madre di Pino. In questo periodo, a Forlì, si beveva più veleno che vino. Il governo di Pino III, anche se offuscato dalle congiure di palazzo, si caratterizzò per un periodo di pace e di espansione economica. Pino si sposò una terza volta con Lucrezia Pico della Mirandola, sorella di Giovanni Pico della Mirandola. Un contemporaneo notò che Lucrezia stava sempre molto attenta a quello che mangiava! Pico della Mirandola filosofo e umanista, è famoso per la sua  prodigiosa memoria: si dice conoscesse a mente numerose opere e che sapesse recitare la Divina Commedia al contrario, partendo dall’ultimo verso. Lucrezia cui ci risulta non fu avvelenata, forse possedeva un po’ della mirabile memoria del fratello, cioè la capacità del cervello di conservare informazioni, nel breve, medio e lungo termine, che spesso serve anche a salvarsi la vita.

immagine: sepolcro di Barbara Manfredi

articolo già pubblicato sul quotidiano “La Voce di Romagna” il giorno 02/11/2015