Areoporti di Romagna

aeroporto-forlì

Il 30 agosto 1925, Italo Balbo, il grande aviatore che guidò due voli transatlantici e fu poi ministro dell’aeronautica, accompagnava a Forlì il segretario del partito fascista Roberto Farinacci, per compiere un gesto di grande lancio: la fondazione di Predappio Nuova, per celebrare il luogo di nascita del duce. Il 19 settembre 1936, il fascismo era all’apice, il duce non può rimanere senza uno scalo nella sua città: nasce il “Luigi Ridolfi”, dal nome del pilota di Forlì rimasto vittima di un incidente aereo nei dintorni di Milano. Luigi Ridolfi era abile anche nel volo acrobatico, aveva infatti eseguito vari spettacoli nella sua città. I forlivesi avevano il volo nel sangue già al tempo dei primi lanci delle mongolfiere. Enrico Forlanini  inventore e pioniere dell’aviazione italiana, nel 1909 fu il realizzatore del primo volo e del primo dirigibile italiano, era di Milano ma visse ed operò anche a Forlì. Il campo d’aviazione si realizzò nell’area attuale fra Forlì e Forlimpopoli. L’aeroporto si estendeva su una superficie di 120 ettari, era dotato di hangar, officine, caserme, centrale elettrica, uffici; vi stanziava il 30° Stormo dell’Aeronautica militare. Per volere di   Mussolini , fu poi edificato il Collegio aeronautico, intitolato a Bruno Mussolini, figlio del duce, morto in un incidente aereo. Il palazzo, destinato a ospitare il primo istituto aeronautico in Italia, è un notevole edificio in stile razionalista, si trova a  Forlì, in piazzale della Vittoria. Attualmente è adibito ad uso scolastico. Davanti vi è la bella statua che rappresenta Icaro. All’interno vi sono i  mosaici in pietra bianca e nera, che raccontano la conquista dei cieli e le vicende dell’aviazione italiana dalle sue origini fino agli anni ‘40. Nella vicina Predappio si assemblava il Caproni Ca.164, un monomotore biplano, prodotto con successo dall’azienda Aeronautica Caproni, negli anni trenta. Oggi le gallerie della Caproni sono interessate dal  programma Ciclope, un laboratorio di fluidodinamica, un progetto di alta ricerca e di internazionalizzazione nel tecnopolo aeronautico. Il Ridolfi nella seconda guerra mondiale, divenne  base della Lutwaffe tedesca, così lo scalo subì numerosi attacchi e danni dagli alleati. Dopo il conflitto, divenne base militare degli alleati. Nel dopoguerra vi fu la rinascita voluta fortemente dalla società “Aereo Club” che promosse ogni forma di attività aeronautica. Fra gli anni ‘50 e  gli anni ‘60, l’aeroporto si apre all’aviazione civile. Nel maggio 1968 fu istituito ufficialmente, con decreto ministeriale, l’Istituto tecnico aeronautico “Francesco Baracca”. Altre tappe fondamentali: le sedi distaccate dell’Università di Bologna con i corsi di laurea in Ingegneria Aerospaziale e in Ingegneria Meccanica, il centro Enav, scuola di formazione per i controllori di volo, unica in Italia, scuole di addestramento al volo e l’Istituto per lo studio e l’applicazione delle scienze aeronautiche e spaziali. Sembrava che tutto andasse per il meglio, ma l’aver osato competere con l’aeroporto “Marconi” è stato l’inizio della fine, ora lo spettro del fallimento. L’altro aeroporto romagnolo il “Federico Fellini”, che funge da scalo anche per San Marino, aveva creato una voragine di debiti ma tramite una cordata di soci si  è raggiunto l’aumento di capitale con tentativo di rilancio dell’aeroscalo. Fra i soci della cordata vi è il produttore Domenico Procacci, appassionato di paracadutismo assieme alla moglie, l’attrice Kasia Smutniak, ex compagna dello sfortunato Pietro Taricone. Procacci ha motivato il suo gesto all’affetto che prova per Rimini ed anche perché la madre era di questi luoghi. La viabilità in Romagna è assai precaria, qualcuno dice che le opere infrastrutturali sono strategiche per uscire dalla recessione, basti pensare a come sono in rovina i nostri collegamenti verso le altre regioni: la “Romea”,  la “E45” o l’Adriatica; le strade provinciali sono poi piene di buche, i treni spesso in ritardo, però… abbiamo due aeroporti e a chi pensa che due scali non possano reggere a soli 50 Km. di distanza, non ha fatto i conti con l’inventiva e la caparbietà dei romagnoli.

articolo già pubblicato sul quotidiano “La Voce di Romagna” il giorno 08/12/2014