Le 107 pugnalate della setta degli accoltellatori

zoom_62914315_foto_saracca_3

Tredici reati di sangue, otto morti, sei feriti, centosette pugnalate inferte, una sola firma: quella della setta degli accoltellatori di Ravenna. L’attività criminosa si svolse tra il 1865 e il 1871, culminò col processo, che ebbe vasta risonanza in tutto il Paese, istruito in città nel 1874 contro i 23 presunti accoltellatori, quasi tutti condannati. Tutto comincia a Ravenna una sera del 1865, in via delle Melarance (oggi via Mentana), spesso si incontravano ubriachi che annegavano nel vino dell’ Osteria della Grotta le amarezze sulla mancanza di lavoro e sulle incertezze del domani. Tra di loro vi erano molti ex garibaldini, qualcuno aveva anche partecipato all’impresa dei Mille, delusi per il   l’ Italia unita, ma monarchica. La monarchia era una pillola amara che loro non riuscivano ad ingoiare. Nelle osterie  incitavano alla rivolta sostenendo che il Risorgimento era stato tradito e passarono dalle parole ai fatti, decisero di dare una lezione a quei “boia” che si arricchivano affamando la povera gente. Colpirne uno per educarne cento dicevano. La prima vittima fu il direttore della Banca Nazionale di Ravenna, poi dopo una serie di ferimenti con la saracca (coltello da tasca romagnolo a lama dritta micidiale), ci scappò il primo morto, fu ucciso il procuratore del re. Gli ambienti repubblicani vennero setacciati e gli arresti furono all’ordine del giorno. A mettere fine alla banda fu un delatore, un pentito diremmo oggi. La Romagna era ai tempi terra di gruppi ribelli e indomabili, di accese passioni politiche. La difesa dell’onore era un concetto tenuto in gran conto anche in ambienti popolari, laddove il sentirsi superiori dipendeva proprio dalla capacità di duellare. Molti romagnoli usavano come arma di difesa la saracca, la tenevano in tasca, assai diffusa dal XVII secolo ai primi del Novecento. Il Passatore ritratto spesso col trombone che  probabilmente non usò mai, era l’arma dei briganti calabresi, in realtà pure lui usava il coltello. Anche Mussolini da ragazzo pare fosse espulso dal collegio dei  salesiani, a Faenza, per un colpo di coltello inferto ad un compagno.

articolo già pubblicato sul quotidiano “La voce di romagna” il giorno 12/05/2014