Santa Maria delle grazie

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Il Santuario di Santa Maria delle Grazie di Fornò, sorge nella campagna tra Forlì e Forlimpo­poli, per accedervi occorre percorrere un viale fra due fila di alberi alti e sinuosi e si arriva a questa chiesa rotonda  e imponente, dai mattoni chiari e regolari, percorsa, in alto, da fasce decorative che alternano il monogramma della Vergine con la cifra  IHS, attributo iconografico di S.Bernardino, di cui l’ideatore del Santuario era devoto, ma potrebbe semplicemente essere raffigurata una maternità simbolica in quanto la scritta IHS significa Gesù. Entrandovi  si trattiene il respiro: il presbiterio è chiuso da una mu­ratura cilindrica, che pare il tronco di un albero, mentre il soffitto in travi di legno disposte a raggiera sembra un intrico di rami.  Struttura originale e simbolica, ma fragile, dopo cinquant’anni già stava crollando, fu papa Giulio II, ritratto negli affreschi all’interno della chiesa, a fare il primo restauro. Pietro Bianco da Durazzo, un pirata fattosi monaco, un eremita vestito di bianco, arriva a Forlì nel 1448, uomo di profonda devozione, solitario, gira scalzo, è parco nel mangiare, non tocca il denaro, eppure costruì il Santuario col convento e il campanile, doveva essere assai determinato ma il denaro dove lo trovò per una commissione così importante? La chiesa custodiva unʼimponente statua (altezza cm 174)di Madonna col Bambino eseguita attorno al 1454 da Agostino di Duccio; è in marmo bianco divisa in quattro blocchi, semplice, quasi una Kore (statua votiva tipica della scultura greca arcaica) un capolavoro che cattura lo sguardo e l’anima, ricorda la calma piatta delle meravigliose Madonne di Piero della Francesca. Il coevo rilievo marmoreo, che rappresenta la Santissima Trinità, sempre di Duccio, riprende la composizione del celebre affresco di Masaccio in Santa Maria Novella a Firenze. Al centro dell’altare c’è la sacra icona, portata a Forlì da Pietro: la Madonna delle Grazie e della Misericordia, regge con le mani una mandorla con lʼimmagine di Gesù che ha nella mano il globo, in basso Pietro inginocchiato, non è l’originale in quanto il dipinto fu trafugato non molti anni fa. Nelle cappelle laterali sono collocate pale d’altare, tra cui Sant’Agostino nello studio, un olio su tela, dove il Santo ha lo sguardo rivolto al cielo, indossa un sontuoso piviale, è effigiato con i suoi attributi tradizionali: i libri, il pastorale e la mitria, con accanto due bei putti. Ci sono due acquasantiere, forse di Duccio, di delicata bellezza. La chiesa di santa Maria della Misericordia fu edifi­cata, come indica lʼiscrizione sopra la porta dʼingresso del protiro, nellʼanno del Giubileo 1450. La lunetta affrescata proprio sopra l’iscrizione è molto bella, anche se quasi distrutta: una Resurrezione in cui Cristo è ormai del tutto scolorito, si vedono solo i soldati che dormono “stravaccati” e ricorda in qualche modo la celeberrima Resurrezione di Piero della Francesca. Pietro era forse era un pirata, che pentitosi usò i tesori accumulati per costruire il più bel simbolo al mondo per la Madonna e il Figlio, ma è più probabile che fosse un monaco orientale, giunto sulle nostre coste per salvarsi dai turchi. Costantinopoli stava crollando sotto i colpi delle armate turche, persino Giovanni VIII Paleologo,l’imperatore orientale, era venuto in Italia, disperato, a chiedere aiuti militari ma nel 1453, la “seconda Roma”, cadde. Gli ortodossi cercavano aiuto in occidente e le corti italiane erano affascinate da questi monaci così sapienti che conoscevano il greco e avevano tanti manoscritti di autori a loro sconosciuti. Non era la prima volta che ondate di monaci ortodossi scappavano da Oriente per salvarsi. Nel periodo iconoclasta (VIII secolo) migliaia di monaci basiliani (si ispiravano alla regola di San Basilio Magno) arrivarono sulle nostre coste portando sapienza e tecnica, fu uno di loro, Pantaleone, che nel XII secolo ideò e costruì il famoso mosaico dell’Albero della Vita di Otranto… trecento anni dopo un altro sapiente monaco orientale lasciò il suo “albero” a Forlimpopoli. Il Santuario per particolarità, unicità e bellezza potrebbe far parte del Patrimonio Unesco.

 

immagine :Santuario di Fornò

articolo già pubblicato il giorno 20/07/2015 sul quotidiano “La Voce di Romagna”