Ravenna, città che chiude le ere

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Ravenna è città di morte, non per niente Dante è morto qui, inoltre la città è piena di sarcofagi e spesso è velata dalla nebbia come da un sudario, il quale può essere un lenzuolo funebre, ma presso gli antichi romani si usava per asciugare il sudore. La cultura è nata per cercare di spiegare la morte, per dare un senso al nostro vivere, e si raggiunge con fatica. Ravenna come città di morte, ma se la vita è la porta della morte, di conseguenza la morte è la porta della vita. L’Impero romano morì a Ravenna nel 476. Poco tempo prima Stilicone (359/408) il generale che riusciva a difendere l’impero fu ucciso a Ravenna. Stilicone si rifugiò in una chiesa, gli fu promessa salva la vita, invece fu decapitato, avrebbe potuto ribellarsi, forte del suo esercito di unni, non lo fece per non scatenare una guerra civile. Un valente generale che ebbe dall’imperatore Onorio, come segno di gratitudine la morte. Onorio in odore di incesto, sembra che baciasse sulla bocca, anche in pubblico, la sorella Galla Placidia, di lui si hanno notizie poco lusinghiere. Un aneddoto racconta che egli amasse passare le giornate dando da mangiare alle sue galline che giravano liberamente per il palazzo. Un giorno un inviato gli portò la notizia che Roma era caduta, Onorio rispose:“Ma come, se ha mangiato solo poco fa!”. Alludeva alla sua gallina preferita, da lui chiamata Roma. Ma continuiamo nelle morti ravennati, Odoacre il primo re d’Italia fu ucciso da Teoderico, questi pure morì a Ravenna. Teoderico fu un grande re, un “tedesco” allevato dai bizantini, la sua memoria era così forte, la sua figura così tenace che subì la damnatio memoriae, di lui non esistono più raffigurazioni, cancellati i mosaici che lo ritraevano nella sua chiesa ariana, la sua salma gettata via, rimane il suo Mausoleo e forse il suo sarcofago di porfido. A Ravenna morì papa Giovanni I, imprigionato con l’inganno da Teoderico e morì Rosmunda la regina dei longobardi. Come dimenticare poi il vescovo Rinaldo da Concorezzo? Contemporaneo di Dante, dotto prelato che sfidò il Papa e assolse i templari, con motivazioni che saranno riprese molto più tardi da Cesare Beccaria. Gaston de Foix, l’Alessandro Magno del 1500 ebbe una morte poco eroica sempre a Ravenna. Infine Anita Garibaldi spirò nella landa desolata fra la terra e il mare di Ravenna. Per ultimo, come si conviene ad una star, voglio parlarvi dello strano destino di Flavio Ezio (Durosturum 390 circa / Ravenna 454). Ezio veniva dalla Dacia, e aveva sposato una donna romana. Aveva passato parecchi anni come ostaggio degli unni, e Attila era per lui come un fratello, dato che erano cresciuti insieme. Prima di essere ostaggio degli unni lo era stato dei   visigoti di Alarico, sequestrato nel sacco di Roma (410) assieme a Galla Placidia. Ezio accumulò un potere che nemmeno Stilicone aveva mai avuto, e un giorno, lo sapeva, avrebbe raggiunto il trono; non era certo l’imperatore Valentiniano III a fargli paura, il cui unico pregio era l’essere figlio di Galla  Placidia. Ezio controllava la Gallia del nord coi suoi guerrieri; si sentiva unno lui stesso, parlava la loro lingua alla perfezione e da loro aveva imparato a cavalcare, a tirare d’arco e le tecniche militari tipiche dei cavalieri della steppa. Fu sempre fautore dell’alleanza romana coi barbari. Sembra che in ogni battaglia vedesse un duello, una sfida cavalleresca, addirittura un giudizio divino, era un antesignano della figura del cavaliere. Nei libri di storia è ricordato per la battaglia dei Campi Catalaunici (451) vicino a Troyes dove sconfisse Attila. In un modo o nell’altro l’Impero tenne fino al 454, sino a quando Valentiniano uccise Ezio. Il baluardo dell’Impero fu ucciso da un imbelle rammollito come Valentiniano, il quale fu poi eliminato l’anno successivo dai guerrieri di Ezio. A Ravenna, l’agonia e la fine dell’Impero Romano ma anche l’inizio del Medioevo con le gesta ricordate nelle saghe dei Nibelunghi (di cui fanno parte anche Teoderico e Attila) e di Artù e i cavalieri della tavola rotonda. Chrétien de Troyes scrittore e poeta francese medievale, ideatore del ciclo bretone, può essersi ispirato alla battaglia avvenuta tanti anni prima nella sua città natia.

immagine: Mausoleo di Teoderico

articolo già pubblicato sul quotidiano “La Voce di Romagna” il giorno 02/03/2015