PRIMAVERA SIMBOLICA

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La calata in Italia di genti celtiche a partire dal V a. C. secolo venne dipinta per lungo tempo come la discesa di popoli poco civili verso terre più fertili ma potrebbe essere possibile che sia stato un provvedimento di ver sacrum (primavera sacra: migrazione e colonizzazione di terre nuove).  La   “primavera sacra”era un antico rito indo-europeo legato ai popoli nomadi preistorici. Divenuti  successivamente stanziali, quando il luogo diveniva troppo popoloso o c’erano problemi di approvvigionamento di cibo per carestia o altro,  si attuava il ver sacrum (che differentemente dai Greci che creavano colonie, era una vera e propria migrazione e fondazione). I bambini  nati in maggio venivano consacrati per tale rito. Divenuti adulti, li coprivano con un velo e li facevano uscire dal loro territorio. La presenza del velo li designa come assimilati ai morti, il cui viso veniva velato, per impedire loro di tornare indietro. Questi tristi cortei uscivano dal luogo natio, per fondare un nuovo insediamento, col vessillo di un animale/totem, così sembra che gli Irpini avessero come bandiera il lupo e i Piceni il picchio che ancora oggi è il loro simbolo. Probabilmente ciò vale anche per la Romagna, il nostro animale potrebbe essere stato il gallo che condividiamo con la Puglia oppure tenendo conto che la celebre X Legione reclutata in Romagna, fiore all’  occhiello dell’esercito romano e la preferita di Cesare, aveva come emblema sugli scudi il maiale selvatico… il nostro animale/totem  potrebbe essere stato la Mora Romagnola.  Queste migrazioni spiegherebbero la diffusione di genti, divenute poi latine, su tutto il territorio italiano dalle tradizioni,  usi e costumi così simili. Ma questo preambolo mi serviva per farvi capire quanto le stagioni fossero importanti per gli antichi, in particolare la primavera in quanto dava la possibilità di rinascita e non solo metaforica. Fino al 60 a.C, l’Equinozio di primavera cadeva nella costellazione dell’Ariete, dopodiché è passato in quella dei Pesci,  ciò a causa di un movimento millenario della Terra sulla sua orbita chiamato Precessione degli Equinozi, non credo che molti noi lo sappiano ma invece era ben noto ai nostri progenitori che erano senza nessun mezzo tecnologico dei bravi astronomi. Tutte le società antiche, in particolare quelle agricole, celebravano la primavera come una resurrezione, attraverso simbologie profonde rimaste nel nostro immaginario. A dire la verità negli usi e costumi non si capisce bene se la data iniziale sia il  21 marzo, i cinesi la collocano a metà febbraio, in Svezia al primo maggio e da noi in Romagna  se ne festeggia l’arrivo con “lom a merz” i primi di marzo ed in altri luoghi con “al fugaren” per San Giuseppe o addirittura a metà aprile coi falò a Rocca  San Casciano. Il motivo dell’accensione del fuoco è legato  all’antico nome della  primavera: “Alban Eiler”, che significa la “Luce della Terra”. E’ il momento dell’anno in cui le ore di luce sono equivalenti alle ore di buio. La primavera ancora oggi è aspettata con speranza, legata allo sbocciare dei fiori, alla giovinezza, alla rinascita. I miei ricordi sulla primavera sono legati alle  “pulizie di Pasqua”, vissuti nell’ansia di non avere la casa perfettamente pulita per accogliere degnamente la benedizione del prete. La primavera  è un momento di pulizia e di rinnovamento, non solo per le mura domestiche ma anche per il nostro interiore. Qualunque sia la nostra credenza, questo è un periodo in cui celebriamo il trionfo della luce sul buio e sulla morte, la Pasqua in cui si celebra la Resurrezione di Cristo non poteva che avvenire in primavera, la festa  cristiana è mobile, viene fissata di anno in anno nella domenica successiva alla prima luna piena (il plenilunio) successiva all’equinozio di primavera (il 21 marzo). Questo sistema venne fissato definitivamente nel IV secolo. “Sono felice come una Pasqua” questo modo di dire  celebra il ritorno della vita, e la sconfitta della morte da parte di Cristo. Festeggia l’arrivo della buona stagione, il ritorno della luce e del sole dopo il lungo inverno. Quindi, felicità ritrovata  interiore ed esteriore.

immagine: ver sacrum su un sarcofago etrusco

articolo già pubblicato sul quotidiano “La Voce di Romagna” il giorno 24/03/2014