Perchè Rimini si chiama così

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L‘origine del nome Rimini potrebbe essere umbra: Pausania, parla spesso del re umbro Arimno. Altre fonti dicono che i Romani sconfissero definitivamente i Galli nel 268 a.C. e il Senato di Roma fondò la colonia di Ariminum,nome tratto da quello del fiume Marecchia (chiamato allora Ariminus).I Romani occuparono Rimini perché si trovava in una posizione geografica strategica     per conquistare la Pianura Padana territorio dei Galli. I Romani crearono a Rimini una prima impronta urbana, grazie allo sviluppo delle vie di comunicazione, sino a giungere al massimo splendore all’epoca dell’Imperatore Augusto. Ora io vorrei proporvi un altro punto di vista sull’origine di Rimini. Partendo dal presupposto che mutui il nome dal Marecchia e risalendo con una breve passeggiata alla sorgente del fiume. Non mi  dilungherò sulla questione di chi erano gli Umbri, i Villanoviani, gli Etruschi o i Galli, gli studiosi sono discordanti, c’è addirittura chi scrive che fossero tutti Protocelti. Per Protocelti ( 3000/ 2500 a. C.) si intende una popolazione indeuropea, ricostruita sulla base di metodi comparativi di storia linguistica, stanziatasi in Europa Occidentale nell‘area sia mediterranea che atlantica. Nella nostra passeggiata incontriamo ben presto Verrucchio, di origine molto antica come testimoniano i ricchi corredi funerari, (monili, fibule, vestiario, vasellame, armi) qui ritrovati che attestano la presenza della civiltà villanoviana (età del ferro XII/ VII sec. a.C.), è tutto da dimostrare chi siano, forse erano Etruschi. Proseguendo la salita della valle del Marecchia, incontriamo Pennabilli, ridente paese montano, tanto amato da Tonino Guerra. Pennabilli il cui nome Penna deriva dalla Dea Pen o Penna, divinità celtica che significa vetta o cima, la quale dà il nome anche alla catena degli Appennini; mentre Billi è una parola celtica che significa “albero sacro”. Non lontano al monte Penna, c’è il balzo, dove oggi ci sono le campane tibetane testimonianza della visita del Dalai Lama… nei luoghi celtici c’è sempre il Balzo. E intanto noi siamo giunti in località Balze, poco prima di giungere alla sorgente. Una località con tale nome non può che ricordare la “tragedia del Balzo”. Il Balzo era un rito celtico arcaico di iniziazione, si volava dalla cima del monte in un salto che molte volte era mortale, qualcosa che ricorda da vicino il mito di Icaro e Dedalo. Qualcosa che ricorda il terribile gioco di certi giovani di oggi: il parkour (è una disciplina ma io la trovo pericolosa ), con la differenza che l’uomo preistorico effettuava il Balzo per ingraziarsi la benevolenza della natura, che doveva essere ai tempi, senza le comodità di oggi, assai crudele. Le origini del paese Balze è incerta, la leggenda racconta di due sorelle una sordomuta ed una cieca che all’apparizione della Madonna su di un grosso masso siano guarite. La notizia del miracolo si sparse e sul luogo del prodigio fu costruito l’oratorio della Madonna del Sasso, attorno al  santuario crebbe poi il paese. I Celti credevano che l’incontro dell’acqua con la roccia generasse la vita, una Madonna legata al sasso ricorda certamente antiche memorie. A ribadire la religiosità dei luoghi è la presenza, attorno all’anno Mille, degli eremiti:  Sant’ Alberigo e  San Romualdo. Ma ora siamo giunti alle sorgenti del Marecchia, si tratta di una triplice sorgente: la prima scende dall’alto, la seconda si aggiunge da sinistra, la terza dalla destra, qualche metro più in basso, come non pensare al simbolo celtico della Grande Madre il Triskele? E il monte da cui nascono le sorgenti: il monte Zucca come non collegarlo alla zucca celtica simbolo di fertilità e di luna piena… il monte Zucca fa parte dell’Alpe della Luna. E non è finita qui,a Pratieghi  piccolo paese, frazione di Badia Tedalda  si può trovare la misteriosa pianta Taxus baccata, una pianta nota anche con il nome di “Albero della morte”, si può trovarla all’interno dell’Area Naturale Protetta. E’ una pianta rara,  sacra per i Celti, simbolo di vita perché è un sempreverde, simbolo di morte perché i suoi semi sono velenosi, sin dall‘antichità dal suo legno si ricavavano i bastoni dei Druidi e le armi.    

 immagine: le Campane di Pennabilli

articolo già pubblicato sul quotidiano “La Voce di Romagna” il giorno 19 maggio 2014