I misteri nei sarcofaghi

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La Basilica di Sant’Apollinare in Classe si trova appena fuori Ravenna. Fu eretta nella prima metà del VI secolo, finanziata da Giuliano Argentario, un munifico banchiere di origine bizantina che sovvenzionò anche la costruzione di San Vitale e voluta dal vescovo Ursicino (a cui è intitolata una delle porte della cinta muraria ravennate, nel tempo il nome è cambiato in Porta Sicina, Porta Sisina, fino ad assumere l’attuale Porta Sisi). La basilica fu consacrata dall’arcivescovo Massimiano nel 549 d.C., uno dei principali rappresentanti del potere imperiale della città, a difesa della Chiesa contro l’arianesimo. La basilica  venne dedicata a Sant’Apollinare, primo vescovo di Ravenna, e ne conserva le reliquie. La facciata austera e grave ha accanto l’alto campanile cilindrico. L’interno a tre navate conserva due meravigliose file di dodici colonne di marmo greco. Ma ciò che più colpisce è il catino absidale con i mosaici: Sant’Apollinare in posa orante con dodici pecorelle bianche (simboleggiano gli Apostoli), in un lussureggiante e verde prato. Questa piccola introduzione per parlarvi dei sarcofagi, vanno dal V all’VIII secolo, sono undici, dislocati lungo le navate. Passeggiando per Ravenna si possono trovare sarcofagi un po’ ovunque, personalmente mi ricordano l’Egitto con le mummie e i loro decorati contenitori. I sarcofagi ravennati hanno caratteristiche che li distinguono da tutti gli altri, soprattutto da quelli di Roma. Sono più grandi, sono scolpiti su quattro lati, e non solo su tre, il lato che andava appoggiato al muro solitamente non veniva istoriato, non sono a copertura piatta, ma hanno il coperchio a botte o a tetto e infine la composizione figurativa non è mai affollata. Nel sarcofago chiamato dei 12 Apostoli, essi portano corone su mani velate dal pallio, (tutto ciò che riguarda Cristo non va toccato dalle mani), ha elementi poco emergenti dal fondo, le figure sono simmetriche, i gesti fissi e ripetuti in un corteo astratto e simbolico, qui non conta la realtà ma il concetto.  Nei sarcofagi si assiste ad un graduale passaggio dalle forme realistiche, seppur molto ieratiche, alla resa puramente allegorica di tipo orientale, e perciò iconoclasta. Gli studiosi li dividono in tre tipi. Il sarcofago dei 12 apostoli come abbiamo visto è legato ancora alla figura umana. Il sarcofago dell’arcivescovo Teodoro, detto a sei nicchie, o quello con gli agnelli e le palme o quello con gli agnelli cruciferi anche se di datazione diversa sono basati sull’allegoria, su simboli di cui abbiamo dimenticato il significato ma che al tempo conoscevano assai bene. I lati dei sarcofagi presentano temi decorativi quali: la croce, la palma, il monogramma di Cristo, gli agnelli, la fonte dell’acqua, i pavoni, l’alfa e l’omega e i girali arborei. I due pavoni, simbolo della resurrezione e vita eterna, si dissetano all’unica fonte dell’acqua, da un passo dei Salmi “come un cervo cerca l’acqua, così l’anima cerca Dio”, l’anima deve anelare a Dio . I due agnelli, immagine del Cristo, simbolo di dolcezza, di semplicità, di innocenza, di purezza, si nutrono dei frutti della palma, significato della vittoria, dell’ascesa, della rinascita e dell’immortalità, senza frutti la palma ha concetto di martirio, richiamano la fede nel Cristo, fonte e nutrimento per la vita eterna. Come vedete è tutta simbologia, a Ravenna troverete spesso una specie di sole raggiato,rappresenta Il crismon, è  il monogramma di Cristo, costituito dalla sovrapposizione delle prime due lettere del nome greco di Cristo, X (equivalente a “ch” nell’alfabeto latino) e P (che indica il suono “r”). Alfa e Omega: sono la prima e ultima lettera dell’alfabeto greco, indicano che Cristo è l’inizio e la fine di tutto secondo la citazione dell’Apocalisse. I girali arborei solitamente fanno riferimento all’albero della vita ma anche all’eucaristia dove Cristo è la vite e i fedeli sono i suoi tralci. La croce è il simbolo cristiano più diffuso, riconosciuto in tutto il mondo è il ricordo della passione, morte e resurrezione di Gesù; un monito evangelico che invita ad imitare Gesù in tutto, accettando pazientemente anche la sofferenza.

 

 

 

 

Immagine: Sant’Apollinare in Classe, interno

articolo già pubblicato sul quotidiano “La Voce di Romagna” il giorno 12/10/2015