LE PREVISIONI DI BENDANDI

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La crosta terrestre è formata da grandi placche che convergono, divergono oppure si spostano parallelamente tra loro, sono in costante movimento, enormi sforzi che si accumulano nelle masse rocciose su entrambi i lati della frattura. Quando gli sforzi raggiungono un livello critico, si scaricano sotto forma di un improvviso movimento a scatti. L’energia che viene rilasciata si propaga sotto forma di onde, causando i terremoti. Si possono prevedere i terremoti? No non si può, è possibile solo prevenire con costruzioni antisismiche. Fin dall’800 sono stati studiati diversi modi per poter prevenire un terremoto, senza ottenere nulla. Ci sono però studi, non riconosciuti, che cercano di individuare il sisma con altri metodi. Uno di questi metodi riguarda il Radon, un gas radioattivo emesso naturalmente dal terreno, sono stati osservati in molte zone soggette a terremoti pochi mesi o giorni prima, irregolarità della concentrazione di Radon, quindi lo si è preso come un presagio potenziale per un terremoto. Gianpaolo Giuliani, un ex tecnico dell’Istituto di Fisica dello Spazio Interplanetario, affermò di essere riuscito a prevedere il terremoto in Abruzzo con i suoi studi sul Radon, fu sconfessato da altri scienziati. Un grosso punto interrogativo è il faentino Raffaele Bendandi. Bendandi nacque a Faenza, in una povera famiglia, fin da giovanissimo lavorò dapprima come orologiaio e poi come intagliatore di legno. Si dedicò anima e cuore, allo studio dei terremoti: nel 1920 entrò a far parte della Società Sismologica Italiana, formulando una propria teoria, detta “sismogenica”. Bendandi affermava che i terremoti erano “prevedibili esattamente”: “L’origine dei terremoti, secondo le mie teorie, è prettamente cosmica. Il terremoto avviene, secondo i dati da me raccolti e controllati, quando, nel giro mensile di una rivoluzione lunare, l’azione del nostro satellite va a sommarsi a quella di altri pianeti”. Riteneva che la crosta terrestre, così come le maree, fosse soggetta agli effetti di attrazione gravitazionale della Luna. Non poteva la crosta terrestre comportarsi nello stesso modo del mare? Egli non apparteneva al mondo accademico, e numerosi furono gli scontri con la scienza ufficiale. Nel 1926 la Società Sismologica Italiana, diffidò Bendandi dal pubblicare altre previsioni sui terremoti in Italia, pena l’esilio. La nomina a Cavaliere dell’Ordine della Corona d’Italia, attribuitagli da Mussolini, gli fu revocata. Bendandi, però, ormai conosciuto oltre oceano, continuò a pubblicare le sue previsioni sui giornali americani. La sua ricerca, intanto, lo portò a scoprire un ciclo undecennale del Sole e l’esistenza di un altro pianeta che chiamò Faenza, mai oggettivamente trovato. In merito alle macchie solari, valutò i disturbi che queste potevano avere sulla mente umana, in grado di spiegare atteggiamenti improvvisi di violenza o pazzia. Nel 1929 Bologna fu colpita da uno sciame sismico che si protrasse per mesi. Bendandi tentò di avvisare il prefetto della città, ma rimase inascoltato. Nel 1963 Bendandi previde un terremoto a Faenza, senza essere ascoltato; Stefano Servadei, deputato e politico forlivese, sollevò la questione in parlamento per riabilitare la figura di Bendandi, ritenendolo un ricercatore e scienziato a tutti gli effetti, anche se privo di un titolo di studio. È del maggio 1976 l’ultima e inascoltata sua previsione, il terremoto del Friuli. Bendandi ne fece davvero tante di previsioni, non tutte verificatesi, però. Previsioni vaghe, collocate in uno spazio troppo ampio, avrebbero creato solo inutili allarmismi, ciò non vuol dire che qualcosa di vero non esistesse. Lo studioso appassionato non è detto che valga meno di uno studioso titolato, Bendandi fu nominato da Giovanni Gronchi Cavaliere Ufficiale al Merito della Repubblica Italiana. Morì nel 1979 nella sua casa-osservatorio di Faenza. Solo anni dopo, grazie all’associazione “La Bendandiana”, di cui è presidente la Dottoressa Paola Lagorio, si iniziò a riordinare e a ricercare sull’abbondante materiale lasciato da Bendandi. La sua città lo ricorda con l’intitolazione di una scuola.

 

 articolo già pubblicato sul quotidiano “La Vove di Romagna” il giorno 12/09/2016