La Pietà di Bellini

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“Lo chiamavan drago gli amici al bar del Giambellino dicevan che era un mago”. Cantava Giorgio Gaber,  chissà se gli abitanti del rione Giambellino , sapevano che Giambellino era esistito veramente e che era un mago e un drago col pennello e col colore. Giovanni Bellini (Venezia 1430-1516), noto anche con il nome di Giambellino, è uno dei principali innovatori della pittura veneziana, introduce a Venezia l’arte  rinascimentale. Figlio del pittore Jacopo e fratello di Gentile, pittore pure lui e famoso per il Ritratto del sultano Mehmet II, un olio conservato a Londra, che raffigura, in posizione di tre quarti, il celebre sultano e reca la data 1480. Tale ritratto è stato spesso oggetto di curiosità: Marcel Proust, lo cita in un suo romanzo, inoltre è stata notata la somiglianza del sultano con uno dei personaggi della lunetta di “Gesù fra i dottori nel tempio” di Marco Palmezzano, conservata a Brisighella . Ma torniamo a Giambellino, che fa parte della più importante famiglia di pittori di Venezia di quell’epoca, tra l’altro imparentata anche con Andrea Mantenga che sposò una sorella di Giovanni Bellini. Il padre era stato allievo di Gentile da Fabriano e nella sua pittura sono chiaramente ravvisabili gli elementi stilistici tardo gotici. Giovanni Bellini partendo da questi elementi tordo gotici, riesce a fare una sintesi originale con il senso della spazialità rinascimentale appreso dal Mantenga. Ma ciò a cui approda Giambellino non è la secchezza e la durezza delle linee   proprio del Mantegna, bensì egli crea con la luce ed il colore, semplicemente i piani si staccano tra loro perché hanno un diverso grado di luminosità. Figure chiare su sfondi scuri o viceversa, in modo che l’occhio  sia naturalmente portato a percepire ciò che è avanti o indietro per il semplice fatto che cambia il tono del colore. Da ciò ha inizio la grande pittura veneziana, una pittura fatta di colore e di luce, che verrà poi proseguita da Giorgione e da Tiziano. Le Madonne di Bellini sono pervase di dolcezza e tenerezza, immerse nell’ambiente. Bellini attualizza anche l’antica immagine bizantina del Cristo in pietà. Nella città lagunare le icone di Cristo erano una presenza familiare nelle case e nei conventi ed erano dunque ben conosciute dagli artisti. “La Pietà” o “Cristo in pietà sorretto da quattro angeli” capolavoro del Giambellino e della pittura veneta quattrocentesca è l’opera principale del Museo della Città di Rimini. E’ un dipinto a tempera su tavola, databile al 1470/1475 circa. La datazione di tale opera è oggetto di un dibattito controverso: vi è la testimonianza di Vasari che attribuisce la commissione al signore di Rimini Sigismondo Malatesta il quale però morì nel 1468, il che non combacia con la datazione accordata dalla critica. Occorre anche sottolineare che Vasari può essersi sbagliato, in quanto parla di una Pietà con Cristo sorretto da due angeli mentre nella tavola odierna gli angeli sono quattro e talmente belli e intensi che non passano inosservati. Il proprietario sarebbe stato un tal Raineiro consigliere di Pandolfo IV Malatesta che lasciò la “Pietà” in eredità nel 1499 per la cappella di famiglia in San Francesco a Rimini poi trasformata in Tempio Malatestiano. Oppure la tavola potrebbe provenire dall’oratorio di Sant’Antonio che sorgeva nei pressi di tale chiesa. Il corpo di Cristo reclinato e afflitto dalla morte seduto sulla lastra tombale viene sorretto da quattro angeli pacati, e malinconici, sembrano dei bambini con le loro vesti colorate, se non fosse per le loro ali simili a quelle delle farfalle. Il volto di Gesù esprime un dolore sereno, il corpo è luminoso, presenta la ferita al costato da cui scende il sangue sino a raggrumarsi sul biancore del perizoma. Un angelo ne raccoglie la mano osservando tristemente il foro dei chiodi, un altro tenta di sorreggerlo ed un altro inspiegabilmente, anche un po’ impertinente, se ne sta a braccia incrociate. Gli angeli non piangono, non si disperano, sembrano riflettere. Il tutto esplode in avanti dall’oscurità del fondo, come se nella morte di Cristo ci sia già la luce della  Resurrezione, e gli angeli coi loro atteggiamenti lo affermano con certezza.

immagine: Pietà di Giovanni Bellini

articolo già pubblicato sul quotidiano “La Voce di Romagna” il giorno 05/10/2015