La gazza, le liti e la Romagna

briscola

Argaza” è il nome del sito on line dell’Istituto Friedrich Schürr, associazione per la salvaguardia e la valorizzazione del patrimonio dialettale romagnolo, ha l’intento di tener vivo, far conoscere e divulgare un       bene culturale importante testimone del nostro comune passato. Si legge sul sito il perché di tale nome il cui parallelo in italiano è gazza. La gazza è l’uccello che col suo continuo ciacolare mette rapidamente sull’avviso la popolazione silvestre di quanto accade nel bosco… Ci piace anche pensare, seppur para-etimologicamente, che suo tramite, il termine “gazzetta” sia entrato nel lessico del giornalismo e dell’informazione generale”. Ciò mi ha fatto ricordare che un tempo argaza significava anche istigare, coi suoi sinonimi: trascinare, stuzzicare, punzecchiare, accendere, aizzare, animare, sobillare. Con significato analogo mio padre usava anche l’attributo  “gazàra” cioè  gazzarra, strepito baraonda ecc. Mi sembra che gazza/gazzetta/istigare/gazzarra siano affini. La gazza, cugina del corvo, è un uccello con una livrea bianca e nera dalle forme eleganti. Le gazze sono curiose e sfrontate, hanno la reputazione di rubare le cose luccicanti. Sono strani uccelli se vi prendono di mira sembrano quasi “umani”, ne aveva una il mio vicino  di casa che mi attaccava in picchiata ogni volta che uscivo in giardino o mi entrava in casa dalle finestre quando erano aperte, la sua astuzia nel sorprendermi era incredibile. Non si capisce se nell’immaginario popolare sia ben vista o malvista, un’antica leggenda racconta che la gazza fu l’unico uccello che rifiutò di salire sull’arca di Noè, preferendo restare appollaiata sul tetto (forse già allora stava di vedetta per acchiappare le notizie). In Oriente è sinonimo di fortuna, in Cina una strana leggenda la ritiene in grado di riferire al marito se la moglie lo tradisce (spero che valga anche al contrario). Ora però vi racconto l’episodio in cui si verificò “l’argaza”. Da bambina ero solitaria e curiosissima di ciò che facevano i grandi, li spiavo pure. Non mi capacitavo di come si imbestialissero perché uno era repubblicano e l’altro comunista, le idee che a me parevano uguali, per loro erano inconciliabili, vi dirò di più, entravo nei discorsi, ma loro manco mi guardavano, le donne non c’entravano con la politica, altro che quote rosa, erano cose da uomini, figuriamoci una bambina di dieci anni. Fra di loro c’era un contadino repubblicano, dagli accesi ideali politici che seppur non particolarmente istruito, sapeva scrivere le zirudelle. Le zirudelle  sono poesie o più propriamente stornelli con rime baciate, spesso con accompagnamento musicale. Un tempo chi sapeva costruirle era molto apprezzato, ce n’erano di boccaccesche, di intimiste, altre narravano di fatti accaduti e naturalmente molte erano infiammate di politica. Ecco queste ultime scatenavano, non dico le risse, ma accesi dibattiti che diventavano offensivi, si accendevano i volti, gli occhi divenivano sporgenti, le mani gesticolavano velocemente, poi qualche spintone e il gesto di tirarsi addosso una sedia, poi come tutto era nato l’argaza o gazàra  si calmava, mesti con le spalle ricurve tornavano ognuno alle proprie case senza salutarsi. Il giorno dopo come se non fosse successo nulla si incontravano a giocare a briscola. Sembra che il termine gazzetta, inteso come giornale,provenga da una piccola anatra simile alla gazza chiamata gazzetta la quale veniva stampata sui fogli. Quindi alla nostra gazza diamo tanti attributi: intelligente, chiassosa, una voce fuori dal coro, non entra neanche nell’arca di Noè però è causa di argaza o gazàra cioè di baraonda. Che facciamo lo vediamo beneaugurante o malevolo questo volatile? Prima di decidere sappiate che da gazza deriva un altro nome: “gaȥulêr” che è il modulare continuo e gioioso del neonato, un tempo si diceva che parlavano con gli angeli, ma gaȥulêr  può essere anche il sommesso cinguettare  dei passeri al mattino. Forse la voce quando è sincera crea argaza o gazàra solo con chi è in difetto.       

 immagine:  Briscola di Ferdinando Botero

articolo già pubblicato dal quotidiano “La Voce di Romagna” il giorno 30/06/2014