La favola romagnola delle Lamie. Una è a Ravenna

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Nella mitologia esistono demoni femminili che possono essere considerate figure vampiriche perché come loro sono assetate di sangue. Sono le Lamie e la loro favola esiste anche in Romagna. A San Giovanni Evangelista a Ravenna, vi è una lastra mosaicata del XIII secolo, oggi esposta su un pannello musivo, un tempo facente parte del pavimento della chiesa, che raffigura la Lamia con uno strano corpo un po’umano, un po’serpente un po’uccello, chissà se mai qualcuno, nei tempi antichi, ha creduto alla sua esistenza. Oppure può darsi fossero donne sanguinarie e senza freni e perciò vennero raffigurate così. Lamia secondo il mito era una regina della Libia che aveva avuto da Zeus il dono di togliersi e rimettersi gli occhi a proprio piacere. Attirò su di sé la rabbia di Era gelosa, che si vendicò uccidendole i figli avuti da Zeus. Lamia, lacerata dal dolore, diventò un mostro, aveva però la capacità di mutare aspetto e di divenire bella per sedurre gli uomini allo scopo di berne il sangue. In altre versioni, divorava i bambini delle altre madri, succhiando il loro sangue. Nel Medioevo e nel Rinascimento divenne la strega per eccellenza, ma in altre epoche fu la Sirena o la Fata Melusina. L’identificazione della Lamia coi riti di sangue e la stregoneria è un dato che forse risale alla preistoria, quando si notò il sanguinamento mensile femminile, a cui la donna sopravviveva, sangue che era finalizzato alla fertilità, e che rendeva le donne detentrici del potere di morte/vita. Forse la creazione della Lamia fu un simbolo della vittoria della società patriarcale su quella matriarcale. Un’altra caratteristica che accomuna le Lamie ai vampiri è la capacità di trasformarsi in uccello notturno. L’origine di questa figura va probabilmente ricercata nell’archetipo della dea della notte (magia, soprannaturale, mistero, ma anche morte) spiega, almeno in parte, l’ambivalenza di sentimenti nei confronti della Lamia. C’era un modo, nel Medioevo, per catturare la Lamia, bisognava cospargere le panche della chiesa di sale grosso: quelle streghe che, nascondendo la propria vera natura si fossero sedute fingendo di presenziare alla cerimonia religiosa, sarebbero inevitabilmente rimaste attaccate alle panche. Può sembrare un metodo schiocco, ma forse chi si sentiva in difetto, non si sarebbe mai seduta sul sale… quindi strega era chi aveva paura del sale.   

 immagine: Lamia pannello musivo XIII sec. San Giovanni Evangelista (Ravenna)

articolo già pubblicato sul quotidiano “La Voce di Romagna” il giorno 02/06/2014