Il profilo riminese

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Piero della Francesca(1415?/1492) è senza dubbio uno dei più grandi pittori italiani del Quattrocento. Piero fu un grande sperimentatore, pittore della luce (per la luminosità dei suoi lavori) e del buio (inteso come impenetrabilità dell’interpretazione dei suoi soggetti). Nel 1451 Piero è a Rimini e lavora a un autentico e sibillino capolavoro: l’affresco “Sigismondo Pandolfo Malatesta in preghiera davanti a San Sigismondo”. L’affresco è parecchio rovinato, ha perso parte dei colori degli abiti dei protagonisti e dello sfondo. In un’architettura decorata all’antica con girali e rose quadripetali, sotto a pilastri decorati con festoni pieni di frutti e a uno stemma, è inginocchiato il Signore di Rimini. Ritratto di profilo, statuario con le mani giunte e lo sguardo fisso e fiero, i capelli a caschetto come voleva la moda del tempo, ha le braghe rosse, anche se ormai di colore ne è rimasto poco. Egli è inginocchiato davanti al suo protettore, San Sigismondo, re dei Burgundi, divenuto Santo per aver convertito il suo popolo al cattolicesimo. Il Santo è seduto in trono su un alto podio, ha lo scettro, il globo e sul copricapo, l’aureola. Le fattezze del viso ricordano quelle di Sigismondo di Lussemburgo, l’imperatore del Sacro Romano Impero, che nel 1433 aveva nominato cavaliere il quindicenne Gismondo insieme al fratello Domenico. Dopo questa investitura, fu dato loro un nuovo nome: Gismondo, con l’aggiunta di una sillaba, divenne Sigismondo, mentre Domenico, Signore di Cesena, fu chiamato Novello. Il ritratto di San Sigismondo rivela anche diverse corrispondenze con il Padre Eterno e con il Re Salomone dipinti da Piero negli affreschi della Leggenda della Vera Croce di Arezzo, realizzati un anno dopo, nel 1452; inoltre assomiglia proprio tanto al presunto ritratto di Ermete Trismegisto, se lo si confronta con la figura di Ermete nel Duomo di Siena. Sulla nostra destra, troviamo uno splendido oculo panoramico, raffigura la residenza del Malatesta: Castel Sismondo. In primo piano due splendidi levrieri uno bianco e uno nero guardano in modo opposto, il bianco ha le orecchie abbassate e simbolicamente raffigura la vita e il giorno, il nero ha le orecchie alte, segno di vigilanza, di morte, di notte.   Sigismondo, come nelle altre corti più raffinate, era attratto dalle filosofie orientali, l’ultima impresa di Sigismondo fu quella di andare a Mistrà, nel Peloponneso a prendere le ossa di Giorgio Gemisto Pletone  per custodirle in un’arca nel suo Tempio. Pletone era un vecchio e prestigioso filosofo greco, che il Malatesta aveva ospitato a Rimini e al quale aveva legato il proprio destino.“Un pagano che esalta il Sole e i pianeti, promuovendoli a mediatori tra Dio e l’uomo”, lo definiva la Chiesa sia orientale che occidentale. Pletone predicava l’unione delle Chiese che doveva comprendere anche la religione ebrea e quella dell’islam, secondo gli scritti del “favolistico” Ermete Trismegisto (significato del nome:“Ermes il tre volte grandissimo”). In quegli anni a Firenze e a Rimini si studiavano i testi di Platone e di Trismegisto, dando origine a quella filosofia chiamata Ermetismo (un misto di conoscenze greche ed egizie) a cui si riallaccia anche l’Alchimia. “Il più basso è simile in tutto al più alto e il più alto è simile in tutto al più basso, e questo perché si compiano i miracoli di una sola cosa”. Con ciò Ermete intende che il microcosmo è legato al macrocosmo, si fonda sul dualismo: bianco/nero, luce/tenebra, vita/morte. Ecco che allora possiamo intravedere nei due levrieri di colore e posa opposti, il dualismo del Bene e del Male che convivono e combattono fra di loro, una volta vince l’uno, una volta l’altro, l’importante è non cedere. Ma se mettiamo in gioco le braghe rosse di Sigismondo assieme al colore dei due cani otterremo un processo alchemico, di crescita interiore. La nigredo (il nero) è la fase più oscura,la parte più “bassa” dell’evoluzione della coscienza. La rubedo (il rosso) è la fase intermedia, quella che ci spinge all’azione per ottenere la nostra ascesa. L’albedo (il bianco) è  l’equilibrio di questi due aspetti, quella fase che permette finalmente l’ascesa… l’alba.

immagine:“Sigismondo Pandolfo Malatesta in preghiera davanti a San Sigismondo” di Piero della Francesca

articolo già pubblicato sul quotidiano “La Voce di Romagna” il giorno 15/06/2015