IL MISTERO DEL CAPPUCCIO

Piero,_Pala_della_misericordia,_ autoritratto

In un giorno infrasettimanale assolato, mi sono recata a visitare la Mostra su Piero della Francesca, ai Musei di San Domenico a Forlì, aperta sino al 26 giugno, sperando di trovare poca gente e gustarmi così le opere per benino; invece c’erano tanti visitatori e tante scolaresche, ma il disappunto è sfumato osservando compiaciuta, il comportamento corretto e ordinato degli scolari, attenti e curiosi, accompagnati da insegnati o guide veramente preparate. I ragazzi si sedevano sul pavimento silenziosi, ascoltavano e poi ponevano domande. Davanti alla Madonna della Misericordia, star della mostra, una bambina ha posto una domanda alla sua insegnante… chi è l’incappucciato? Già chi è l’incappucciato in quest’opera di Piero della Francesca?Il capolavoro assoluto, la grande tavola lignea della Madonna della Misericordia, dipinta intorno al 1450 e inserita, nei Musei Civici di San Sansepolcro, dove si conserva, in un grande polittico, ha fondo in oro, su cui campeggia la maestosa figura della Vergine vestita di rosso e dal grande manto blu che apre per dare riparo ai fedeli, gerarchicamente più piccoli, i quali sono disposti a semicerchi, quattro per parte (uomini a sinistra e donne a destra). Tra di essi si vede un confratello incappucciato, accanto all’autoritratto di Piero. L’inquietante figura nascosta sotto il nero cappuccio è uno dei confratelli anonimi che si dedicavano ad una delle opere di carità più difficili da svolgere: assistere i prigionieri nelle ultime ore di vita e accompagnarli fino al patibolo, prendendosi poi cura dei poveri resti.“Visitare i carcerati e seppellire i morti”, nel Medioevo, vi era la compassione verso i più disprezzati, i rei colpevoli, di cui la società si liberava uccidendoli, vi era il rispetto dovuto ad ogni corpo, perché destinato alla resurrezione. Sono gli stessi incappucciati che nelle processioni sacre e rappresentazioni del Venerdì Santo, accompagnavano Cristo lungo la Via Crucis e poi al sepolcro. Ancora oggi, in Spagna, uno dei momenti più importanti dell’anno per gli abitanti di Sivigliasono le processioni che si tengono durante la Settimana Santa, dove i penitenti sono incappucciati e spesso scalzi. Ma anche da noi in Romagna, a Pennabilli, si svolge da secoli una processione notturna, il Venerdì Santo, che parte dalla Chiesa della Misericordia, aperta soltanto in questa occasione, arrivando al monastero delle Suore Agostiniane, in un’atmosfera suggestiva, assieme ai fedeli in corteo, fra preghiere e canti popolari, fra fuochi e fiaccole, partecipano alla processione oltre cento figuranti in costumi d’epoca, tra cui gli incappucciati. Questa pietas risale a un episodio della vita di Caterina da Siena (1347/1380), compatrona d’Italia e d’Europa. La Santa, visita più volte, in carcere, un giovane perugino, condannato a morte con l’accusa di spionaggio, il ragazzo è disperato, ma Caterina riesce a confortarlo. Il giorno dell’esecuzione il giovane “sereno e forte” va al suo destino, la Santa gli resta vicino fin sul patibolo, gli fa il segno della croce, riceve la testa mozzata nelle sue mani, la ripara sotto il mantello. Il gesto fa scandalo, un malvivente riceve le attenzioni di una religiosa importante, come Caterina, che divide il suo tempo fra la meditazione e il fervido attivismo per riportare il Papa da Avignone a Roma. Il coraggio di Caterina, ci dice che la morte azzera tutto,e che a ogni corpo si deve rispetto. La Santa evoca il mito greco di un’altra donna coraggiosa:Antigone. Quest’ultima chiede il corpo del fratello Polinice, accusato di tradimento, al tiranno Creonte, il quale aveva decretato: “Nessuno osi seppellire il corpo di Polinice, chi trasgredirà sarà ucciso”. Ma Antigone ubbidisce solo alla sua coscienza, all’affetto che la lega al fratello, e all’idea che per ogni essere umano ci sia una dignitosa sepoltura: “Non sono queste leggi di oggi, non di ieri, vivono sempre, nessuno sa quando comparvero e come”. Ricordiamocelo, un’azione non è giusta solo perché sono in tanti ad approvarla, senza riferimento alla legge morale naturale, si può arrivare a una sterile procedura, in fin dei conti, la legge morale naturale, altro non è che la nostra coscienza.

articolo già pubblicato sul quotidiano “La Voce di Romagna” il giorno 13/06/2016