ERBE PALUSTRI E MULTIUSO

locanda allegra mutanda 2

Ricordo, forse quarant’anni fa, in fondo non sono tanti anni, ma il mondo di allora sembra tanto lontano, quasi che non fosse mai esistito, eppure ricordo le mondine che abitavano al mio paese, che al mattino presto partivano tutte infagottate e cariche dei loro attrezzi, in bicicletta, in fila, cantando con lazzi e gorgheggi di ritornelli, andavano alla “Torraccia”, una torre tutt’ora esistente, nella zona di Classe, qui vi era un’antica valle di acqua dolce, dove c’erano le risaie. Le donne avevano circa 30 chilometri da percorrere in bici, andata e ritorno, e un lavoro molto duro da fare, ma ritornavano alla sera, cantando, sentivo la loro “musica da lontano” e uscivo di casa per vederle e loro mi salutavano sorridendo e mi parevano tanto allegre, un’allegria che oggi non c’è più. Avevano fazzolettoni legati al collo, con sopra dei grandi cappelli in paviera (erba palustre), poi delle grandi sporte, una per manubrio, sempre in paviera e due fiaschi, uno per l’acqua e uno per il vino, (essì perché un goccio di vino non poteva mancare), avvolti per intero dal vimini,   così le bottiglie, se cadevano, non si sarebbero rotte e il vino e l’acqua restavano freschi. L’Ecomuseo delle Erbe Palustri è un istituto culturale, senza fini di lucro, che si trova a Villanova di Bagnacavallo, ho avuto modo di visitarlo, durante la Sagra delle Erbe Palustri, che si tiene ogni anno il secondo fine settimana di settembre. Il Museo è molto ricco, le raccolte acquisite superano i 2.500 reperti, è allestito in modo esaustivo e con la dose giusta di tecnologia, ma con un “qualcosa in più”, vi ho ritrovato l’allegria delle “mie” mondine. Il percorso inizia dal giardino con i pittoreschi capanni, continua con la sala didattica con la proiezione di un filmato introduttivo. “Padusa” era chiamato il territorio della Bassa Romagna, un tempo caratterizzato da stagni, zone acquitrinose, piallasse. Attorno al 1300, lungo l’argine sinistro del fiume Lamone, nacque “Villanova delle Capanne”, forse una quindicina di casupole abitate per lo più da fuorilegge. La zona era ricca di erbe palustri che gli abitanti utilizzarono prima per costruire le capanne, poi    per avviare un fiorente artigianato, costruendo graticci, stuoie, sporte, scarpe, sedie, gabbie per uccelli e altri impagliati, ma anche con le realizzazioni di soffitti a volta, attività che si è svolta a Villanova fino al secondo dopoguerra. Al piano superiore del Museo si possono ammirare centinaia di reperti e manufatti, mentre il piano ammezzato ospita 3 sezioni, tra cui una dedicata ai “giochi di una volta”, realizzati con materiali di recupero. La fine del percorso riporta il visitatore davanti al bookshop iniziale, dove si possono acquistare pubblicazioni e prodotti tipici del territorio. Una sorpresa divertente è stata la cena nell’area di ristoro, coi sapori nostri tradizionali, in occasione della Sagra, era stata allestita la “Locanda dell’allegra mutanda” con un’esposizione di braghe romagnole del Novecento, appese al soffitto. Numerose le mostre   per l’evento, tra cui segnalo: la presenza di Medardo Resta con la sua arte della scrittura gotica, “Sogni fra i rottami” con le sculture di Renato Mancini; “Dall’erba palustre alla spatola” del pittore Mauro Petrini e “La voce dell’anima” di Eleonora Ronconi; queste ultime sculture in fil di ferro e lamiera colorata di Eleonora mi hanno ricordato, per purezza, grazia, gioiosità la “Santa Allegrezza”, un canto natalizio molfettese di autore ignoto, che inneggia all’allegria nel cuore per la nascita di Gesù. Eleonora, alla mia domanda del perché non andasse a cena mi ha risposto: “Quando sono con le mie opere non ho né fame né sete, mi sento sazia, non ho bisogno di altro”. Legato all’Ecomuseo è anche il progetto “Lamone Bene Comune”, che si propone di  coinvolgere tutti i siti bagnati da questo fiume. Molti  sono i risultati ottenuti, tra cui la stesura del Manifesto delle Terre del Lamone e della Mappa delle Tipicità, la pubblicazione annuale della guida Lòng e’ fion (lungo il fiume), la Pedalêda cun la magnêda longa, i Lòm a Mêrz e tanto altro. Non mi resta che fare i complimenti alla Direttrice del Museo: Maria Rosa Bagnari.

immagine: Locanda dell’allegra mutanda

articolo già pubblicato sul quotidiano “La Voce di Romagna” il giorno 19/09/2016