Enigma Trono Ludovisi

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Tentare di collegare le opere d’arte più belle alla Romagna è per me un dovere e un piacere. Partiamo da Roma: gli Horti di proprietà del senatore Gaio Sallustio Crispo (86-34 a.C.), erano di fatto un’opulenta villa suburbana con estesi giardini  adornati da padiglioni, porticati, statue, fontane, templi (uno dedicato a Venere Ericina), terme e ninfei. Il tutto fu realizzato su di un terreno precedentemente appartenuto a Giulio Cesare. La distruzione degli Horti  Sallustiani ebbe origine dal sacco dei Goti di Alarico nel 410, che iniziarono il saccheggio e la distruzione proprio da quegli splendidi edifici, provocando danni che nessuno avrebbe mai più riparato. Nel XVII secolo durante i lavori di ripristino a Villa Ludovisi che sorgeva sugli antichi Horti, vi fu il primo ritrovamento dei marmi antichi: il Galata morente, quindi il Galata suicida, infine nel 1887 fu ritrovato il Trono Ludovisi, tutte opere di straordinaria importanza e bellezza. Vi pare possibile che tali opere siano rimaste sepolte per centinaia di anni e scoperte per puro caso? Ciò stupisce non poco conoscendo l’impegno che i Papi rinascimentali profusero per recuperare le antichità di Roma. Alarico, durante il sacco di Roma, catturò come ostaggio Galla Placidia, sorella dell’ imperatore Onorio (colui che spostò la capitale da Milano a Ravenna) e futura imperatrice,     nonché  regina dei Goti, di cui Alarico si innamorò. Questi decise di portare Galla Placidia con sé verso l’Africa, ma il fato gli fu avverso, prima un nubifragio in cui affondarono parecchie navi, poi  si ammalò e morì a Cosenza, sepolto coi suoi tesori sotto al fiume Busento. Galla Placidia stregò il nuovo  re dei Visigoti Ataulfo che la sposò dapprima con rito barbaro a Forlì e poi a Narbona nel 414. Ataulfo le offrì in dono parte dei tesori saccheggiati a Roma. Il Trono Ludovisi è paragonato spesso ad un altro manufatto chiamato Trono di  Boston. Qualche anno fa lo storico dell’arte Federico Zeri  aveva attribuito il Trono Ludovisi  ad uno “scalpellino” del 1800, l’opera rischiò di finire in un deposito. La scultura risale al  V a. C. secolo  è oggi conservata a Roma a Palazzo Altemps che fu edificato, guarda caso, da Girolamo Riario  marito di Caterina Sforza, su progetto di Melozzo da Forlì. Il Trono Ludovisi, è un trittico marmoreo che raffigura ai latiuna flautista nuda, e una figura di donna ammantata, e al centro vi è Venere coperta da un chitone delicatamente panneggiato, dai seni tremolanti, si appoggia a due figure femminili che la stanno aiutando a fuoriuscire dall’acqua, è intrisa di acqua, di luce e di erotismo. Le sacerdotesse di Venere Ericina  praticavano la prostituzione sacra. Venere Ericina ha come simbolo una spiga ed è rappresentata accanto ad un cane e ad altri animali,  è la “Signora degli animali”; a Lei erano sacre le colombe ed un particolare rito prevedeva il loro volo da Erice verso le coste africane con il ritorno. Ipotizzare che Alarico o Ataulfo abbiano razziato e poi donato il Trono Ludovisi a Galla Placidia non è poi così impossibile, Lei aveva diciotto anni  e non doveva discostarsi di molto dalla raffigurazione di Venere, di Galla non si hanno immagini certe, se non in monete, ma si sa ad esempio che la madre che si chiamava come lei: Galla, era considerata la donna più bella dell’Impero. Galla Placidia  doveva essere pudica ed impudica, come dimostrò con la sua vita, fu regina di cuori dal polso di ferro. La raffigurazione più famosa nel suo Mausoleo in Ravenna, sono le due colombe posate sul bacile di acqua, che rappresentano le anime che si abbeverano alla fonte di Cristo. Le colombe però sono disposte in modo che una pare che parta e l’altra che si sia appena posata, quasi come le colombe della Venere Ericina. Il Trono sarebbe poi ipoteticamente ritornato a Roma con Galla dove ella morì nel 450. Forse mi sto arrampicando sugli specchi ma sappiate che  abbiamo una bellissima copia del Trono (assieme ad altri pregevoli gessi), si trova  al Museo d’Arte di Ravenna, dove  sino al 15 giugno trovate oltre alle collezioni permanenti una bellissima ed esaustiva mostra: “L’incanto degli affreschi”  la storia della pittura murale da Pompei, passando da Giotto sino a Tiepolo.              

 immagine: Trono Ludovisi (parte centrale)

articolo già pubblicato sul quotidiano “La Voce di Romagna” il giorno12/05/2014