Brividi russi al Festival

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Nel 1914 nulla poteva evitare la guerra. A causa di un eccezionale sviluppo industriale quasi tutte le nazione europee avevano enormi quantità di armi micidiali e di flotte militari. Francia e Inghilterra volevano bloccare l’espansionismo tedesco, inoltre la Francia voleva riprendersi l’Alsazia e la Lorena. L’Austria e la Russia speravano di risolvere le loro difficoltà interne, così l’attentato a Sarajevo fu il pretesto per la Grande Guerra che sarà anche chiamata la vergogna dell’Umanità. Nel 1917 l’orrendo macello era ormai evidente a tutti ma non si vedevano sbocchi. La popolazione europea era stanca per la fame e le sofferenze, i più fortunati avevano visto tornare a casa i loro cari orrendamente mutilati. Numerosi furono gli episodi di diserzione, di automutilazione e di ammutinamento, con i conseguenti processi e le fucilazioni ai militari, a orrore se ne aggiungeva altro. Mio nonno fu fortunato ritornò a casa da Vittorio Veneto e si sposò con mia nonna, la quale era analfabeta e si innamorò di lui perché sapeva leggere. “Come hai fatto a salvarti nonno? Sparavi al nemico?”. “Ma cara la mia bambina l’unico obbiettivo era cercare un buco dove nascondersi”. Il XXV Ravenna Festival sarà dedicato al 1914, anno d’inizio del conflitto, quest’anno ne ricorre il centenario. Dal 5 giugno all’11 luglio a Ravenna, si svolgeranno una serie di spettacoli con artisti di fama mondiale. La Russia si ritirò dalla guerra perché le era scoppiata in casa la Rivoluzione, pensate che in Russia nel 1861 c’era ancora la servitù della gleba! Mi chiedo sempre se ciò non sia dovuto anche ai fiumi di vodka che là scorrono. Ma la mia non è una critica perché amo i russi, il loro folklore, la musica, la danza, la letteratura, il teatro e la loro galanteria. Così sono andata al Pala de André ad ascoltare l’anima  russa, con la Czech Philharmonic Orchestra diretta da Valery Gergiev, direttore ormai di casa a Ravenna, e Yeol Eum Som valida pianista sudcoreana. Serata calda, tanta gente, il Pala quasi pieno. Il tempo è trascorso piacevolmente con una serie di brani tratti da “Il lago dei cigni” di Čajkovskij; è continuato serenamente con l’opera 18 di Rachmaninov eseguita egregiamente dalla pianista. Il pubblico ha applaudito calorosamente. Poi è successo qualcosa, un brivido mi ha scosso la spina dorsale. Era iniziata l’esecuzione di “Quadri di un’esposizione” di Mussorgskij con trascrizione per orchestra di Ravel. Si tratta di passeggiate dall’armonia simile in cui ci sono vari incontri (chiamati quadri), alcuni belli altri meno, immaginatevi Cappuccetto Rosso nel bosco. Più si andava avanti, più in me il turbamento avanzava, avevo le braccia nude con la pelle d’oca, ma non per il freddo. Quasi alla fine del brano quando c’è l’incontro con Baba Jaga ho capito che la nostra vita è un inferno e che forse ci piace così e che il paradiso può essere un po’ noioso. Baba Jaga è un personaggio della mitologia slava, in particolare di quella russa, corrisponde un po’ al nostro “Uomo nero”. Nei racconti della Russia, è una vecchia strega orribile,vive in una capanna che poggia su due zampe di gallina,le cui mura sono fatte di ossa umane. Baba Jaga  è collegata alla leggenda del Cavaliere Bianco che rappresenta il giorno; del Cavaliere Rosso, che rappresenta il sole; del Cavaliere Nero che rappresenta la notte. Baba-Jaga è un simbolo dell’inferno, collegata alla paura, all’ignoto e alla morte. E questo terrore è reso perfettamente dalla musica di Mussorgskij, il cui violento espressionismo mi è esploso nelle viscere. Quasi batto i denti dalla paura o dal piacere?A metà quadro gli strumenti sono quasi in silenzio ciò incute ancora più terrore: cosa succederà? Stridore, tempesta, boati, fucilate e in sottofondo colpi sordi e profondi, può il frastuono essere silenzioso? Mi piace l’inferno o ne ho timore? Sono tesa come una corda di violino, il Maestro sembra  dirigere dei demoni. Nell’ultimo quadro: “La grande porta di Kiev”, la tensione si allenta, sta succedendo qualcosa in cui non credo: la salvezza, il paradiso, la liberazione dal male. Dopo la tragedia una catarsi grandiosa! L’epilogo un trionfo per il Maestro, per i musicisti e per la vita.   

immagine: il concerto al Pala de André

articolo già pubblicato sul quotidiano “La Voce di Romagna” il giorno 26/06/2014