Il cibo nell’arte XXXI parte

Alla fine dell’Ottocento vi è un grande passo, grazie al medico Pasteur si realizza la pastorizzazione del latte di cui si avvantaggiò anche la produzione casearia.

La Francia continua il suo ruolo di regina della gastronomia, Marie-Antoine Carême uno dei più importanti cuochi francesi, inventa l’Alta cucina. Carême scrive ricettari e manuali e definisce i principi base dell’Alta cucina, il cibo incontra nuovi sapori, porzioni equilibrate e gusto sopraffino, piatti presentati con arte perché anche l’occhio vuole la sua parte.

Carême crea l’Alta cucina, ora la cucina è democratica, non più riservata alla nobiltà tutti possono averla basta avere il denaro e qualcosa di nuovo bisogna pure inventarsi per giustificare il prezzo elevato.

Henri Matisse- Il tavolo da pranzo-1896-1897- Collezione privata

Infatti Auguste Escoffier, un altro grande chef francese, realizzò assieme all’imprenditore Cesar Ritz, la nuova moda per i super-ricchi, i lussuosi grand’hotel, come il Savoy e il Carlton di Londra e il Ritz di Parigi e i loro sciccosi ristoranti e poi la novità delle crociere sui transatlantici, dei viaggi su treni mitici quali l’Orient Express, ma siamo già all’inizio del Novecento che fermerà tragicamente con la prima guerra mondiale, una corsa positivista del sempre più avanti, della fede nel progresso che aveva caratterizzato l’Ottocento.

L’arte ci mostra il trionfo dell’alta borghesia, ma anche la piccola e media ci è mostrata, in particolar modo dagli impressionisti, opere luminose, allegre, dove non c’è posto per tristezze e malinconie, opere che ho presentato nell’articolo precedente.

L’Ottocento è anche il secolo della barbabietola da zucchero, la costosa spezia-zucchero del secolo prima ora è alla portata di tutti… lo zucchero di un’epoca che finisce con l’amaro.

Henry Matisse (1869-1954) è un grande artista francese e coglie il passaggio dallo zucchero all’amaro con due dipinti che raffigurano la stessa sala da pranzo.

Nel primo lavoro, creato nel 1896-97 vi è raffigurato una tavola ben apparecchiata con alzate di frutta, ampolle di vino rosso mentre una cameriera sta sistemando al centro un mazzo di fiori, un’immagine luminosa che ci fa pensare ad armonia e serenità.

La luce entra dalla finestra illuminando la tavola e possiamo immaginarci di sederci con piacere a questo banchetto.

Henri Matisse- La stanza rossa-1908/1909- Museo dell’Ermitage- San Pietroburgo

Dieci anni dopo, nel 1908 Matisse realizza ‘La stanza rossa’, una visione mentale completamente opposta della precedente tavola imbandita. In un tutto rosso, la carta da parati sembra farsi tovaglia o viceversa, non c’è profondità ma bidimensionalità, è uno spazio emotivo che sebbene alleggerito con motivi decorativi appare selvaggio, è infatti il periodo Fauves per Matisse; anche la veduta dalla finestra non è naturale e appare poco luminosa. Quest’opera è considerata un’armonia-sinfonia di vivacità, personalmente mi riecheggia il caos, quello che avverrà da lì poco. Basta poco, per capire che fra le due opere che ritraggono la stessa stanza, vi è un abisso sulla percezione della realtà, una tranquilla e l’altra inquietante… provate ad immaginarvi di pranzare in questo luogo.

Ma già prima, altri artisti, avevano scorto l’amaro nello zucchero, ‘La colazione sull’erba’ di Manet, svela gli altarini di questa borghesia ipocrita, che vuole apparire godereccia ma intrisa di sani principi. I ricchi borghesi sfruttavano gli operai, ma alle operaie carine, alle sartine, alle ballerine dell’Opera di Parigi offrivano protezione in cambio di favori sessuali… ma non si dice, si fa, ma non si dice, questo è lo scandalo creato da Manet. 

Édouard Manet- Colazione sull’erba-1863- Museo d’Orsay- Parigi 

Altri artisti colgono le incongruenze, le ingiustizie e ci dicono che l’Ottocento è sì il secolo della patata che diventa sempre più importante per risolvere i problemi della scarsità di cibo, in particolare per gli irlandesi e i tedeschi, ma in ‘I mangiatori di patate’, un dipinto del pittore olandese Vincent van Gogh, questi mangiatori si trovano in un interno oscuro e fatiscente dove persone abbruttite dal lavoro hanno al centro della tavola solo un gran piatto di patate… non manca il caffè, ho già scritto che questa bevanda costava poco ed era accessibile a tutti.

Vincent Van Gogh-I mangiatori di patate- 1885- Van Gogh Museum

E Degas ci mostra che la società ideale e felice non esiste, dietro a tanti sorrisi vi è anche il non senso della vita di corsa, dell’avere sempre di più, quasi che tutta questa energia ottocentesca non servisse ad altro che a riempire un vuoto interiore, l’horror vacui, il terrore del vuoto… la bevitrice d’assenzio ha lo sguardo assente, sembra assai depressa, così si beve un bicchiere di liquore verde, l’assenzio, alcol a basso costo che divenne una piaga tanto che nel 1915 venne proibita la vendita… sembra quasi non ci sia scampo, il benessere economico senza virtù morale o sentimento genuino del sacro scivola nel vizio-depressione-horror vacui. (Continua)

Edgar Degas-L’assenzio-1875-Museo d’Orsay, Parigi

Il cibo nell’arte XXX parte

Dal Rococò settecentesco entriamo nell’Ottocento, si ampliano i mercati, vi è maggiore disponibilità di alimenti, cioccolato, caffè e the già diffusi nel Settecento diventano dei veri e propri riti, questo anche perché nascono tante cioccolaterie, pasticcerie e caffè, luoghi di ritrovo che oltre alla somministrazione di bevande sono luogo di socializzazione.

William Salter- Il banchetto dopo la battaglia di Waterloo- 1836- Collezione privata

Se all’inizio del secolo Napoleone è stato relegato a Sant’Elena e le grandi monarchie con la Restaurazione pensano di poter tornare allo status quo precedente, in realtà non sarà proprio così, gli ideali di libertà e di uguaglianza sono merce astratta e non è possibile bloccarla, la Monarchia in pochi anni scomparirà un po’ ovunque, l’alta borghesia attiva e intraprendente, che si basa sul lavoro e soprattutto sulla tecnologia prenderà il suo posto, gli alimenti del palato fine dell’aristocrazia ora sono sulla tavola dei nuovi ricchi: la borghesia è sull’onda delle nuove invenzioni, il progresso della tecnica si fa rapidissimo, creerà una nuova era d’oro chiamata Belle Époque, che finirà come il Titanic, è l’era degli ingegneri, del sempre più avanti, del trionfo della ragione.

George Jones- Il banchetto nel tunnel del Tamigi- 1827 – Gorge Museum Trust

Nel 1827 Isambard Kingdom Brunel, un ingegnere inglese, realizza un tunnel sotto il Tamigi a Londra, un’opera geniale che stupisce a tal punto che originariamente progettato per il passaggio delle carrozze divenne passeggiata turistica; per l’inaugurazione venne organizzato un suntuoso banchetto proprio sotto al Tunnel… sono i nuovi banchetti aristocratici, di coloro che possono tutto perché hanno il denaro.

Alfred Edward Emslie- Cena ad Haddo House-1884-national Portrait Gallery- Londra

Nell’Ottocento la borghesia degli imprenditori, dei grandi industriali, di chi lavora nell’alta finanza, accumula grandi patrimoni a cui manca la ciliegina sulla torta, il titolo nobiliare, che acquisiscono spesso imparentandosi, tramite matrimoni, con la vecchia aristocrazia. Attraverso gli artisti possiamo vedere la loro tavola imbandita come in una foto istantanea: la sala da pranzo piena di ritratti, la lunga tavola con una candida e finissima tovaglia, l’argenteria con gli eleganti candelabri, l’eleganza degli abiti e delle acconciature delle signore, gli uomini in abito nero e camicia bianca nuovo status-divisa-uniforme borghese che vuole apparire seria e austera, non manca il suonatore di cornamusa… è la casa scozzese del conte e della contessa di Aberdeen, tra gli ospiti di spicco vi sono personaggi dell’alta borghesia.

Peder Severin Krøyer- Cin cin-1888- Gothenburg Museum of Art

Della borghesia facevano parte anche i medici e avvocati, gli impiegati, i commercianti, gli insegnanti, gli artigiani, solo gli operai non ne facevano parte, questi ultimi anzi si organizzeranno per dar contro alla borghesia in quanto sfruttati, sono gli operai a produrre le merci ma l’imprenditore per tornaconto si intasca il plus valore delle merci… una lotta che durerà sino a un cinquantennio fa.

Della media borghesia facevano parte anche gli artisti, così tramite le loro opere vediamo le loro scampagnate, i loro banchetti, tanto da avere una visione abbastanza ampia non solo di cosa e di come mangiavano, ma come si divertivano, come vestivano e anche quanto erano trasgressivi o all’opposto introversi interrogandosi su chi faceva ancora la fame.   

 

Pierre-Auguste Renoir- La colazione dei canottieri- 1880-Phillips Collection-Washington

Così possiamo ammirare una festa nella casa di campagna di una comunità di artisti scandinavi che sta allegramente brindando, confrontandola con ‘La colazione dei canottieri’ di Renoir, anche qui un gruppo di amici e conoscenti che hanno appena finito di mangiare, ciò che accomuna i due dipinti è l’aria serena e vivace sembrano veramente rilassati e felici. Il canottaggio, lo sport in generale, era il nuovo divertimento della borghesia… sport, buon cibo, chiacchiere, corteggiamenti e un cagnolino da

v

ezzeggiare.

Claude Monet- Il pranzo- 1868- Staedel Museum- Francoforte

Oppure curiosare sull’abbondante colazione che si serviva alla tavola di Monet, che immaginiamo sereno in questo luminoso ambiente mentre ritrae la moglie Camille assieme al figlio Jean. Un periodo breve perché solitamente Monet era in ristrettezze economiche, inoltre di lì a poco l’amata moglie muore… aver conosciuto la felicità rende ancora più tristi i giorni del dolore.

Peder Severin Krøyer,-A pranzo-1893- Copenhagen

Oppure sbirciare un pranzo di intellettuali, Krøyer il pittore danese famoso per la sua naturalezza, autore del brindisi e dell’allegra compagnia (dipinto presentato poco sopra) realizza anche un’intima colazione dove si ritrae assieme alla moglie e allo scrittore Otto Benzon: un ambiente semplice ma decoroso e luminoso, un pasto frugale allietato da un mazzetto di fiori gialli ma guardate le espressioni del viso, il cibo ha poca importanza, qui si filosofeggia, si discute, non si pensa con la pancia o lo stomaco.   (continua)

Il cibo nell’arte XXIX parte

Nel Settecento vi furono molti cambiamenti nell’alimentazione, in particolare per la popolazione, cibi come il mais e la patata, inizialmente considerati solo per l’alimentazione animale, si diffondono un po’ ovunque anche perché si raccomandava la loro coltivazione per prevenire le carestie, sono cibi alla portata delle classi popolari e assai gustosi, col mais si fanno polente, divenne l’alimento base soprattutto in Italia settentrionale, anche il pomodoro sino ad allora coltivato come pianta ornamentale venne utilizzato come cibo e diffuso in particolar modo nell’Italia meridionale dove grazie alle lunghe giornate di sole si inizia a produrre la pasta essiccata, polenta al Nord e pasta al pomodoro al Sud una tradizione che vale tutt’oggi.

Scuola di Martin van Meytens-L’incoronazione di Giuseppe II a Francoforte-1764

Le patate non solo erano cibo per la gente comune, piacevano un po’ a tutti e nel ‘700, a Parigi divennero di gran moda, come accade anche oggi, venivano vendute in cartocci come cibo da passeggio.

Il caffè era l’altra grande moda, era alla portata di tutti, del resto anche oggi il caffè ha un costo molto abbordabile, diversamente la cioccolata aveva un costo elevato ed era riservata alla sola aristocrazia.

Jean Baptiste Simeon Chardin- Le Bénédicité-1740

Ho già scritto che nel Seicento vi erano una serie di artisti specializzati in nature morte con gli alimenti e il cibo dei ceti inferiori, in particolare della tavola della nascente borghesia, artisti che ritroviamo nei Paesi Bassi, in Spagna e in Italia, molto meno nella corte francese dove la differenza tra la tavola aristocratica e quella borghese si acuisce, un borghese per quanto ricco non avrebbe mai potuto aspirare ad avere la raffinatezza e la nobiltà di maniere di un aristocratico, per vedere un cambiamento occorre aspettare la fine del secolo e la rivoluzione.

Jean-Baptiste Siméon Chardin-Cesto di fragole-1761, olio su tela- Collezione privata

In Francia c’è una corte edonista e frivola e non ritroviamo pittori che si dedicano al tema dei pasti del contadino, il pane col salame, la cipolla e il fiasco di vino, eppure c’è un pittore che al pari dell’olandese Jan Veermer è in grado, tramite un’impalpabile luce soffusa e tremula, di realizzare nature morte con fragole e pani o di riprendere una cuoca o una semplice colazione creando un’aura dignitosa, quasi sacra, assai distante dalle scene di genere e dalle nature morte spagnole, fiamminghe o italiane sempre un poco caricaturali o gradasse… questo pittore è Chardin.

Jean-Baptiste Siméon Chardin – La brioche- 1763-Museo del Louvre

Jean-Baptiste-Siméon Chardin (1699-1779) è famoso soprattutto per le nature morte, create con uno stile leggero ed evanescente, tuttavia scevro dalla frivolezza adulterante del Rococò che era di moda alla corte francese del Settecento. I soggetti di Chardin, scene della vita quotidiana del popolo e nature morte, sono nella classificazione artistica di livello assai inferiore del genere storico ma Chardin raggiunge con la sua bravura livelli talmente alti che è considerato come uno dei maggiori artisti francesi del XVIII secolo.

Jean-Baptiste Siméon Chardin-Natura morta con trancio di salmone- 1730-Musée Granet

Chardin fu apprezzato non solo dalla borghesia, che riconosceva in lui un realismo sincero ma anche dall’aristocrazia, Luigi XV era un suo fervente ammiratore, come lo fu Denis Diderot, come pure fu ammirato dai posteri, da artisti come Cézanne e Morandi, autori di nature morte altrettanto iconiche.

Jean-Baptiste Siméon Chardin- La cuoca-1740- Alte Pinakothek-Monaco

Chardin dipinge con colori terrosi imbevendoli con una luce che fa tremolare il tutto, un qualcosa che a che fare col ricordo, come un piatto che ci ricorda la nonna, un gusto lontano che da olfatto diventa sensazione, emozione, che accende involontariamente la memoria, Proust davanti alla ‘Razza’ di Chardin restò talmente colpito da scrivere… e voi potete ammirare la bellezza della sua architettura delicata e grandiosa, colorata di sangue rosso, di nervature turchine e di muscoli bianchi, come la navata di una cattedrale policroma. (Continua)

Jean-Baptiste Siméon Chardin-La razza-1727- Museo del Louvre

Il cibo nell’arte XXVIII parte

Se nel Seicento fu il cuoco francese La Varenne che col suo libro di ricette ‘Le cuisinier François’ influenzò tutta la gastronomia europea delle grandi corti, nel XVIII secolo un altro chef francese, Manon scrive un ricettario dedicato alla cucina dei borghesi ‘La cuisinière bourgeoise’ che ebbe un grande successo. Questo cuoco di cui non si conosce che il soprannome Manon, recuperò e reinventò piatti della tradizione regionale e popolare, cercando di qualificarli in alta cucina. Un manuale di ricette rivolto alle cuoche, alle massaie con un occhio anche alla spesa, ristampato più volte.  

Nelle tavole aristocratiche entrano i cibi afrodisiaci come le ostriche accompagnate da champagne, ma ci sono pittori come Giacomo Ceruti (1698-1777) conosciuto come il Pitocchetto appunto perché raffigura i pitocchi ovvero i poveri e i mendicanti che rappresenta il cibo di tutti i giorni, quello della gente comune.

Giacomo Ceruti- Natura morta con pane, salame e noci-Pinacoteca di Brera -Milano

La sua ‘Natura morta con pane, salame e noci’ rappresenta un pasto frugale ma che doveva essere assai gustoso per i miseri anche perché accompagnato da una brocca di vino rosso, bevanda che piace assai anche al pitocco che magari così dimentica per un poco la sua triste condizione… le noci, i fichi, le castagne erano per i poveri il cibo della provvidenza perché aiutavano a passare le ristrettezze dell’inverno, quest’idea è pervenuta sino a noi, in quanto tutt’oggi si ricordano le castagne come il pane dei poveri e ben si conosce l’apporto di energia che hanno fichi e noci.

Giacomo Ceruti- Natura morta con testa di maiale-anatra-volatili- cavolo e frattaglie

Seppur più noto per i ritratti della gente umile, dei poveri e dei mendicanti, Ceruti eccelse anche con le nature morte, le sue composizioni alimentari ci mostrano che la cucina povera, era sì assai grassa, testine di maiale e frattaglie, che al tempo erano considerati scarti, ma era assai gustosa, non mancano i salumi e le grandi porzioni di formaggio stagionato, frutta e succosi meloni maturi, talmente succosi che quasi paiono sbocciare e poi vino in bottiglia e in fiaschi panciuti. 

Giacomo Ceruti- Cesto con fiaschi di vino, melone e pane

Eh sì il vino piaceva molto come possiamo vedere dall’opera di Vittore Ghislandi (1655-1743), meglio noto come Fra Galgario, un pittore bergamasco che poi si spostò Venezia dove si fece frate, il soprannome gli fu dato perché morì nel Convento del Galgario di Bergamo. Fra Galgario è noto soprattutto per i ritratti assai naturalistici, nell’opera, ‘Ritratto con il bicchiere di vino’ il ragazzo effigiato appare assai felice di bersi il bicchiere di vino e contento del suo povero pasto, un pezzo di pane e una cipolla… comunque lo vediamo bene in carne, certamente era solito mangiare più abbondantemente.

Vittore Ghislandi detto Fra Galgario- Ritratto con il bicchiere di vino

Giuseppe Recco (1634-1695) fu l’esponente più famoso di una famiglia di pittori napoletani, realizzò molte nature morte e lavorò sia a Napoli che in Spagna dove fu chiamato da Filippo IV e poi da Carlo II. Sebbene sia ricordato come specializzato nelle nature morte di cacciagioni, uccellami, pesci tuttavia pare che sia l’autore anche della prima testimonianza del casatiello.

Giuseppe Recco- Pani, prosciutto, casatiello e ghiacciata- Collezione privata 

Il casatiello è una torta salata che fa il paio, come tradizione napoletana, con la pastiera, entrambi sono preparazioni culinarie del periodo pasquale. Da questo dipinto possiamo ipotizzare che anche la popolazione mangiasse sostanziosamente e gustosamente, pane, prosciutto e il casatiello: una torta ripiena di formaggio, salame, ciccioli e uova. (Continua)     

Il cibo nell’arte XXVII parte

Il Settecento è il secolo dei Lumi e della Rivoluzione Francese, vi sono molti cambiamenti culturali anche nella cucina e negli alimenti vi è una trasformazione, la Francia continua a primeggiare ma se nel Seicento vi era la gastronomia aristocratica contrapposta a quella semplice dei popolani, ora si affianca la cucina della borghesia, meno raffinata di quella dei nobili, ma ricca di carne e con la stessa passione per le bevande come caffè, the e cioccolata, continuando l’uso degli alcolici quali il vino, la birra e il sidro.

Pietro Longhi-Il banchetto a Casa Nani, nominato in onore del loro ospite, Clemente Augusto, arcivescovo elettore di Colonia, il 9 settembre 1755

Pietro Longhi (1702 –1785) è un pittore veneziano molto noto per le sue scene di genere assai realistiche, ritrae gli eventi, le occasioni e i modi dell’aristocrazia veneziana ma soprattutto riprende le scene di vita quotidiana del popolo e dei borghesi. Così è possibile mettere a confronto lo svolgimento di un banchetto con quello di un pranzo quotidiano in villa o il momento in cui il nobile era ospite di un suo fittavolo durante un pranzo contadino, i dipinti testimoniano anche l’usanza dell’aristocrazia veneziana che durante l’estate si spostava in campagna, presso le ville che si erano costruiti sul Brenta, oggi Patrimonio Unesco.

Pietro Longhi- Pranzo in villa- Ca’ Rezzonico – Museo del Settecento veneziano

Longhi ritrae principalmente la borghesia veneziana, ma al suo sguardo vorace e curioso non sfugge nulla, con un’attenzione ai particolari assai precisa e meticolosa, dai salotti dei nobili, agli svaghi e ai pranzi dei borghesi, alla gente comune come le lavandaie o ad una tavolata dove si impiatta la polenta, dipinge una cronaca dove i personaggi ci appaiono come figurine di un laico presepe rococò; al Barocco imponente e ridondante, si sostituì l’effimero Rococò, che dalla corte di Re Luigi XV si diffuse in tutta l’Europa del Settecento… Rococò in cui tutto, a partire pure dal nome, appare come un sogno leggero e vezzoso.

Pietro Longhi- Pranzo in campagna- Ca’ Rezzonico – Museo del Settecento veneziano

Longhi ritrae anche tutta una serie di personaggi che arrivavano durante il carnevale, cavadenti, maghi, e ciarlatani e poi i divertimenti, le curiosità e le stranezze, un suo famoso dipinto raffigura un grosso animale, questa volta non come cibo ma come attrazione esotica, un rinoceronte chiamato Clara arrivato dall’India per il carnevale del 1751.

Pietro Longhi- Il rinoceronte- Ca’ Rezzonico – Museo del Settecento veneziano

Le opere del Longhi ci appaiono vive e teatrali, quasi come un film, anzi come scene teatrali, visto che il Settecento è il secolo di Goldoni di cui Longhi era grande amico.

Osservando le scenette di Longhi si intuisce ciò che avviene anche in altri luoghi alla moda, infatti Venezia in questo periodo stava vivendo anni luminosi e influenzava il gusto e la moda con l’arte del lusso, della musica e del teatro, fu un po’ il canto del cigno perché alla fine del secolo con Napoleone e il Trattato di Campoformio si concluse la lunga storia della Serenissima.

Pietro Longhi- La polenta- Ca’ Rezzonico – Museo del Settecento veneziano

Relazioni e scambi fra Venezia e Parigi furono frequenti, lo stesso Goldoni nel 1762 si trasferisce a Parigi e arriva a Versailles dove riesce a stupire la modaiola corte francese che si aspettava la commedia dell’arte ‘classica’ (zeppa di maschere e di recitazione surreale ed improvvisata) e si trovò di fronte la sua riforma del teatro che riproduceva platealmente la società contemporanea… il teatro verosimile.

Jan Baptist Lambrechts- banchetto e scena di danza- inizio XVIII secolo

Seppur lontani gli ambienti e i riti si assomigliavano, il fiammingo Jan Baptist Lambrechts (1680 -1731) rappresenta le scene di vita quotidiana del Nord Europa e non vi si trovano grosse differenze con le scenette del Longhi, se non che quest’ultimo era dotato di una tecnica più precisa e intrigante.  (Continua)